Transizione ecologica, classifica del Censis: Bari fra le big, male Lecce, sorpresa Taranto

Transizione ecologica, classifica del Censis: Bari fra le big, male Lecce, sorpresa Taranto
di Alessandra LUPO
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Venerdì 3 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:04

Male Lecce, che si piazza penultima. Bene Bari che sfida le grandi province del Nord. Incoraggianti novità per Taranto, che nonostante i suoi atavici problemi ambientali lascia ben sperare. Sono i dati dell’analisi su 107 province/città metropolitane contenuti nel primo rapporto Censis-Green&Blue sulla transizione ecologica. Un lavoro realizzato con il contributo di Enel, Intesa e della campagna Cambiagesto di Philip Morris, che verrà presentato al Festival di Green&Blue previsto al Teatro Parenti di Milano il 5 e 6 giugno. L’indagine misura il grado di avanzamento del Paese verso un maggior rispetto dell’ambiente. E registra anche la percezione che ne hanno i cittadini.

Gli indicatori

Le ultime indagini svolte dal Censis permettono infatti di tracciare i confini nella conoscenza e le aspettative che gli italiani ripongono sul processo di transizione ecologica confrontandole con i dati oggettivi su consumo energetico, rifiuti, qualità dell’aria e consumo di suolo e tutti i vari parametri a disposizione per definire la reale situazione nelle diverse province di diversa dimensione. In ognuna si osservano tre aspetti: il contesto in cui si vive (ovvero la pericolosità, la presenza di verde pubblico, la produzione di energia da fonti rinnovabili, la disponibilità di mezzi di trasporto pubblico ecc), poi c’è la popolazione (auto inquinanti in circolazione, consumo di energia elettrica ma anche percentuale di raccolta differenziata) a infine le imprese (entrate, investimenti sul risparmio energetico e sull’ambiente ma soprattutto numero delle imprese green sui diversi territori). In questo quadro troviamo varie conferme relative alle città del Nord ma anche alcune sorprese interessanti sul Sud. Tra le città metropolitane la prima è Firenze, con un punteggio di 80,1 su 100. Seguono Bologna e Torino. Ma poi si vira direttamente al Sud, in Puglia, con Bari in quarta posizione con 74,1 complessivi nel Green&Blue Index. Il capoluogo pugliese sorprende sia nella dimensione contestuale sia in quella relativa alla popolazione, rispettivamente 74,1 e 80,7 punti. 
Un’altra bella sorpresa per la Puglia arriva dalla classifica delle province con più di 500mila abitanti in cui primeggia Bolzano (che ottiene il punteggio più alto, anche in assoluto).

E come da tradizione nelle classifiche su benessere e qualità della vita anche in questo caso, con i suoi 81,6 punti, quella di Bolzano si avvicina di più al valore di benchmark della “provincia ideale” pari a 100. Seguono le province di Trento e Brescia con, rispettivamente, 80,1 e 78,9 punti. Ma al sesto posto di questa classifica troviamo anche la provincia di Taranto, con 78,1 punti. Taranto è infatti quinta come contesto (74,9 punti), diciottesima come popolazione (77,3 punti) ma arriva prima come Imprese (82,2 punti). Il dato sulla trasformazione delle imprese del territorio non sfugge ai parametri. Quattordicesima si piazza Foggia con un totale di 76,3 punti. Mentre Lecce arriva ventesima, ossia penultima in classifica. A pesare sul piazzamento di Lecce sono soprattutto popolazione (76,9 punti) e Imprese (74,1) mentre il contesto porta a casa una dignitosissima settima posizione con 73,8 punti. 

Le province


Anche per Brindisi le cose non si mettono bene. Tra le province tra i 300 e i 500mila abitanti, infatti, arriva diciassettesima e se il punteggio sul contesto regge con 75,1 punti e quindi il Brindisino è quarto in classifica, quelli su popolazione (76,7) e imprese (75,9) vedono la provincia scivolare al 26esimo e 15esimo posto. 
Come si traduce tutto questo nella percezione dei cittadini? Una quota minoritaria di italiani (15,4%) ritiene che nei prossimi anni avverrà una vera e propria transizione ecologica dell’economia. Tale transizione si sostanzierà attraverso una significativa riduzione degli impatti ambientali delle attività produttive e di consumo. Sono questi i veri “ottimisti” della transizione. Il 61,5%, invece, è più scettico soprattutto sulla velocità di questo cambiamento. All’aumentare del livello del titolo di studio aumenta anche la quota di chi ritiene che questo processo si ancora troppo lento. Sono proprio i laureati a temerlo in misura maggiore sfiorando quasi il 66% delle risposte. È solo una quota residuale (il 6,4% del totale) a ritenere che la transizione ecologica dell’economia non avverrà ma che questo non comporterà i problemi devastanti tanto temuti. Una fascia che potremmo definire di negazionisti, ma con una buona dose di ottimismo.

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