Davide Tabarelli, lei presiede Nomisma Energia, società indipendente di ricerca sull’energia e l’ambiente. È trascorso un anno dall’invasione russa dell’Ucraina. Dal punto di vista delle politiche energetiche, quale impatto ha avuto il conflitto sul nostro Paese e sul Mezzogiorno in particolare?
«In un anno di crisi, l’Italia si è vista travolta da un aumento delle bollette energetiche come nessun altro Paese in Europa.
Approvvigionamento energetico: ci siamo scoperti fragili, tanto a livello nazionale che a livello europeo, dove la transizione energetica è stata immaginata e costruita concentrandosi soprattutto sull’impatto ambientale e molto meno sulle risorse disponibili e necessarie a sostenere l’economia. Condivide l’analisi?
«Sì, abbiamo lavorato molto alla transizione ambientale, mettendo al primo posto la necessaria riduzione dei livelli di anidride carbonica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili e ci siamo un po’ dimenticati della sicurezza e del fatto che, così facendo, stavamo aumentando le importazioni di gas soprattutto dalla Russia, dalla quale poi ci siamo ritrovati a essere dipendenti per il 40% dei nostri consumi. Questo canale è stato “tagliato” ed è stato inevitabile che i prezzi aumentassero. Da qui occorre fare tesoro dell’esperienza e riportare al centro delle politiche di transizione non solo l’ambiente, che pure resta fra gli obiettivi prioritari, ma anche la sicurezza e la competitività del sistema economico».
Proprio in questi giorni si paventa un inasprimento del conflitto. Quali conseguenze potrebbe avere uno scenario di questo tipo?
«Avremmo un ulteriore taglio delle forniture dalla Russia, un peggioramento delle esportazioni di petrolio, perché la Russia esporta tantissimo petrolio in tutto il mondo. Per ora, nonostante i timori, non è cambiato nulla sull’import di petrolio e il prodotto è rimasto disponibile in grandi quantità. Anzi, paradossalmente i prezzi della benzina alla pompa, nonostante la confusione di inizio anno, sono molto stabili. Ma se il conflitto si allargasse, se ci fosse un inasprimento come si teme, allora ci troveremmo a fronteggiare un numero maggiori di criticità, tanto sul prezzo del petrolio che su quello del gas, che conoscerebbe una nuova fase di tensioni e aumenti».
«Le bollette stanno scendendo perché il prezzo del gas è crollato a 50 euro per MegaWatt/ora, dopo aver raggiunto, in agosto, la cifra record di 350 euro per MegaWatt/ora. Ma va detto che 50 euro è sempre più del doppio delle medie di lungo termine, quasi cinque volte il prezzo che pagano gli Stati Uniti. Per i primi di marzo dobbiamo aspettarci un forte contenimento delle bollette del gas: sarà annunciata una riduzione di circa il 17-20%. Poi da aprile a giugno ci sarà anche la riduzione del 20-25% sulle bollette dell’energia elettrica. Nonostante questo, parliamo di valori che restano comunque superiori del 40% a quelli registrati non prima del conflitto fra Russia e Ucraina, ma prima della pandemia del 2020. Il cambiamento profondo al quale stiamo assistendo comincia da lì».
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