Atenei, da Unisalento a Foggia: il boom della “provincia”. Ecco i numeri delle pugliesi negli ultimi 10 anni

L’elaborazione di Talents Venture sulle immatricolazioni dal 2010 a oggi

Atenei, da Unisalento a Foggia: il boom della “provincia”. Ecco i numeri delle pugliesi negli ultimi 10 anni
di Giuseppe ANDRIANI
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Sabato 9 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 14:34

La rivincita dei piccoli atenei del Sud contro i colossi del Centro-Nord. Se alcune grandi università delle metropoli italiane hanno perso studenti dopo il covid, i piccoli e medi centri del Mezzogiorno sono in salute e i numeri in forte crescita. I numeri, con un confronto delle immatricolazioni dal 2010 al 2023, sono dell’Osservatorio universitario Talents Venture che per questo giornale ha elaborato i dati degli atenei pugliesi. Rispetto al 2010 è in perdita l’Università di Bari e in parte minima (e residuale, soprattutto) il Politecnico. Gli altri atenei, invece, crescono tutti. C’è il boom di Foggia, ma anche quello dell’Università del Salento, che con oltre quattromila immatricolati fa segnare un record. L’Università di Foggia risulta, invece, tra i primissimi in Italia per crescita negli ultimi cinque anni.

I numeri

L’effetto covid sul numero degli iscritti al primo anno è evidente. Dopo la pandemia si è registrato un boom di tutti gli atenei del Mezzogiorno, mettendo un freno, di fatto, all’emigrazione per motivi di studio. Il motivo è da ricercare tanto nella crisi economica che è scaturita dalla chiusura di numerose attività, quanto nella paura, soprattutto nei mesi più “caldi” del 2020 e del 2021, della possibilità di un nuovo lockdown. Tante famiglie hanno preferito in quel contesto privilegiare gli atenei del Sud. Si spiega così una tendenza che però - al contrario di quanto era facile pensare - non si è ancora esaurita, anzi ha persino preso vigore e slancio. L’Università del Salento, ad esempio, ha visto un boom nel 2020/21, ha tenuto lo stesso trend l’anno seguente e poi nel 2022/23 lo ha persino migliorato. L’Università di Foggia è tra le dodici istituzioni in tutta Italia che dal 2019 a oggi hanno avuto una crescita decisa in tutti gli anni accademici. Un piccolo record, se si considera che nell’elenco sono presenti soprattutto atenei più piccoli e spesso privati. È cresciuta tanto, per quest’ultima tipologia, anche la Lum di Casamassima, arrivata a quota 376 iscritti, anche per via dell’ampliamento dei posti per Medicina.

Diminuiscono, invece, gli iscritti al Politecnico di Bari, ma la variazione è poco significativa (ed è comunque al rialzo se si pensa a dieci anni fa) e l’Università di Bari. Il fenomeno dell’ateneo guidato da Stefano Bronzini, però, va letto in una chiave leggermente diversa. Se è vero che ha beneficiato dell’”effetto pandemia” ha anche perso alcuni studenti che invece in passato decidevano di spostarsi da regioni limitrofe o da altre province pugliesi. Insomma, Uniba ha risentito in piccola parte della contrazione dei grandi atenei, essendo una delle istituzioni accademiche più grandi d’Italia per numero di iscritti.

«Analizzando i dati al livello di ateneo, emergono due interessanti insights - spiega Pier Giorgio Bianchi, ceo e co-founder di Talents Venture nel report -. Da un lato, alcuni atenei di grandi dimensioni hanno subito una contrazione nei numeri dei propri immatricolati; dall’altro, alcuni piccoli e medi atenei hanno saputo remare controcorrente ed ottenere dei risultati particolarmente soddisfacenti. In questo arco temporale, dei mega-atenei (quelli sopra i 60.000 iscritti) solo due sono riusciti a crescere: Padova (+10%) e Sapienza (+8%); gli altri, invece, hanno assistito a una sostanziale stabilizzazione (Bologna) o riduzione delle immatricolazioni, come nel caso di Torino, Federico II e Milano. A sorprendere, sono stati invece 12 atenei che hanno visto i propri numeri crescere in ognuno degli anni accademici considerati. Si tratta di atenei di piccole e medie dimensioni, tra cui brillano, poiché partivano già da un’importante base di immatricolati, Napoli Parthenope e Roma Tor Vergata».

Gli atenei pugliesi nel loro complesso sono in salute. Negli ultimi dieci anni sono cresciuti quasi tutti e hanno aumentato anche l’offerta formativa. Resta il nodo, drammatico nei numeri che annualmente pubblica l’Istat, della fuga verso Nord per andare a studiare altrove. Ma fino all’inizio degli anni Duemila questo trend era dovuto soprattutto al ricercare un livello formativo più alto, oggi spesso la scelta è dettata soprattutto dalle diverse opportunità, anche professionali, che offre il territorio. L’emigrazione giovanile, unita al contesto demografico depresso ormai da oltre un decennio, rappresenta il tallone d’Achille del Mezzogiorno ma ciò non toglie lo stato di salute delle istituzioni accademiche pugliesi, talvolta anche in controtendenza rispetto alle altre del Sud.

«La lettura dei numeri pugliesi - analizza Carlo Valdes, business development manager di Talents Venture - negli ultimi dieci anni è sicuramente positiva. Con il report abbiamo voluto far emergere una tendenza recente degli studenti universitari a guardare fuori dai grandi e soliti centri urbani di riferimento. Questo avviene un po’ in tutta Italia ed ecco spiegato anche il dato pugliese». Per Valdes «non si tratta di una fuga dai grandi atenei, ma è sicuramente la riscoperta dei piccoli e medi centri del Mezzogiorno». Quelli che, però, rischiano di più per il calo demografico e per l’emigrazione. Intanto la “provincia” sorride, almeno per ora.