Caso Otranto, Cariddi scarcerato per errore, la procura impugna: «Deve tornare ai domiciliari»

Caso Otranto, Cariddi scarcerato per errore, la procura impugna: «Deve tornare ai domiciliari»
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 4 Gennaio 2023, 20:09 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 22:00

«Nullo il provvedimento» che ha provocato l’impasse, ossia quello che ha concesso «per sbaglio» la libertà all’ex sindaco di Otranto, Pierpaolo Cariddi. Lo sostiene la procura di Lecce che ha prontamente impugnato l’ordinanza del gip con cui «per un mero errore materiale», era stato poi specificato, era stata sostituita la misura con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’appello cautelare porta la firma del procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e del pm Giorgia Villa che hanno indagato e chiuso l’inchiesta sul presunto sistema Otranto, un giro di favori in cambio di consenso elettorale incentrato sulle figure di Luciano e Pierpaolo Cariddi.

Cosa è successo


Il primo si trova ancora ai domiciliari, in virtù di un’ordinanza di rigetto dell’istanza degli avvocati Michele Laforgia e Viola Messa, presentata dopo la scarcerazione a sorpresa di Pierpaolo, giunta a fronte di una richiesta di trasferimento del domicilio avanzata dai legali Alessandro Dello Russo e Gianluca D’Oria. Indubbio il groviglio di atti e di conseguenze. Il gip, Cinzia Vergine nel dire “no” a Luciano Cariddi ha chiarito l’equivoco: «mero errore materiale» dovuto a «disattenzione» il via libera per Pierpaolo. E la procura ha impugnato, senza fare alcun cenno all’errore ma rilevando una questione formale: la libertà è stata concessa senza il parere della procura: «Il gip - si legge nell’atto di appello che prelude alla fissazione dell’udienza dinanzi al Riesame - ha revocato la misura degli arresti domiciliari, concessa in sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, senza previamente acquisire l’obbligatorio parere del pubblico ministero». 

La svista


Quindi la ricostruzione, senza calcare assolutamente la mano sulla svista: «Ed invero, il 28 dicembre, i difensori dell’indagato Pierpaolo Cariddi, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari il 22 dicembre in sostituzione della custodia cautelare in carcere, hanno presentato istanza di autorizzazione al trasferimento del proprio domicilio». In sostanza Pierpaolo Cariddi si è ritrovato a ottenere i domiciliari quando era ancora sottoposto a divieto di dimora a Otranto in un altro procedimento, quello che è convenzionalmente conosciuto come “Re Artù” e che si occupa di sanità, favori, assunzioni e lidi. Aveva quindi indicato come domicilio una abitazione a Maglie. Revocato il divieto, ha semplicemente chiesto, per il tramite dei suoi avvocati di rientrare a casa. A Otranto. 
«I pubblici ministeri - spiegano il procuratore aggiunto e la pm - hanno espresso parere favorevole sulla predetta istanza, avente a oggetto esclusivamente il mutamento del domicilio». Non una concessione in più, insomma. 
Del resto, nulla di diverso era stato richiesto. «Con provvedimento del 30 dicembre - prosegue - il gip ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre volte alla settimana con la seguente motivazione: rilevato che l’evoluzione procedimentale e le parallele vicende nell’ambito di altro procedimento penale, insieme con quelle relative alla attività amministrativa e professionale dell’indagato impongano una rivalutazione, in concreto, delle esigenze cautelari che possono considerarsi quasi scemate, sostituisce la misura in atto». 


Nulla da dire, per gli appellanti se non che: «Tale provvedimento veniva pertanto adottato senza che sul punto vi fosse istanza di parte». Viene sottolineata altresì la «illogicità» della motivazione del gip, e dei due provvedimenti (uno per Luciano e l’altro per Pierpaolo) adottati in presenza di presupposti identici. E per cui, se avesse potuto, quindi, la procura avrebbe espresso parere negativo, avendolo fatto riguardo alla posizione di Luciano, ritenendo per lui ancora sussistenti le esigenze cautelari, ossia il rischio di prosecuzione «dell’intreccio di legami - si legge - familiari, strategie professionali e militanze politiche». 
Ora si attende la fissazione dell’udienza dinanzi al Tribunale del Riesame. Tuttavia, qualora dovesse essere accolto l’appello della Procura, non vi sarebbero effetti immediati per Pierpaolo Cariddi. Dovessero gli avvocati impugnare a loro volta, si dovrà attendere il pronunciamento della Cassazione prima che qualsiasi decisione possa essere esecutiva. E i tempi, come è noto, sono lunghi. L’inchiesta, che coinvolte in tutto 60 indagati, è stata chiusa prima di Natale. Ed è già scattato il count down di venti giorni perché le persone coinvolte possano chiedere interrogatorio o presentare memorie. 
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