Vito Angiuli, vescovo della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca dal 2010, appena due anni prima Benedetto XVI fu al Santuario FinibusTerrae per lanciare il messaggio del Salento come ponte tra Occidente e Oriente. Il suo è un territorio che ha significato tanto nel papato di Ratzinger.
«Voglio sottolineare che Benedetto XVI rimase colpito dal territorio di Leuca. Tanto che chiese di poter sorvolare, con l’elicottero, sulla visione del mare. E io partirei da questo: dal tema della bellezza, fondamentale nel suo magistero. La bellezza non solo come dimensione estetica ma come forma del divina. La contemplazione del territorio leucano faceva parte del suo desiderio di parlare di Dio attraverso la bellezza. È un particolare da non trascurare. Poi c’è da tenere presente l’immagine del ponte con l’Oriente. Anche questo fa parte della visione strategica della sua teologia. L’Oriente, da dove proviene la lux, è un territorio con il quale bisogna intavolare un discorso. E parliamo dei cristiani d’Oriente ma anche degli ebrei. E c’era nella sua opera un forte richiamo all’Islam, nonostante l’incidente di Ratisbona. Voleva sottolineare che la chiesa è in un campo aperto e deve incontrare tutte le religioni, soprattutto quelle monoteiste».
Negli stessi luoghi, poi, è giunto anche Papa Francesco. Ci racconta quella visita?
«Papa Francesco dieci anni dopo volle visitare la tomba di Don Tonino Bello. E il mondo nel frattempo era anche un po’ cambiato. Il tema delle migrazioni e dei rapporti con i territori al di là dell’Adriatico erano già diventati maggiormente centrali. Anche Bergoglio si è soffermato sulla bellezza del territorio. In elicottero anche lui rimase incantato dal mare. Quando poi gli parlai dell’ulivo ebbe un sentimento di sconforto, di tristezza. Il cambiamento storico, durante la sua visita, ci portava ancor di più a sottolineare il dialogo ecumenico e religioso con l’Oriente, e a volere il dialogo interculturale con tutti i mondi che sono al di là dell’Adriatico. Parlava del Mediterraneo non solo come di un mare fisico, ma come un emblema da superare. Non dovrebbe essere il mare dei morti ma un luogo di speranza. E questo è chiaramente legato a quanto Francesco disse su monsignor Bello».
Da vescovo e da teologo, qual è il messaggio che resta a Leuca e al Salento della visita di Benedetto XVI?
«Innanzitutto la necessità che questo richiamo al dialogo ecumenico inter-religioso sia portato avanti da noi con estrema forza. Tanto più considerando quanto accaduto nell’ultimo periodo con la guerra in Ucraina, che ha portato ancora maggior distanza tra i cristiani d’Oriente e quelli d’Occidente. Quel discorso di Papa Benedetto XVI è sicuramente profetico. Oggi siamo in un inverno di carattere ecumenico, è per questo che le sue parole sono estremamente attuali».
Le sue parole oggi acquisiscono, se possibile, ancor più valore. Un valore riconosciuto dalla Chiesa e non soltanto. È d’accordo?
«Il suo discorso non vale solo per la Chiesa. È una linea da portare avanti anche da parte degli Stati. Non si tratta solo di salvare il dialogo tra le religioni ma anche quelli tra le società, tra gli stati, tra le culture. È sicuramente un discorso più ampio».
Cosa le resta di Benedetto XVI?
«Guardava il mondo con la semplicità che ha caratterizzato tutto il suo ministero, ma con una profondità capace di studiare le pieghe dnella storia. Abbiamo ammirato tutti la capacità di entrare nelle contraddizioni storiche, di analizzare ricordando il vangelo».
Il basso Salento ha assunto un valore centrale per la Chiesa. Due papi hanno visitato i suoi luoghi negli ultimi quindici anni. Da qui parte un messaggio di speranze e, attualizzando, anche di pace.
«Papa Benedetto XVI si interessò soprattutto al simbolo della Madonna di Leuca per il nostro territorio.