Il racconto choc della famiglia intossicata con il tonno: «Fosse successo a cena, saremmo morti. Cure psicologiche per riprenderci, i bimbi non volevano più mangiare»

Il racconto choc della famiglia intossicata con il tonno: «Fosse successo a cena, saremmo morti. Cure psicologiche per riprenderci, i bimbi non volevano più mangiare»
di Alfonso SPAGNULO
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Mercoledì 5 Luglio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:24

«A livello psicologico stiamo ancora pagando quanto accaduto due anni fa». Non usa giri di parole Danilo Fanizzi, ingegnere di Pezze di Greco. Proprio l’intossicazione di cui rimase vittima il professionista, la moglie e i suoi due bambini, nel giugno del 2021, dopo aver mangiato del tonno a pinna gialla, ha avviato le indagini che ha portato ieri all’esecuzione di 18 misure cautelari a carico di alcuni imprenditori e dipendenti di aziende ittiche di Bisceglie che con la complicità di un laboratorio analisi di Avellino adulteravano con prodotti chimici il pescato. «Era il 3 giugno del 2021 – ricorda Fanizzi -. Mia moglie al mattino si recò in una pescheria di Pezze di Greco e acquistò dei tranci di tonno. Era imbustato e venne aperto davanti ai suoi occhi. Lo cucinai personalmente sulla piastra a pranzo e ad un certo punto notai della schiuma strana. Non mi era mai capitato ma pensai che potesse essere normale. Lo servii a tavola ed era l’unica pietanza. Il primo a sentire un odore strano dopo aver ingerito il un boccone è stato il più piccolo dei miei figli che allora aveva 11 anni. Ci disse che non si sentiva bene ed è scappato in bagno. L’altro mio figlio si è sentito male subito dopo. A questo punto non abbiamo mangiato più. Quel giorno faceva molto caldo e con mia moglie abbiamo ipotizzato un’indigestione dovuta alle alte temperature. E così i ragazzi sono andati a riposare e io con loro. Dopo un po’ io ho deciso di raggiungere mia moglie ma nel salire le scale la vista mi si è annebbiata e sono crollato. Allora mia moglie ha chiamato il 118 anche perché eravamo in piena emergenza Covid e avevamo paura che fosse accaduto qualcosa di grave». 
Gli uomini del 118, appena giunti a casa Fanizzi, visitano l’ingegnere e notano subito qualcosa di strano in quanto il professionista aveva le dita nere e ad un primo prelievo il colore del sangue era molto scuro. «A questo punto – continua a raccontare Fanizzi – mi sono preoccupato dei bambini e ho detto ai medici di controllare anche loro. Appena hanno svegliato il piccolo, questi è collassato». Ed è a questo punto che è scattato l’allarme. Padre, madre e figlio piccolo vengono trasportati immediatamente all’ospedale Perrino di Brindisi dove ci si rende subito conto che si trattava di sintomi di avvelenamento. 

«I medici ci hanno salvato la vita»

Viene anche prelevato da Pezze di Greco anche l’altro figlio che tra i quattro è quello che aveva mangiato più tonno e tutti vengono subito trattati con farmaci specifici date le indicazioni offerte dal centro antiveleni che era stato allertato. L’intera famiglia viene sottoposta anche a lavanda gastrica. «I medici brindisini sono stati di una velocità incredibile – spiega Fanizzi -. Ci hanno salvato la vita». Dopo qualche giorno i quattro sono tornati a casa ma il calvario non è finito lì. «A distanza di due anni siamo ancora in cura psicologica – continua Fanizzi -. I bambini non volevano più mangiare. Ci sono alimenti che ricordano l’odore e il sapore del tonno e per diverso tempo sono stati traumatizzati. Abbiamo fatto una terapia da uno psicologo per riprenderci e i bambini ne hanno risentito anche fisicamente in quanto l’avvelenamento ha fatto calare loro le difese immunitarie e nelle settimane successive sono sorti problemi di altri tipi». Danilo Fanizzi si ritiene persino fortunato. «Se invece che a pranzo avessimo consumato il tonno a cena – dichiara – non so se ora sarei qui a raccontare quanto accaduto. Saremmo passati dal sonno alla morte senza che ce ne accorgessimo». Nell’immediatezza del fatto la famiglia Fanizzi ha presentato una denuncia contro ignoti. «Non potevamo certo prendercela con la titolare della pescheria – racconta -. Anzi sono stati i primi a venirci a trovare per sincerarsi delle nostre condizioni. Sono vittime anche loro». Ieri si sono rincorse le telefonate degli amici, per segnalare l’operazione dei Nas. «Davanti alla salute delle persone occorre più rispetto – dice rammaricato -. È inimmaginabile che qualcuno cerchi di guadagnare in questo modo sulla pelle di gente ignara. Ecco perché auspico che ci siano pene severe per chi ha effettivamente sbagliato. Non per motivi personali, anche perché mi sento fortunato, ma perché sulla salute della gente non si scherza».
 

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