Sanità, l'accusa di medici e sindacati a Regione e governo: «Una gestione disinvolta e ora ne paghiamo lo scotto»

Nel mirino il Governo e la Regione. Anelli (Fnomceo): «Problemi ormai storici». Gemma (Fp Cisl): «Sarebbe sufficiente applicare i protocolli, la politica faccia il suo»

Sanità, l'accusa di medici e sindacati: «Una gestione disinvolta e ora ne paghiamo lo scotto»
Sanità, l'accusa di medici e sindacati: «Una gestione disinvolta e ora ne paghiamo lo scotto»
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 19 Giugno 2023, 04:45 - Ultimo aggiornamento: 12:23

«Non è un tema di oggi, continuiamo a dire le stesse cose da anni. Se siamo a questo punto significa che c’è un’incapacità nella programmazione e soprattutto una disinvoltura nella gestione della sanità. Questi due elementi hanno come conseguenza meno servizi ai cittadini e personale che si riduce sempre di più». Le bordate arrivano dal pugliese Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. Nel mirino ci sono indistintamente Regione e governo, al di là dei vessilli politici. Perché, spiega il presidente, la sanità non può essere gestita guardando solo alla spesa. 

«Si fa la guerra ai professionisti ritenuti responsabili dell’aumento della spesa ma non è così - attacca Anelli - La giunta regionale dovrebbe fare un’operazione di trasparenza dicendo perché ci sono 450 milioni di splafonamento e di tagli oltre al dovuto.

I pugliesi sono gli unici in Italia a subire un ulteriore taglio di 41 milioni. Tutto quello che vediamo oggi ma che si trascina da anni, dipende dall’incapacità di gestire e da uno scarso senso dello Stato. È un tema culturale che si ripete da anni: la cultura di garantire i diritti dei cittadini viene dopo il bilancio». Sul rimpallo di responsabilità tra governo e Regione, il presidente non si scompone: c’è sempre stato, non è una novità. Piuttosto, è anche una questione di organizzazione: «Tutti quanti sappiamo che in estate la popolazione in Puglia aumenta vertiginosamente grazie ai turisti: è mai possibile che la sanità non si debba mai riparametrare? Qualcuno lo ha mai rappresentato al governo? Sono state chieste risorse speciali per assistere in maniera adeguata le persone del Nord che vengono in vacanza al Sud?».

Il caso Brindisi

Tema rovente, poi, quello dei medici esterni pagati anche 1.600 euro per un turno di 12 ore per sopperire alle carenze croniche grazie a una convenzione fra la Asl di Brindisi, bisognosa di medici per l’Utin e il Policlinico di Bari. «Ma in Veneto vengono pagati fino a 2mila euro - osserva Anelli - il tema dei gettonisti lo abbiamo più volte sollevato e risponde alla poca attrattività del nostro sistema sanitario. Mettiamocelo in testa: avremo sempre più dimissioni dei colleghi dagli ospedali. La sensazione di non essere considerati come professionisti che danno più del dovuto porta poi alla fine a fare una considerazione molto semplice: “ma chi me la fa fare?”». Caso Brindisi che continua a suscitare l’indignazione a causa della chiusura di punti nascita e la Chirurgia al collasso. Su questo argomento, l’assessore Rocco Palese proprio a Quotidiano - nell’intervista pubblicata domenica - ha ricordato che venerdì ci sarà un tavolo tecnico e non ha risparmiato frecciatine ai sindacati “che hanno impedito venisse approvata la norma per consentire al personale medico di restare in servizio fino a 72 anni”, scelta definita “davvero incomprensibile”.

Inevitabile la reazione sindacale. Aldo Gemma, segretario generale Fp Cisl Puglia, controbatte che gli strumenti necessari «si trovano dal confronto, sarebbe sufficiente applicare appieno i protocolli sottoscritti con i sindacati, a partire da quello siglato lo scorso 2 maggio 2023 in Regione Puglia, per affrontare e trovare soluzioni che diano risposte al fabbisogno di salute che perviene dai cittadini». E, rimarca il sindacalista, si tratta di protocolli «da riferimento sull’intero panorama nazionale, non possono rimanere inapplicati a causa delle “dimenticanze” dei Direttori generali: che la politica faccia il suo».
Scenario assai complesso, dunque. A tratti esasperato. E le aggressioni ai medici in Puglia ne sono la testimonianza. «Guardiamo però a 360 gradi il problema - chiosa Anelli - se uno ha un figlio che magari non ha un codice rosso ma è sofferente e non riceve risposte perché i medici sono impegnati, è chiaro che salti tutto. Senza giustificare la violenza, sia chiaro. Allora serve che il sistema torni a essere umano: non significa pittare di giallo le pareti ma dare risposte ai cittadini, confrontarsi e mettere i medici nelle condizioni migliori per lavorare».
 

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