Gas in Puglia, no a 9 istanze per la ricerca di idrocarburi in mare e a terra

Gas in Puglia, no a 9 istanze per la ricerca di idrocarburi in mare e a terra
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Sabato 9 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:15

Sono in totale 9 le istanze rigettate per la ricerca di gas che riguardano la Puglia, di cui 6 per attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare e 3 in terra. È lo scenario rappresentato nel bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse pubblicato dal ministero della Transizione ecologica. Ed è abbastanza curioso leggere questi dinieghi in un momento storico in cui cerca disperatamente di affrancarsi dalla dipendenza del gas russo con nuove fonti, comprese quelle rinnovabili.

Il Pitesai

La pubblicazione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (Pitesai), il piano regolatore voluto dal governo Conte operativo da pochi mesi, contribuisce a fornire un quadro di regole sui luoghi dove è possibile svolgere l’attività di valorizzazione delle risorse del sottosuolo. L’approvazione del Pitesai introduce nuovi vincoli che gravano sull’attività estrattiva oil&gas. Al fine di verificarne gli impatti, Assorisorse (l’associazione di Confindustria che deriva da Assomineraria – Associazione Mineraria Italiana) ha condotto un’analisi del portafoglio dei titoli minerari italiani degli operatori associati. Dal punto di vista esplorativo, si registra la revoca a livello nazionale di 42 titoli su 45 (tra istanze e permessi di ricerca) e di fatto l’azzeramento delle attività future, sia a terra sia a mare.

Come detto, in Puglia sono 6 i semafori rossi relativi al mare. Cinque riguardano la società Northern Petroleum Ltd: nel pacchetto, le richieste riguardavano prospezioni a largo della costa compresa tra Brindisi e Monopoli e nel tratto tra Monopoli e Bari. Una invece era relativa a Eni a largo del golfo di Taranto (siglata “d 67 F.R-.AG”).

Tre invece gli stop concernenti le ricerche a terra. La prima è quella di “Posta del giudice” nel Foggiano nei Comuni di Casalvecchio di Puglia, Castelnuovo della Daunia, Lucera, Pietramontecorvino, San Severo, Torremaggiore. La seconda è denominata “Serra dei gatti” sempre nel Foggiano nei Comuni di Biccari, Castelluccio Valmaggiore, Celle di San Vito, Faeto, Orsara di Puglia, Roseto Valfortore, Troia. Infine, la terza: l’istanza di permesso di ricerca in terraferma “Il convento” che ricadeva soprattutto in Molise ma toccava Lesina nel Gargano.

I vincoli

Proprio queste due regioni, hanno inserito l’ulteriore vincolo di “coltura di pregio” sulle superfici. Le aree dove poter svolgere le ricerche, inoltre, non devono essere industriali, naturali e quelle in mare non devono essere troppo vicine alla costa, non centri abitati. Interessante è analizzare i dati del Mite che stima le riserve di gas naturale in Italia. In totale quelle certe a terra sono 25.355 Sm3 (Standard Metro Cubo) di cui ben 21.804 nel Sud. A mare, 20.421 Sm3 in totale di cui quasi 14mila nelle zone B (In Adriatico, dal 42° al 44° parallelo a nord della Puglia) e C, D, F e G (in Adriatico e Ionio, intorno a Puglia, Basilicata e Calabria; nel Tirreno, intorno alla Sicilia; nel Canale di Sicilia).

Nel breve termine, Assorisorse segnala la cessazione di una concessione a gas su cinque, il rischio di cessazione per un terzo e la limitazione delle prospettive produttive per circa un altro terzo per effetto delle incertezze sulla possibilità di effettuare nuovi investimenti. Nel medio-lungo termine, «si rileva l’eliminazione dell’attività di esplorazione, che viene di fatto fermata sia a terra che a mare».

Puntare sulle rinnovabili è un’altra strada ma non certo così semplice. La Puglia si distingue per avere il primato nazionale in termini di potenza installata con 2.900 Mw (13,4% del totale nazionale): sul territorio regionale sono presenti 54.271 impianti e il 34% della nostra energia proviene da fonti rinnovabili. Al di là di una saturazione più o meno galoppante, sono i tempi burocratici che mettono un freno a questo percorso. “Staffetta Quotidiana”, portale specializzato sulle fonti di energia, rileva le tempistiche per i progetti che hanno avuto il via libera: 13 mesi per un fotovoltaico, 25 per un eolico. Del resto, ha spiegato lo stesso ministro Cingolani, «se anche mettessimo 60-70 Gw di impianti nuovi non risolveremmo il problema» poiché la questione è anche accumulare l’energia che non viene prodotta 24 ore su 24 ma solo quando ci sono luce e vento. Insomma, l’obiettivo di raggiungere più autonomia energetica è sì ambizioso ma altrettanto complesso e articolato.

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