Neet, Sos giovani in Puglia: uno su 3 lascia studi e lavoro, più della media nazionale

Il fenomeno analizzato dalla Cisl e da UniBari

Neet, Sos giovani in Puglia: uno su 3 lascia studi e lavoro, più della media nazionale
Neet, Sos giovani in Puglia: uno su 3 lascia studi e lavoro, più della media nazionale
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 29 Aprile 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:23

In Puglia il fenomeno dei Neet è superiore alla media nazionale. Le motivazioni? Difficoltà di natura scolastica e formativa, di tipo lavorativo e familiari. E poi ancora demotivazione e disorientamento giovanile. La definizione viene dall’acronimo inglese di “Not in education, employment or training”: in altre parole, ci si riferisce a quella fetta di giovani che non studia, non frequenta corsi di formazione e non lavora. Uno sconvolgimento della realtà sociale che da qualche anno sta colpendo la nostra regione in particolare: in Puglia la percentuale è pari al 30,5% della popolazione compresa tra i 15 e i 34 anni rispetto ad una media nazionale del 23,1%.

Per scandagliare cause ed effetti, la Cisl Puglia ha affidato la ricerca “Cisl Puglia e fenomeno Neet. Quali azioni?” all’università Aldo Moro di Bari, in particolare ad Alberto Fornasari e Matteo Conte.

Lo studio, sia di natura quantitativa sia qualitativa, è stato condotto su un campione di dirigenti e iscritti al sindacato, così come su ragazzi distinti per età (15-19, 20-24, 25-29) e per titolo di studio. I risultati sono stati presentati ieri mattina nell’aula magna dell’università alla presenza, fra gli altri, del segretario confederale della Cisl Giulio Romani, del segretario generale di Cisl Puglia Antonio Castellucci, del rettore di Uniba Stefano Bronzini, dell’assessore alla Formazione della Regione Puglia Sebastiano Leo e di quello allo Sviluppo economico Alessandro Delli Noci.

La ricerca

Come detto, dalla ricerca emerge che il fenomeno dei Neet dipende dalle difficoltà di natura scolastica e formativa (24,2%), di tipo lavorativo (23,5%), familiari (17,4%), dalla demotivazione e dal disorientamento (13,4%), da problemi economici (1,5%) e di socializzazione 1,5%). Per l’80% del campione il sindacato può incidere sul fenomeno rilanciando il territorio e ascoltando e orientando i giovani attraverso gli sportelli lavoro, ritenuti utili dal 69,8%. Lo studio evidenzia anche tre proposte concrete: attuazione di corsi di formazione interni al sindacato, maggiore strutturazione degli sportelli lavoro e implementazione delle attività di orientamento. Quanto ai giovani intervistati, la maggior parte evidenzia problemi quali le aziende che chiudono e che non assumono, oltre che la peggiore condizione generale gravata dalla crisi.

«Per analizzare e contrastare il fenomeno, c’è necessità di un tavolo istituzionale per affrontare obiettivi precisi, sapendo verso quale orizzonte tendere per muoversi insieme nel mondo del lavoro e della formazione recuperando un’idea di sviluppo - ha spiegato Antonio Castellucci, segretario della Cisl regionale economica - Importanti sono gli sportelli lavoro istituiti, in sinergia con le federazioni e Cisl Territoriali, per offrire un ulteriore servizio di orientamento per accompagnare giovani, donne, uomini nella compilazione dei curricula, informazioni su politiche attive e passive del lavoro, provando ad evitare di farli sentire abbandonati a sé stessi». La condizione di questi giovani, la visione del mondo, la percezione delle difficoltà non è omogenea e ciò, dunque, richiede la progettazione di politiche di supporto differenti e che tengano conto dei diversi percorsi. Servono politiche effettivamente attive per spingere chi si trova in cerca di occupazione, non studia e non si forma e ancor di più chi non si impegna a cercare lavoro perché disamorato e scoraggiato, a ritrovare il senso del lavoro, il gusto del sentirsi utili agli altri attraverso il proprio impegno quotidiano.

«La problematica si aggiunge ad una situazione complicata nel mondo del lavoro - ha chiosato il segretario confederale nazionale, Giulio Romani - Inoltre c’è una mancata crescita e un altissimo tasso di lavoro sommerso e irregolare. Il fenomeno dei Neet sta dentro un meccanismo che scoraggia i più giovani, i soggetti meno formati, meno orientati al lavoro durante la loro vita scolastica e la vita successiva; evidentemente c’è un problema strutturale del mercato del lavoro italiano che non è soltanto imputabile a situazioni contingenti e individuali delle singole persone scoraggiate, svogliate o disorientate, ma che dovrebbe essere affrontato nel complesso, mettendo sotto attenzione anche il lavoro irregolare».

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