Pesce adulterato: 11 arresti dopo l'intossicazione di una famiglia

Pesce adulterato: 11 arresti dopo l'intossicazione di una famiglia
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Martedì 4 Luglio 2023, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 12:34

Pesce e prodotti ittici adulterati: 18 misure cautelari tra titolari e dipendenti di aziende ittiche di Bisceglie.

Nelle prime ore della mattina, militari del Nucleo antisofisticazioni sanitarie di Bari, coordinati dalla Procura della Repubblica di Trani e con il supporto dei Comandi Provinciali dell'Arma, stanno eseguendo, tra gli altri provvedimenti, 18 misure cautelari personali¸ emesse dal gip del Tribunale di Trani, a carico di altrettanti titolari e dipendenti di aziende ittiche di Bisceglie (Barletta-Andria-Trani), di una società di consulenza e di un laboratorio privato di Avellino, nonché alcuni provvedimenti di sequestro, sia impeditivo che per equivalente, anche a carico di alcune delle società coinvolte.

 

Dodici arresti

Sono cinque le persone finite in carcere, e sette agli arresti domiciliari, dei 18 indagati nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Procura di Trani sulle sofisticazioni alimentari.

Le altre sei persone coinvolte sono state raggiunte da provvedimenti che prevedono divieto o obbligo di dimora. Le indagini seguono i nove decreti di perquisizioni eseguiti dai carabinieri del Nas di Bari, con la collaborazione dei colleghi di Napoli, Taranto, Foggia, Campobasso e Salerno, nel maggio dello scorso anno a carico non solo di una impresa ittica di Bisceglie (in provincia di Barletta - Andria - Trani) ma anche di due laboratori privati e accreditati di Avellino in cui si svolgevano le analisi sul prodotto lavorato nell'azienda biscegliese. Esami, questi, da cui non sarebbe emersa la presenza di additivi illeciti negli alimenti.

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Le indagini dopo l'intossicazione alimentare

A far partire le indagini della magistratura di Trani, che hanno portato alla iscrizione nel registro degli indagati anche di imprenditori e dipendenti di alcune imprese ittiche, è stata l'intossicazione alimentare che ha colpito una decina di persone in diverse province italiane (tra cui una famiglia di Pezze di greco, contrada di Fasano nel Brindisino) e dovuta al consumo di tonno pinna gialla. Secondo quanto accertato all'epoca dei fatti, il prodotto ittico, prima della sua immissione in commercio da parte dell'azienda di Bisceglie, sarebbe stato «decongelato e adulterato con sostanze non consentite», riferirono gli investigatori per «esaltarne l'aspetto e il colore ma rendendolo di fatto nocivo per la salute dei consumatori».

Le ipotesi di reato

Ai destinatari delle misure è contestato il reato di associazione per delinquere finalizzata, tra l'altro, all'adulterazione di sostanze alimentari, frode e falso inerenti l'attività di produzione e commercio di prodotti ittici in tutto il paese.

Le intercettazioni

L'intercettazione choc è del settembre 2021 e ad assere captata è la voce di una dipendente della società di certificazione coinvolta che dice: "Me li sogno la notte i cristiani che si sentono male. Nessuno ci ha lasciato le penne solo per grazia del Signore: non mangiare pesce crudo". Lo stralcio della conversazione, a parere del procuratore di Trani, dimostra che tra i dipendenti del laboratorio di analisi "vi è la volontà di scremare i dati o di ometterli", per "massimizzare il volume di affari viste le centinaia di chili di prodotto adulterato commercializzato in tutta Italia". Le sostanze vietate usate per. Secondo quanto emerso, il tonno pinna gialla (Thunnus Albacares, da cui prende il nome l'operazione), prima della sua immissione in commercio, veniva decongelato e adulterato con sostanze non consentite, per esaltarne l'aspetto e il colore »ma rendendolo, di fatto, nocivo per la salute dei consumatori«. 

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