Parla il superstite: «Nessuna lite, io e Franco investiti senza alcun motivo»

Ugo Romano
Ugo Romano
di Alessandro CELLINI
2 Minuti di Lettura
Domenica 24 Gennaio 2016, 09:26 - Ultimo aggiornamento: 11:52
LECCE - È tornato ieri mattina a casa Ugo Romano, il ciclista 62enne che venerdì era insieme con Franco Amati, e che ha visto morire l’amico proprio davanti ai propri occhi. Al “Vito Fazzi” è stato medicato e sottoposto a una serie di esami per scongiurare problemi più gravi. Avrà bisogno di tempo per riprendersi. Ma dopo, c’è da immaginarlo, tornerà in sella a una bicicletta. Per il momento però le drammatiche immagini di quella tragedia sono ancora nei suoi occhi. «Lo chiamavo, dicevo “Franco, Franco”, ma lui non mi rispondeva. Dopo qualche secondo mi sono accorto che era morto».

Signor Romano, cosa ricorda di quel pomeriggio?
«Avevamo appena passato Torre Rinalda. Su quella strada ci sono due segnali di stop: al secondo abbiamo visto una macchina che stava uscendo da una strada laterale. Era davanti a noi, io ho detto a Franco - che era davanti a me - di stare attento perché forse non ci aveva visto. Ma comunque eravamo distanti un centinaio di metri. Si è immesso sulla strada e ha continuato davanti a noi. Non c’è stato nessun litigio, niente di niente. Lui sbandava. “Sarà ubriaco”, ho detto al mio amico. E in effetti aveva un comportamento strano».

Cosa faceva?
«Si è fermato per tre volte, e ogni volta è ripartito. Poi a un certo punto non lo abbiamo visto più, era sparito. Noi abbiamo proseguito, ma improvvisamente lo abbiamo visto di nuovo. Aveva fatto inversione e stava venendo verso di noi. Appena ci ha visti, invece di tenere la destra, si è buttato a sinistra volontariamente, per investirci. Franco era davanti, ed è stato preso in pieno. Io mi sono ritrovato a terra, con un calore violento sul volto e un dolore al petto e alla gamba, non so se sono stato colpito dalla bici o dalla macchina. Non lo ricordo».

Il suo amico, invece, è stato preso in pieno e scaraventato fuori strada.
«Sì, l’ho trovato per terra, l’ho chiamato. “Franco, Franco”, urlavo. C’erano due contadini che sono venuti ad aiutarmi, ho chiesto di portare un po’ d’acqua mentre lo schiaffeggiavo sul viso. Poi mi sono accorto che era morto, che non c’era più niente da fare».

Che ricordo ha di Franco Amati?
«Era insostituibile, disponibile con tutti, ti dava sempre una mano o un consiglio, oppure ti diceva no direttamente, senza giri di parole. Ci conoscevamo da tanti anni. E venerdì mattina eravamo usciti come tante altre volte per fare un giro più breve del solito. Quella strada la conoscevamo bene».
© RIPRODUZIONE RISERVATA