Porto, vedute diverse sul futuro tra economia al collasso e necessità di rimboccarsi le maniche

La banchina carbonifera di Enel
La banchina carbonifera di Enel
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Lunedì 26 Febbraio 2024, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 14:33

È allarme sulla ormai avviata decadenza del porto di Brindisi.

La realtà e i numeri

A lanciarlo è l’agente marittimo Teo Titi, per il quale «le statistiche sui traffici non sono una vera fotografia dell’economia portuale che è ormai collassata. Il traffico di navi ro-ro (camion) sono gli unici che tirano su i numeri ma non l’economia portuale né quella cittadina (anche se non si può dire). Il carbone è già terminato (anche se Enel non lo può dire) ma non si è riusciti a dirottare nessun altro traffico che potesse anche un minimo compensare. Le crociere ormai puntano su Bari che dispone di un terminal crociere già da anni e di un secondo in costruzione e senza possibilità per Brindisi di competere per mancanza di terminal (eppure il “Montecatini” è lì) e di banchine (l’ipotesi di allargamento di canale Pigonati nuovamente scomparsa nel nulla). Si attenderanno anni e sicuramente ricorsi per quella di Sant’Apollinare ma davvero ospiterà crociere? Anche gli yacht non sembra ormai sia un traffico ben considerato. I pochi traghetti passeggeri per l’Albania arrancano su Valona con grandi disagi e pochi numeri».

Delusione Enel Logistics

L’unica cosa che cresce, incalza, «sono i costi dell’Autorità portuale sulle concessioni, sulle soste delle navi e addirittura sulle quote imposte alle imprese portuali che non hanno più lavoro. Unica nota positiva è che finalmente dopo 50 anni ha realizzato un piano regolatore, ma ora ci vuole l’ossigeno». Ed in questo senso l’investimento di Enel Logistics potrebbe rappresentare un buon inizio. «Ma il nuovo Ad di Enel - è la critica di Titi - ha deciso che è inutile spendere quei soldi qui. E addio sogni di gloria. Sono questi gli argomenti su cui dibattere nei convegni e nelle stanze dei bottoni. Invece di concentrarsi a fare battaglie ai singoli o fare marchette fingendo che tutto vada bene».

Polemiche contro promozione

Di opinione differente il presidente del Distretto nautico di Puglia Giuseppe Danese. «Continuiamo a darci la zappa sui piedi», dice, stigmatizzando le continue polemiche e divisioni sul porto. Danese, infatti, è convinto che per far crescere lo scalo marittimo, oltre alle infrastrutture, sia necessario il lavoro di tutti gli operatori portuali, il cui obiettivo dovrebbe essere quello di trovare e portare a Brindisi nuovi traffici. Ma per farlo bisogna anche “vendere” all’esterno il porto molto meglio di quanto non si faccia oggi con accuse reciproche e lamentele. «Sta a noi imprenditori - sostiene infatti - portare qui il traffico. E per farlo dobbiamo prendere la valigetta ed andare a trovare nuovi mercati. Dopo di che, andare in Autorità portuale e al Comune a chiedere collaborazione. Ma per farlo occorre dare un’immagine positiva del porto. Mentre non è così ed in questo anche noi classe imprenditoriale abbiamo le nostre responsabilità. Perché all’interno della nostra categoria ci sono anche delle concorrenze, che a volte creano disservizi. Ad esempio, se io scopro un mercato lo voglio fare sviluppare e con quello offusco un altro collega. Ma è chiaro che quello, se ha la possibilità, cerca di imporre il proprio di mercato, magari sulla stessa banchina. E allora si crea un contenzioso che blocca le operazioni. Una cosa abbastanza normale ma anche triste, perché poi a pagarne le conseguenze è tutta la comunità. A Bari stanno realizzando porti turistici, attrezzando banchine, hanno realizzato un terminal crociere. Tutto questo perché non si sono fatti la guerra come a Brindisi».

Le responsabilità degli operatori

E questo non vuol dire che lì, come altrove, sostiene Danese, non ci siano problemi. «Ovunque ci solo le criticità. Anche a Montecarlo. E non sono poche. Ma non escono e vengono affrontate». Tra l’altro, il porto di Brindisi ha traffici così variegati che «non può esserci un traffico in grado di soddisfare tutto il popolo portuale. È impossibile trovare occasioni, almeno negli ultimi anni, in cui tutti gli operatori abbiano detto all’unisono che le cose vanno bene o che vanno male: ognuno vede le cose dal suo punto di vista. Compresa l’Autorità di sistema, che parla di traffici in aumento». A questo si aggiungono le «tante guerre istituzionali, giuste o sbagliate che fossero, che hanno rallentato l’infrastrutturazione. Tant’è che oggi non abbiamo ancora le banchine di Sant’Apollinare, la vasca di colmata e tante altre cose mentre tanti altri porti hanno governance che, ai diversi livelli, vanno d’accordo e le cose le realizzano molto più in fretta».

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