Puglia, la speranza di un lavoro: 40 vertenze e mille posti a rischio

Puglia, la speranza di un lavoro: 40 vertenze e mille posti a rischio
di Pierpaolo SPADA
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Giovedì 28 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 10:16

Il posto di circa 1.000 lavoratori nelle imprese pugliesi è a rischio. Mentre per altri 5mila, al momento, c’è la cassa integrazione a fare da scudo. Sono numeri che emergono dal confronto con il coordinatore della Task force regionale per l’occupazione (Sepac), Leo Caroli. Sul suo desktop continuano a stazionare circa 40 fascicoli che periodicamente vengono riaperti per aggiornare i rispettivi tavoli di crisi, in alcuni casi avviati già da un quinquennio. Non solo industria. C’è anche il settore dei servizi tra quelli coinvolti nell’attività del Comitato Sepac, che sta definendo la sua relazione annuale.

I dati

Al 30 ottobre 2023, risultano attivi 39 tavoli di crisi che coinvolgono altrettante aziende per complessivi 18.124 dipendenti. Di questi 10.526 sono impiegati nella provincia di Taranto e in gran parte sono riconducibili ad Acciaierie d’Italia e indotto. Vertenza caldissima, rispetto alla quale in vista della odierna riunione del Consiglio d’amministrazione sulla riorganizzazione dell’ex Ilva, ieri si è assistito alla protesta degli autotrasportatori in attesa del pagamento di fatture che in alcuni casi risalgono a giugno. Altri 4.204 appartengono invece alla provincia di Bari, 2.500 alla Bat, 377 nella provincia di Brindisi, 333 alla provincia di Lecce e i restanti 184 al Foggiano. Non sono i numeri corrispondenti a tutte le vertenze attive in Puglia, ma solo a quelle collettive e che sono in carico alla Task force e in alcuni casi sono approdate ai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico. Dei 18.124 citati lavoratori, 5.633 sono destinatari di Cassa integrazione straordinaria o Contratti di solidarietà, mentre 397 sono i cosiddetti esuberi, ovvero quegli addetti che le rispettive aziende ritengono non più impiegabili nel ciclo produttivo e dunque avviano al licenziamento. 

Le vertenze

Concretamente a rischio, la Task force indica 971 lavoratori; 210 quelli ricollocati. Accanto al nome di ciascuna azienda il numero delle sedute effettuate. Per l’ex Miroglio di Ginosa (Taranto) ne sono indicate 57. Una vertenza storica risolta a ottobre con l’accordo ministeriale per la reindustrializzazione da parte di Ecologistic Spa e il ricollocamento di 111 lavoratori. Sessanta sono state invece le riunioni per la vertenza dell’ex Om Carrelli di Modugno (95 addetti), chiusa con successo il 23 novembre dalla Task force con l’accordo di reindustrializzazione e ricollocazione degli ex dipendenti in Selectika. Soluzioni si auspicano anche in Salento per gli addetti di Minermix e Ambiente e Sviluppo (ex discarica di Cavallino): si sta tentando la via del differimento dei licenziamenti già disposti. Esuberi (70) permangono pure tra gli addetti della ex Tessitura del Salento e di Alcar Industrie (85). Mentre per la Tessitura di Mottola si attende il compimento degli step decisivi per l'acquisizione da parte della società èKasa. Tensioni si registrano invece nel polo petrolchimico di Brindisi. Dopo la chiusura di uno dei due siti produttivi da parte di LyondellBasell è stato siglato un accordo per accompagnare da gennaio e per 12 mesi i 70 dipendenti con Cassa integrazione straordinaria. Ma un’intuizione potrebbe cambiare le sorti del caso. Leo Caroli riferisce di aver «proposto alla sottosegretaria Bergamotto il rinnovo e la rielaborazione (a favore delle imprese che volessero investire nel comparto chimico) dell’Accordo di programma da 20 milioni di euro in scadenza a gennaio 2024 destinato alle aziende brindisine, visto che fin qui alcun progetto è stato approvato e le risorse sono rimaste inutilizzate. Analogamente, si potrebbe procedere con l’Accordo da 18 milioni per il Tac del Salento, ricalibrandolo per attrarre nuovi investimenti nella moda». 
Intanto, la settimana scorsa si è tenuto in Task force un incontro sul tema della liberalizzazione dei servizi di energia del mercato tutelato e sulle relative ricadute occupazionali, con Network Contacts, Covisian e System House, alle cui dipendenze sono gli operatori attivi sulle commesse del Servizio Elettrico Nazionale che rischiano di perdere il loro posto di lavoro a causa della soppressione della norma prevista nell’articolo 36 ter del decreto lavoro (clausola di salvaguardia).

L’ottenimento della proroga al 30 giugno per l'entrata in vigore del decreto-Energia bis concede spazio per la riflessione. Tremano invece i 2mila addetti del Consorzio Soa (Bari), colosso della grande distribuzione: accusato di frode fiscale attraverso l’utilizzo di presunte fatture per operazioni inesistenti e il mancato versamento dell’Iva, in conseguenza del sequestro subito, non sembra in condizione di retribuire i dipendenti. Se ne discuterà domani in Task force. Due le ipotesi di gestione della crisi al vaglio: costituire una nuova unica cooperativa che inglobi tutte quelle che finora hanno costituito il consorzio per una gestione diretta e lineare del personale o, in alternativa, proporre l'assunzione del personale ai grandi committenti del Consorzio. Infine, il caso di quei lavoratori (200 tra oss e infermieri) che, utilizzati nelle fasi più intense della pandemia, sono stati lasciati a casa dalle rispettive strutture sanitarie. «Lavoriamo anche per loro», assicura Caroli che, davanti a un quadro così ostico, prova a restare comunque fiducioso, anche a fronte dei nuovi strumenti di cui potrà avvalersi per risolvere le vertenze: «Il nuovo Contratto di programma, per esempio, che obbliga le grandi aziende e le piccole imprese locali all'unione. E poi c'è il mini-Pia - osserva Caroli - che dispone l'aumento dell'intensità dell'aiuto pubblico in proporzione al numero degli esuberi delle crisi di impresa che ci si impegna a ricollocare i lavoratori».

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