Governo Conte, la riforma della giustizia targata Bonafede allontana gli altri transfughi

Governo Conte, la riforma della giustizia targata Bonafede allontana gli altri transfughi
di Francesco G.GIOFFREDI
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Sabato 23 Gennaio 2021, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 14:16

Quadro in movimento, altri scenari. E nuovi protagonisti pronti a partire dai blocchi. La maggioranza giallorossa di Giuseppe Conte naviga a vista, il premier è costretto a ritoccare o persino rivoluzionare il piano di battaglia. E perciò: perde quota l'opzione volenterosi (puntellare cioè la maggioranza con un gruppo di transfughi, soprattutto al Senato), riacquista vigore il Conte ter, pertanto salire al Quirinale da dimissionario, proporre un patto di legislatura con inevitabile rimpasto in squadra e così rinsaldare il rapporto con Italia viva. Non a caso, ieri deputati e senatori renziani in un documento hanno aperto lo spiraglio: un appello perché, a fronte della «difficile situazione sanitaria e dei drammatici dati economici», ci sia «una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell'Italia per i prossimi anni». Insomma: il patto di legislatura. Lo spiraglio viene però subito stuccato e chiuso, all'apparenza in modo definitivo, dai cinque stelle («non ci sono margini per ricucire con Renzi», dice il reggente Vito Crimi). Il Pd «non teme le elezioni» (così il segretario Nicola Zingaretti), ma è attraversato da lacerazioni interne, da una parte chi vorrebbe suturare lo strappo con i renziani e dall'altra chi reputa il divorzio ormai irreversibile.


Il tempo stringe e il nuovo banco di prova è dietro l'angolo.

Mercoledì alla Camera e (soprattutto) giovedì al Senato ci sarà la relazione del ministro Alfonso Bonafede sulla riforma della giustizia. Dossier divisivo nella stessa maggioranza, è una specie di spauracchio anti-garantista per i potenziali transfughi del centrodestra, in potenziale avvicinamento alla maggioranza di Conte. La stessa Sandra Lonardo - senatrice, moglie di Clemente Mastella e neo volenterosa - ha annunciato che voterà contro la relazione di Bonafede. Altrettanto potrebbero fare i renziani. E di sicuro la riforma a trazione cinque stelle è un disincentivo per gli altri forzisti in odor di fuga dal centrodestra. È il caso di Luigi Vitali: francavillese, eletto con Forza Italia (partito al quale non è più iscritto, pur facendo ancora parte del gruppo senatoriale), ex sottosegretario berlusconiano alla Giustizia, è nel lotto dei corteggiati. Circostanza che evidentemente non dispiace all'ex commissario di FI in Puglia, il quale però alza il tiro è taglia (per ora) corto: «Io e Bonafede abbiamo una visione della giustizia che è agli antipodi. Un problema irrisolvibile, politico, non personale», tuttavia «questo governo ha il dovere di cercare una maggioranza e risolvere tutti i problemi che ha contribuito a creare». Sembra un messaggio in codice: accantonate Bonafede, la sua riforma e altri oltranzismi di simile natura, e allora ci potrebbe essere lo spazio per aprire una nuova fase.

È tutto in movimento, d'altro canto sarebbe lo stesso Silvio Berlusconi ad auspicare un governo istituzionale e di unità nazionale. Più o meno la maggioranza Ursula che comincia a riaffiorare dalle parti del Pd (si veda intervista qui in pagina a Dario Stefàno). Per maggioranza Ursula si intende lo schieramento trasversale che ha sostenuto a Bruxelles l'elezione della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen: M5s, Pd, Italia viva, Forza Italia, centristi. Un nuovo governo, pur guidato da Conte ma senza Bonafede alla Giustizia e sostenitore di una chiara svolta garantista, sarebbe la condizione posta da una pattuglia di senatori potenziali volenterosi di FI per confluire in un nuovo gruppo che appoggi l'esecutivo.


Al di là di Vitali, cosa dice il borsino dei volenterosi pugliesi? Lello Ciampolillo, il chiacchierato senatore barese ex M5s, è ormai della truppa. Anna Carmela Minuto - barese, forzista alla prima esperienza a Palazzo Madama - è sempre lì in bilico, proprio come l'esperto collega francavillese. Altri non sembrano corteggiati o tentati, al momento.


Conte a questo punto potrebbe pilotare una crisi, presentandosi da dimissionario al Colle per un Conte-ter, o rischiare la sfida in aula sulla giustizia. Per poi allungare i tempi per il nuovo governo, nel caso in cui dovesse farcela con i numeri (magari anche grazie ad assenze strategiche dei neo volenterosi).

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