Caccia alle mascherine cinesi vietate: da ritirare dagli ospedali 8 milioni di pezzi. Protezione civile rassicura: «Abbiamo le scorte»

Caccia alle mascherine cinesi vietate: da ritirare dagli ospedali 8 milioni di pezzi. Protezione civile rassicura: «Abbiamo le scorte»
di Maddalena MONGIò
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Lunedì 12 Aprile 2021, 08:56 - Ultimo aggiornamento: 21:24

Le Asl pugliesi a caccia delle mascherine cinesi KN95 sulle quali è scattato il diktat per il non utilizzo. Mario Lerario, responsabile dell'Unità di crisi Covid della Regione Puglia ha comunicato al presidente Emiliano, all'assessore alle Politiche della Salute Pierluigi Lopalco, al direttore del Dipartimento alle Politiche della Salute Vito Montanaro che la guardia di finanza di Gorizia ha disposto il sequestro delle mascherine cinesi KN95 perché non conformi alle normative vigenti. In ragione di ciò è stato disposto il blocco immediato dell'utilizzo di 12 modelli di mascherine, fra Ffp2 e Ffp3, e la consegna da parte delle Asl entro giovedì prossimo presso il deposito della Protezione civile, a Bari.

Protezione civile Puglia rassicura: abbiamo scorte

 

«Sono state accantonate e ritirate dalla distribuzione le mascherine oggetto di sequestro da parte della Procura della Repubblica di Gorizia. È utile precisare che non si tratta di materiale acquistato dalla Regione Puglia, ma di materiale ricevuto dalla struttura commissariale per l'emergenza Covid»: lo comunica ul dirigente della Protezione civile regionale, Mario Lerario.

«Il ritiro dei materiali - spiega Lerario - non mette in difficoltà il sistema distributivo della Puglia perché, su indirizzo del presidente Emiliano, già a partire dalla prima fase dell'emergenza, ci siamo per tempo dotati di una scorta strategica e possiamo contare su una fabbrica pubblica di proprietà della Regione che produce Dpi, quotidianamente attiva e pronta ad incrementare ulteriormente la produzione in caso di necessità. Per questo, siamo in grado di far fronte senza impatto a questo tipo di imprevisti e, in ogni caso, a coprire il fabbisogno regionale per almeno due mesi».

Il caso scoppiato già nel corso della prima ondata

 

Si tratta di mascherine che nella prima ondata furono oggetto di molte contestazioni da parte degli operatori sanitari perché ritenevano non ci fossero sufficienti garanzie di sicurezza rispetto alla protezione dal contagio in quanto prive di idonea certificazione. Una protesta rimasta inascoltata anche perché il cappello della Protezione civile e dell'ex commissario straordinario per il Covid, Domenico Arcuri, pareva essere una buona garanzia.

Le mascherine oggi sotto accusa sono parte della fornitura da 801 milioni di pezzi, per 1,25 miliardi di euro, che ha poi originato un'inchiesta giudiziaria che ha toccato anche Arcuri indagato per peculato secondo il quotidiano La Verità, anche se il diretto interessato ieri ha fatto sapere di non avere notizia di una sua iscrizione nel registro degli indagati. In Puglia di questa fornitura sono pervenuti circa 8 milioni di pezzi.

L'inchiesta della Procura di Gorizia

Comunque l'inchiesta della Procura di Gorizia sui dispositivi di protezione individuale assegnati alle aziende sanitarie del Friuli Venezia Giulia ha scoperchiato un altro vaso di pandora, ossia che alcune di queste mascherine non sono conformi alle normative vigenti e pericolose per la salute perché filtrano solo per il 10 per cento, un tasso bassissimo e al di sotto degli standard anche in Cina. Sta di fatto che il Dipartimento della Salute ha chiesto alle Asl di stoppare l'uso di queste mascherine e fare una ricognizione della merce da inviare poi alla Protezione civile a Bari. Le Asl pugliesi, a loro volta, hanno allertato i Dipartimenti e gli ospedali.

«Abbiamo avuto il caso delle tute cinesi le cui taglie non corrispondevano a quelle europee premette Francesco Perrone, segretario regionale della Fsi-Usae ma pensavamo di poter stare tranquilli sulle mascherine perché dovevano essere validate in Europa. Se così non è siamo letteralmente sconcertati perché le stiamo utilizzando da circa un anno, in tutte le strutture sanitarie. Ci siamo vaccinati, abbiamo fatto una battaglia per i test sierologici agli operatori sanitari in modo da verificare se c'è stata la risposta anticorpale sperando di arrivare presto a un'immunità di gregge e ora questa notizia ci sconforta».

Ieri ore frenetiche in Asl Lecce per predisporre il ritiro delle mascherine cinesi già per oggi. Dal direttore del Dipartimento Farmaceutico della Asl di Lecce, Caterina Montinari, è partita la disposizione ai responsabili delle farmacie ospedaliere e distrettuali, al direttore del Dipartimento prevenzione, al direttore del 118, al direttore del Dipartimento salute mentale, al direttore del Dipartimento riabilitazione, al direttore del Dipartimento dipendenze patologiche, ai direttori degli ospedali e dei distretti. Ai vertici delle strutture Asl è stata inviata la comunicazione della Protezione civile di Bari che dispone il blocco immediato e il richiamo delle mascherine, con l'avvertenza che le giacenze devono essere portare entro dopodomani alle 11 a Lecce.

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