L'allarme dei sindacati: «Mamme costrette a rinunciare al lavoro»

L'allarme dei sindacati: «Mamme costrette a rinunciare al lavoro»
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Martedì 21 Maggio 2019, 09:10
«Pochi asili e le rette sono alte». Stringe il cerchio Fiorella Fischetti, segretaria provinciale della Fp Cgil e coordinatrice delle donne Cgil Lecce, sul meccanismo di causa effetto che rende difficile l'inserimento delle donne nel mercato del lavoro e non solo per la carenza degli asili nido e i pochi che ci sono nel 60% privati, con rette che si aggirano intorno ai 400 euro.
«Quella carenza è parte del problema afferma Fischetti , ma direi che è la funzione di cura che grava sulle donne e rende più difficile l'inserimento lavorativo. Non riguarda solo i figli, ma anche gli anziani e i diversamente abili. Sta di fatto che dai 25 ai 34 anni, 3 salentine su 10 non lavorano, lo certifica l'Istat. La fascia d'età è stata presa in esame da Openpolis per valutare quanto incida la scarsezza di asili nido e servizi per l'infanzia nel basso tasso di occupazione. Non va meglio a livello nazionale, ma certo più si scende al Sud e maggiore è il tasso di disoccupazione. Rimane il fatto che la media europea di occupazione femminile è del 66,5 per cento (per le donne tra i 20 e i 64 anni), mentre quella italiana è del 52,5 per cento. Openpolis analizza, poi, il divario occupazionale tra uomini e donne, con almeno un figlio, nella fascia d'età 20/49 anni. L'83,6 per cento degli uomini lavora, le donne devono accontentarsi del 55,5 per cento. E questo divario del 28,1 per cento qualcosa vorrà dire. Va detto che il Consiglio d'Europa di Barcellona del marzo 1992 ha stabilito, ottimisticamente, che entro il 2010, i servizi per l'infanzia dovevano coprire una platea di almeno il 90 per cento dei bambini fra 3 anni e 6 anni, mentre per quelli sotto i 3 dovevano esserci strutture capaci di accogliere almeno il 33 per cento dei più piccini.
«L'offerta è sbilanciata afferma Fischetti perché gli asili nido sono pochi e nella maggior parte dei casi a gestione privata. Gli asili non hanno valenza solo per il lavoro delle donne in primo luogo, ma della famiglia in generale. Anche nei casi sporadici di padri single, l'asilo nido è fondamentale. Ecco perché parlo di esigenza della famiglia. Le donne assolvono al lavoro di cura, quasi mai gli uomini se ne occupano, e non viene messo a valore, ma è molto importante e di quanto valga ce ne rendiamo conto quando dobbiamo servirci dei servizi pagando il dovuto». Openpolis tira le somme: «Parallelamente, le regioni con meno occupate coincidono con quelle dove i servizi per la prima infanzia sono meno sviluppati: Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. E scendendo a livello locale, nelle province, si nota una sovrapposizione tra le aree del paese dove meno donne partecipano al mercato del lavoro e quelle dove ci sono meno asili». Questo il punto. E Fischetti sottolinea che: «Nel privato le donne sono fortemente penalizzate dalla tipologia di organizzazione del lavoro. Il lavoro femminile, nel privato, è più facilmente ricattabile che nel pubblico, come nel caso di maternità o di orari, ma sono penalizzate anche sulla retribuzione. Per privato intendo in senso largo qualsiasi tipo di azienda, che in più ha una organizzazione del lavoro modulata sul modello maschile. Stare sino a tardi al lavoro per finire di fare qualcosa è pensabile, per come siamo strutturati al momento, più facilmente per un uomo che non per una donna. Non bisogna dimenticare che se una donna lavora, deve occuparsi anche delle incombenze di casa. Qualche uomo lo fa, ma sono pochi. Per questo penso che serva un cambiamento culturale per riequilibrare l'impegno verso il lavoro di cura in modo che sia distribuito equamente tra l'uomo e la donna». E Fischetti chiude con una sottolineatura: «Le giovani donne sono molto preparate: si diplomano, si laureano, forse sono più competenti anche dei colleghi. Però questa competenza non sempre riescono a tradurla in progetti di lavoro o di inserimento lavorativo».
M.Mon.
 
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