L'analisi/Recovery, l'equilibrio che manca sul fronte delle pensioni

L'analisi/Recovery, l'equilibrio che manca sul fronte delle pensioni
di Enrico DEL COLLE
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Giovedì 13 Maggio 2021, 05:00

Quando nel 1950 John Nash, una delle menti matematiche più brillanti del secolo scorso, presentò la prima formulazione della sua Teoria dell’equilibrio – che gli consentì di vincere il premio Nobel per l’Economia (1994) – non immaginava quanta forza applicativa avrebbe avuto la sua Teoria in ambito economico. 
Infatti, l’equilibrio di Nash - così viene comunemente citato - ha influenzato in misura significativa il commercio mondiale e il mondo del lavoro e può essere così sintetizzato: quando la soluzione di un problema dipende dall’agire di più operatori, l’equilibrio di Nash si raggiunge allorché ciascun operatore fa ciò che è meglio per sé e per gli altri; se invece prova ad avvantaggiarsi modificando soltanto la propria strategia, l’equilibrio si altera e qualcuno perde. 
Questo semplificato riferimento all’impostazione teorica di Nash ci porta a riflettere sul suo principio base, ovvero la ricerca di un’azione equilibrata che possa soddisfare le aspettative dei destinatari di un progetto e/o di una riforma. La questione ora posta appare prodromica per il nostro Paese dove le alterazioni e le disparità esistenti tra i diversi territori, settori e categorie della società sono profonde e necessitano di interventi guidati da un forte senso di stabilità. Ebbene, ora abbiamo una grande occasione, forse irripetibile, per portare il Paese su equilibri più “avanzati” di modernità e sostenibilità, operando in quei contesti contrassegnati da evidenti ritardi e dissomiglianze; stiamo parlando dei fondi del Next Generation Eu, di cui il Piano nazionale di ripresa e resilienza ne rappresenta lo strumento esecutivo.
Sfogliando le (tante) pagine del Piano ci sembra di constatare come i presupposti normativi, economici e finanziari per avviare una crescita equilibrata ci siano tutti; prendiamo ad esempio il capitolo Salute: ricordando che l’Italia spendeva prima della pandemia circa 120 miliardi, il 7% del Pil, per la Sanità (8% la media dell’Eurozona, fonte Eurostat), il Piano prevede, tramite una spesa di 15,6 miliardi, di riequilibrare i divari presenti nei diversi territori in termini di erogazione dei servizi (assistenziali e di prevenzione) e di scarsa integrazione tra sevizi ospedalieri e territoriali. Tali risultati potranno essere conseguiti mediante il potenziamento dei presidi territoriali per l’assistenza sanitaria e l’ammodernamento del Sistema sanitario (attraverso ricerca innovativa e digitalizzazione); anche per il capitolo Istruzione e Ricerca – al quale vengono destinati 30,88 miliardi – il riequilibrio dovrà avvenire mediante il consolidamento dell’offerta formativa, il rafforzamento delle infrastrutture e degli strumenti tecnologici per la didattica e una decisa spinta verso un’idea di ricerca basata su modelli innovativi, in grado di trasferire i risultati al sistema produttivo. Analoga argomentazione può valere per gli altri capitoli del Piano (Digitalizzazione, Sostenibilità, Infrastrutture e Inclusione sociale).
Purtroppo, nel Piano non è stata conservata l’attenzione verso gli indispensabili provvedimenti necessari per eliminare quei tratti di squilibrio e incertezza che contraddistinguono il nostro sistema pensionistico il quale, data l’importanza che riveste (oggi spendiamo circa 300 miliardi, il 17% del Pil, fonte Istat), rientra a pieno titolo tra le priorità del Paese da affrontare e risolvere. In che modo? Il finanziamento delle pensioni avviene mediante versamenti annuali di contributi (da parte dei lavoratori e dei datori), con i quali si erogano le prestazioni pensionistiche dello stesso anno attraverso un calcolo basato sui contributi; con questa regola è fondamentale mantenere un equilibrio tra versamenti e prestazioni e i meccanismi normativi regolatori devono perseguire questo obiettivo. 
Qualsiasi provvedimento che muova in direzione contraria (anticipo dell’età alla pensione senza “intaccare” proporzionalmente l’assegno pensionistico oppure in pensione con un numero di anni di contribuzione prescindendo dall’età o opzioni simili, salvo casi particolari), rischia di alterare l’equilibrio con pesanti effetti sulla spesa pubblica (con accumulo di debito) e sull’equità intergenerazionale.

Forse anche qui è giunto il momento di “rispolverare” l’equilibrio di Nash! 

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