Da un lato un drappello di falsi indigenti. Chi guidava una Ferrari, chi possedeva 17 auto, chi era affiliato alla Sacra Corona Unita e chi sul “730” dichiarava più di 300mila euro. Tutti furbetti che per anni, prima di essere scoperti e denunciati dai carabinieri, per anni si sono, si erano messi in tasca il reddito di cittadinanza. Dall’altro i poveri. Quelli veri.
Il report della Caritas: 5.6 milioni di cittadini in povertà assoluta
I disperati che vivono in strada, dormono in macchina o per terra sui marciapiedi e vanno avanti con il cibo delle mense.
Reddito di cittadinanza: il 56% degli indegenti non lo riceve
E in questo contesto, il paradosso più aberrante sta nel fatto che il 56% delle famiglie che vivono in questo stato di povertà assoluta a fine mese non ricevono l’assegno di Stato. Lo rileva la Caritas nel ventesimo Rapporto 2021 “Oltre l’ostacolo” che punta i riflettori proprio sul reddito di cittadinanza. “Una misura di reddito minimo a lungo attesa - la definisce la Caritas – che ha supportato 3,7 milioni di persone. Ma più della metà delle famiglie in povertà assoluta (il 56% del totale) non riceve il Rdc e di quelle che lo incassano il 36% vive in condizioni di disagio economico, ma non si trova in povertà assoluta” denuncia l’ente confessionale della Cei. Ecco perché Cristiano Gori, responsabile scientifico dell’ultimo Rapporto di Caritas Italiana dedicato interamente al Reddito di cittadinanza, da tempo chiede che questo strumento sia rimodulato: ridotto e asciugato nei confronti di chi ne ha meno bisogno e «riorientato verso i poveri assoluti». Già a partire dai criteri di assegnazione del sussidio. Del resto, i due terzi dei potenziali beneficiari di Rdc, secondo le rilevazioni Caritas, non ha estratti contributivi nel biennio 2018-2019. E se il 21% non ha mai lavorato, il 20% non sa neppure come si cerca un lavoro. Il 78%, ancora, non è in grado neppure di presentare domanda di lavoro o di sostenere un colloqui.
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Niente fissa dimora e difficoltà a compilare le richieste: l'identikit dei poveri senza reddito
Non basta. «Purtroppo sul requisito dei 10 anni di residenza per gli extracomunitari, oggettivamente troppi, la legge di Bilancio non interviene – ha rilevato nelle scorse ore il docente di Politiche sociali all’Università di Trento all’Avvenire - Così come su altre questioni strutturali quali la scala di equivalenza che penalizza le famiglie e avvantaggia i singoli e la differenziazione per zone geografiche e territori che sarebbe necessaria. Queste omissioni non permettono di sanare quelle iniquità che determinano la non coincidenza tra beneficiari e persone in povertà assoluta». Ma c’è di più. Secondo gli esperti della Caritas nonostante la vasta platea di indigenti, la maggior parte dei poveri non ha gli strumenti per accedere alla misura. A partire dai moduli da scaricare sul sito internet e sino all’accesso ai Caf e ai patronati. Ma anche la riforma del sussidio prevista dal governo, secondo Caritas, non sembra andare ancora nella giusta direzione. «Sembra che il governo, più che riformare il Rdc affinché funzioni meglio, abbia basato gli interventi sui comportamenti scorretti di alcuni, di fatto trasmettendo un messaggio meramente punitivo che colpevolizza i poveri considerati dei fannulloni - tuona Gori dalle colonne dell’Avvenire - Ad esempio prevedendo la perdita del beneficio già al secondo rifiuto di un’offerta di lavoro, non più entro 250 Km ma in tutt’Italia senza tener conto delle spese di trasferimento e di alloggio. E anche l’Ocse considera troppo stringenti i requisiti di accesso al Rdc». © RIPRODUZIONE RISERVATA