Monsignor Rocco Talucci, lei accolse papa Benedetto XVI a Brindisi nel 2008. Al porto c’erano quasi 100.000 persone, il pontefice parlò ai giovani di integrazione, accoglienza, della centralità di Brindisi nel Mezzogiorno. Qual è il suo ricordo di quel giorno?
«Fu fatta una valutazione di Chiesa, da parte nostra che invitammo il papa, ma anche una valutazione da parte di Benedetto XVI. Lui ha davvero amato e voluto conoscere la città di Brindisi. Ha voluto sapere tutto sulla comunità brindisina. Il suo messaggio di evangelizzazione non fu una cortesia, preparò una lettura per la città, alla luce del Vangelo. Mi auguro che tutto questo resti non solo nei cuori ma anche negli atti. La sua visita è un fatto storico, sociale come servizio all’uomo, di fede, perché ci fa sentire cosa c’è oltre la storia».
Come nacque quella visita?
«Ho scoperto che erano 900 anni che un papa non metteva piede a Brindisi. Durante il pontificato di Giovanni Paolo II, che aveva girato il mondo, ho avuto l’occasione di invitarlo, parlandogli di una città bella ma sofferente. Brindisi aveva bisogno di riscatto, la fede doveva essere una speranza. Erano tempi difficili per questa città. Poi peggiorarono le condizioni di salute di Giovanni Paolo II e decise di fare una sola visita all’anno in Italia».
E allora arrivò Benedetto XVI, il successore di Giovanni Paolo II. Come andò?
Come?
«Quando sono andato in visita da lui dopo quel viaggio del 2008, prima ancora che potessi salutare e presentarmi nuovamente, aprì le braccia e mi disse: “Brindisi, che bello che era quel porto pieno di gente e di giovani”. Rimase anche molto colpito dal discorso del sindaco Domenico Mennitti. Era un politico serio, mi permetto di dire. Quel discorso fu notato da tutti, Ratzinger salutava le istituzioni ma quella sera volle abbracciarlo e nella papa mobile si complimentò per le parole del primo cittadino. E il cardinale De Giorgi mi disse che per tutto il viaggio di ritorno avevano parlato di quel discorso».
Qual è l’eredità teologica e spirituale che Ratzinger lascia alla Chiesa e al mondo?
«Ho avuto una stima immensa anche per la singola persona. Siamo ben lieti di aver avuto un papa come Ratzinger, per la finezza del suo pensiero, per la lucidità dei suoi ragionamenti e per la fede. La fede non intesa come credere in un essere superiore, ma come la conoscenza della vita, perché il creatore ce l’ha manifestata. Questa interpretazione della fede lo rende tanto familiare con Dio. Io l’ho sempre chiamato un uomo trasparente: da lui traspare la presenza di Dio».
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