Sciopero Marelli, adesione al 98% dopo la chiusura della sede di Crevalcore: «Adesso abbiamo paura del futuro»

Sciopero Marelli, adesione al 98% dopo la chiusura della sede di Crevalcore: «Adesso abbiamo paura del futuro»
di ​Beppe STALLONE
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Venerdì 22 Settembre 2023, 19:40

Lo sciopero di 8 ore, che si è svolto stamattina, messo in atto dai 998 dipendenti dello stabilimento Marelli di Bari è denso di significati che vanno oltre la solidarietà nei confronti dei 230 dipendenti di Crevalcore in pratica licenziati. La chiusura di uno dei 10 stabilimenti del gruppo Marelli in Italia, fa tremare i polsi anche ai mille lavoratori di Bari. L’adesione, secondo fonti sindacali è stata del 98%.

L'azienda non condivide le scelte con le parti sociali

Una situazione complessa costituita da diversi elementi.

Innanzitutto la procedura seguita dall’azienda, nessun percorso condiviso con le parti sociali, ma l’azienda ha deciso di chiudere e basta. Poi c’è il timore di un effetto domino e il coinvolgimento dei vari altri siti, Melfi, Caivano, Bari. Quindi lo spettro della fine del motore endotermico al 2035 sempre più vicino, infine il ruolo del governo, piuttosto defilato. Non sta infatti giocando un ruolo attivo in una crisi in atto da tempo. Insomma Crevalcore potrebbe essere la prima dolorosa breccia nel muro dell’automotive, che si va sgretolando per quanto riguarda il motore endotermico, a favore di un elettrico che stenta a decollare e che comunque in termini di capitale umano non avrà mai gli stessi numeri del settore endotermico.

I sindacati

«Scioperiamo per contrastare fortemente l’azione diretta e unilaterale del management di Marelli. Non c’è stata alcuna condivisione e nessun percorso con le organizzazioni sindacali – sottolinea Mimmo Renò Rsu Fiom - per gestire questa grave situazione che, per onestà intellettuale, ci era stata annunciata come crisi generale di Marelli in Italia ma nessun preannuncio della chiusura effettiva degli stabilimenti. A Crevalcore non avevano avuto nessun segnale se non quello di sapere dall’azienda che c’erano delle problematiche sulle produzioni ma le stesse erano state segnalate sugli stabilimenti di Bari, Caivano e Sulmona. Tanto che gli stabilimenti a rischio erano: Melfi, Sulmona, Caivano, Crevalcore e Bari». 


«Per quanto se ne parlasse già da tempo, in realtà negli incontri precedenti l’azienda non aveva mai fatto riferimento a possibili chiusure di siti in Italia. Quando poi la cosa si è palesata – afferma Massimo Marangi, Rsu Uilm - è stata una doccia fredda per tutti. Eravamo in riunione a Roma dove c’erano i delegati di Crevalcore e quindi abbiamo vissuto con empatia questa situazione e con grande rammarico». Secondo il sindacato, che la scure di Marelli non si sia abbattuta, per ora, su Bari, dove sussistono più di 160 esuberi, è dovuto solo alla riunificazione del plant e quindi la possibilità di spalmare gli ammortizzatori sociali su tutti i lavoratori sia quelli dell’endotermico che dell’elettrico. «A Bari – riprende Renò - è successo che l’azione unitaria di tutti sindacati che hanno chiesto e ottenuto la riunificazione dei siti, ha permesso di arrivare a un azzeramento dei contatori della cassa integrazione. Questo ci permette di avere la possibilità di gestire i prossimi 3-4 anni, che sono di difficoltà, nonostante possano arrivare delle linee di Crevalcore che ancora non abbiamo capito, che cosa cuberanno in quanto a occupazione. Non abbiamo ancora contezza di cosa farà questa produzione che arriverà a Bari e l’azienda non si è espressa. Non ci è dato di sapere, quali sono i volumi, quale è l’occupazione, quale sarà la possibilità di poter assorbire l’esubero che noi abbiamo ed è sempre di 162 unità». 

La cassa integrazione 


Il dato certo è che è stato firmato un accordo di cassa integrazione per le prossime 13 settimane a partire da lunedì 25 settembre a tutto lo stabilimento fino a metà dicembre. A seguire l’azienda fa intendere che potrebbe partire un contratto di solidarietà fino all’implementazione delle nuove produzioni e cioè la seconda linea elettrica della Porsche, che in particolare sarebbe uno switch con le linee che ora sono a Colonia, l’evoluzione del motore Maserati e pompe e iniettori per il mercato americano, questi ultimi due di matrice Stellantis. Ma i sindacati non si fidano troppo, d’altronde l’ex Fiat ha anche interrotto una commessa MGU qualche tempo fa. «Loro hanno svelato la strategia ma dalla strategia all’operatività – sottolinea Renò - ce ne passa». «Dobbiamo andare incontro a una attribuzione certa, l’azienda annuncia che per le tre produzioni una risposta definitiva potrebbe arrivare entro l’anno. Quindi – esorta Marangi - cautela e attendiamo che si chiudano le trattative ancora aperte. Noi temiamo che alcune di queste possibili attribuzioni vengano meno e se questo dovesse accadere si aprirebbe un periodo di grande incertezza».
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