Il manifatturiero batte il turismo per quantità e qualità dei posti di lavoro: ecco perché

Il manifatturiero batte il turismo per quantità e qualità dei posti di lavoro: ecco perché
di Pierpaolo SPADA
4 Minuti di Lettura
Lunedì 21 Settembre 2020, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 08:15

Stagionalità e qualità dell'occupazione, binomio difficile da sposare. La Puglia non fa eccezione. Anzi, più aumenta il primo indice maggiormente cala il secondo. E tanto vale per l'agricoltura, quanto per il turismo: il settore che, anche sotto il sole, quando fa boom, assicura scarsa crescita. L'occhio nudo spesso non sbaglia, ma i numeri, nella fattispecie, garantiscono un riferimento più attendibile. Quelli messi in fila dagli economisti Luigi Scorca e Massimo Armenise determinano ancora una volta la prevalenza del primato del manifatturiero sul turismo, con riferimento all'ultimo decennio.

L'analisi pone al centro la performance dei due settori e fa emergere una tendenza netta, che anche le più recenti statistiche (2018-2020) confermano, sebbene gli indici di confronto siano essenzialmente due: assunzioni previste e tipologie contrattuali (rapporto Excelsior su base Infocamere).

L'exploit del turismo in Puglia è indiscutibile. La regione è tra le mete più ambite. Ma l'indebolimento dei flussi nei periodi non estivi determina un decadimento della performance occupazionale che ontrariamente il manifatturiero, pur ostruito ciclicamente da fasi critiche, mantiene intatta e sostenuta tutto l'anno, anche in termini qualitativi. Lasciando per un attimo da parte il 2020 (condizionato dal Covid), si può osservare come, sulla base delle stime offerte dagli imprenditori, nel 2018 la tendenza sia praticamente analoga a quella rilevata nel 2019.

Quanto alle previsioni di assunzione, c'è solo un trimestre che consente al turismo (alloggio e ristorazione e servizi turistici) di ottenere un risultato più consistente di quello del manifatturiero (industria e costruzione) ed è quello compreso tra marzo e giugno: 25.780 assunzioni contro 17.290. Nei tre restanti trimestri, tuttavia, la tendenza è capovolta, pur con intensità variabile. Il manifatturiero prevale sempre sul turismo: a gennaio-marzo 18.070 assunzioni contro 7.860, a luglio-settembre 14.870 contro 12.280 e a ottobre-dicembre 13.360 contro 6.750.

Anche nel 2019, il turismo prevale sul manifatturiero solo tra aprile e giugno, ma la distanza si accorcia a favore del secondo settore per circa 3mila unità: 22.280 assunzioni contro 17.840. Nei restanti trimestri il manifatturiero primeggia, conservando gli stessi standard del 2018: 15.910 assunzioni contro 7.910 tra gennaio e marzo, 14.870 assunzioni contro 13.620 tra luglio e settembre e 14.120 assunzioni contro 8.430 tra ottobre e dicembre. Con tutto l'effetto Covid, si può notare come anche il 2020 riservi al duello le stesse distanze. Causa lockdown, il rapporto Excelsior non è stato realizzato nel periodo clou del turismo (aprile-giugno). Per questo motivo i migliori numeri il turismo riesce a realizzarli nel trimestre luglio-settembre, nel quale, però, il dato è praticamente uguale a quello del manifatturiero: 8.500 assunzioni contro 8.460. Nei restanti trimestri di riferimento, la performance torna quella tracciata nel biennio precedente. Fin qui il primo parametro: la quantità, ovvero il numero di assunzioni previste.

Il secondo parametro che aiuta a comprendere l'impatto dei settori è quello relativo alla qualità dell'occupazione, ovvero la tipologia dei contratti. E, forse, non stupirà osservare come la stagionalità (fin qui rilevare) ponga quasi sempre il turismo all'ultimo posto fra tutti i settori. L'indice che è possibile misurare è relativo alla stabilità dei rapporti. Nel 2018, solo in un trimestre il turismo ha espresso un dato migliore rispetto al manifatturiero, quello compreso tra ottobre e dicembre: in quel trimestre il turismo ha espresso la maggiore concentrazione di contratti a tempo indeterminato rispetto a tutti i settori: 40%. Costruzioni al 38%, industria al 22%. Ma è stata un'eccezione. Complice, forse, l'attuazione di determinate politiche, nell'anno successivo il rapporto è stato completamente ribaltato. E il turismo si è ritrovato a esprimere la peggiore performance in assoluto, con solo il 10% di contratti a tempo indeterminato: 50% per l'industria, 51% per le costruzioni. Un tonfo notevole, che tuttavia costituisce per il turismo la norma.

Tra gennaio e marzo 2018, il turismo ha offerto solo il 12% di contratti a tempo indeterminato.

Stessa percentuale tra aprile e giugno. Ancora peggio tra luglio e settembre: solo l'8%. Nel 2019, tra gennaio e marzo il risultato migliore: 39%. Solo l'11% tra aprile e giugno. E addirittura il 3% tra luglio e settembre, a fronte di una media compresa sempre tra il 25 e il 35% per industria e costruzioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA