L'alta moda è di lusso: viaggio nel polo del Tac che ha cambiato volto

L'alta moda è di lusso: viaggio nel polo del Tac che ha cambiato volto
di Pierpaolo SPADA
5 Minuti di Lettura
Sabato 16 Settembre 2023, 07:22 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 18:57

Se fosse una grande luminaria, in questo momento, avrebbe qualche lampadina spenta, eppure ciò non basterebbe comunque a ridurne l'impatto luminoso e, segretamente, onirico. L'industria del luxury fashion in Puglia resta indiscutibile fonte di business, speranza e anche tendenza. Quella più stravagante, che contamina.
Lo "switch" è avvenuto quasi quindici anni fa, dal Salento, dettando il cambio di passo a interi territori e alle rispettive economie, con riflessi sociali molto apprezzabili. Varia la forma del prodotto, la qualità. Varia dunque anche il contenuto che un capo, una calzatura o una borsa veicolano, come pure l'aspetto dei luoghi che ne accolgono la realizzazione. Camici bianchi, tecnologie - anche visivamente - performanti. E, poi, i giardini intorno ai capannoni, sempre più alti, sempre più ariosi, accoglienti, con uffici stile che sembrano atelier, sebbene i neon la facciano ancora molto spesso da padroni.

Come cambiano le fabbriche


Le fabbriche della moda in questo lembo estremo di Sud Italia si presentano oggi così. Con i loro manager in t-shirt e sneakers (quelle che producono) che, a bordo di super suv, si muovono da un sito all'altro dei propri poli produttivi durante l'arco della giornata. Il lusso ha sradicato il vecchio modo di fare e intendere l'industria, almeno in prevalenza.

Laddove resistono sacche di "old style", per così dire, anche i volti si mostrano più grigi. Il lusso ha indotto il restyling della filiera, ma anche di chi la governa, grazie all'obbligato assorbimento in loco di manodopera giovanissima, che è davvero difficile scorgere in piedi su calzature anti-infortunistica. D'altro canto, ai macchinari oggi gli operai parlano, attraverso tastiere o comandi vocali. Non si fa più, insomma, a braccio di ferro con pesanti e oleose leve. Oggi gli operai sono tecnici che, sì, cuciono, assemblano e decorano ma sanno anche monitorare da remoto la realizzazione di un prodotto. E grazie a software di livello possono disporre su un capo di abbigliamento anche milioni di strasse "swarovsky" senza toccarne nemmeno uno con le proprie mani.

Fin dove le persone servono, gli ambienti sono dotati anche di servizi. Ma esistono già interi capannoni in cui tecnici e operai transitano soltanto per scrupolo. Sono quelli in cui le tecnologie lavorano da sole. Bracci robotici possono decorare per giorni, senza interruzioni, migliaia di capi senza la minima intromissione umana che, alla tecnologia, detta solo fantasia, misure e velocità con cui realizzare l'opera. Da Giappone, Cina, Germania ma ora anche Italia: c'è chi realizza cappelli su misura per conto dei grandi brand su stampi straordinari e macchine per la pressa da milioni di euro. I brand del lusso hanno strutturato in Puglia la loro "luxury valley" con punte di eccellenza nel distretto del Salento che, nell'ultimo decennio, si è contraddistinto soprattutto per la crescita del segmento calzaturiero sotto il nome di imprenditori - come Filograna Sergio, Zonno, Casarano e Abaterusso, per citare quelli che oggi mettono insieme i numeri più rilevanti - "figli" della vecchia industria.

La visita del numero uno di LVMH, Bernard Arnault, martedì scorsi negli stabilimenti di Antonio Filograna Sergio ha reso onore allo sforzo compiuto sì dall'imprenditore di Casarano ma, in fondo, da tutto il sistema territoriale che ha concorso alla rinascita di un polo calzaturiero di tali dimensioni. Delegazioni internazionali sono costantemente nelle aziende del lusso pugliese, nel Salento come nel martinese e altri bacini di Puglia, dove è assai più sviluppata un'industria con i marchi di famiglia. E Tagliatore n'è testimone, per la produzione di capispalla. Parallelamente, tale tendenza genera quella sempre più assidua all'organizzazione di eventi (le sfilate). Ma non solo.

L'evoluzione del lusso


Al lusso, si sta devolvendo proprio il modo di vivere la Puglia. Il riferimento non è tanto agli investimenti diretti dei brand nel turismo, quanto piuttosto al turismo puramente inteso che - trascinato da investimenti spesso extraregionali - vuol essere sempre più alla portata di una clientela che di lusso viva. Uno status. Col lusso la Puglia prova a porsi e al centro del mondo. Ma è davvero tutto oro quel che al suo interno luccica? Si sa, sono le luci a creare le ombre. Ed è spesso il raggiungimento del massimo grado di esposizione che costringe al passo indietro. E come tutte le filiere - ma forse con meno intensità di altre - anche quella del luxury fashion, a livello globale, sta scontando l'impatto di dinamiche che ancorché esterne sono individuabili proprio tra le sue "mura". Dopo decenni di navigazione, molte case di moda stanno cambiando "guida", stilisti, organizzazione. E, abbinata alle pur incidenti dinamiche di mercato che influenzano i consumi, è proprio tale operazione di riassetto che da quasi due anni sta di fatto generando a catena un rallentamento con riflessi visibili anche sulla filiera locale. Con conseguenze in certi casi anche profonde ma, che - si affannano a ripetere analisti e imprenditori -, dovrebbero presto cedere il passo a quelle, assai più entusiastiche, della definitiva ripresa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA