«Badge strisciato alla collega assente»: condannate in due

«Badge strisciato alla collega assente»: condannate in due
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Venerdì 4 Giugno 2021, 22:09 - Ultimo aggiornamento: 5 Giugno, 14:54

Due ore e 36 minuti di assenza dall’ospedale di Campi Salentina sono costate a due infermiere la condanna ad un anno ed un mese di reclusione a testa, nonché il pagamento di una multa di 550 euro. Truffa ai danni della Asl, l’accusa. Assenteismo, in altre parole.

Il processo


Lo ha stabilito il giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce, Valeria Fedele, condannando Addolorata Giannotta e Patrizia Vetrugno, 48 anni entrambe, di Salice la prima e di Novoli la seconda. È stata accolta la tesi dell’inchiesta condotta dal pubblico ministero della Procura di Lecce, Francesca Miglietta, con i carabinieri del Nas: la Vetrugno avrebbe strisciato il badge della Giannotte per consentirle di effettuare una visita a domiciliati durante l’orario di servizio in ospedale. Tesi che gli avvocati difensori Francesco Tobia Caputo e Luigi Covella impugneranno nel processo di appello: i ricorsi saranno presentati nei prossimi giorni poiché le motivazioni sono state depositate contestualmente alla sentenza.

La condanna 


Intanto il processo di primo grado ha condannato le due infermiere per un danno alla Asl (parte civile con l’avvocato Alfredo Cacciapaglia, le imputate sono state condannate anche a risarcire l’ente) quantificato in 44 euro e 23 centesimi: cioè la quota di stipendio che la Giannotte avrebbe percepito pur essendosi assentata.

I fatti 


La giornata al centro dell’inchiesta è quella del 2 settembre 2013: alle 7.24 la Giannotte risultò in servizio nell’ospedale di Campi Salentina ma solo perché - questa la tesi dell’accusa avallata dal processo - la collega Vetrugno avrebbe strisciato il suo badge nel dispositivo marcatempo in uso negli uffici pubblici.

Il rientro sarebbe avvenuto attorno alle 10 ed in quelle oltre due ore e mezzo la Giannotte avrebbe eseguito una visita a domicilio a casa di un paziente di Guagnano. Il paziente venne sentito dai carabinieri del Nas come anche la stessa infermiera che si era allontanata dal posto di lavoro: sostenne di avere avuto una urgenza familiare. Il processo di primo grado ha raccontato un’altra storia, l’ultima parola spetterà alla Cassazione.

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