Furbetti del cartellino in corsia: rischio processo per 33 imputati, tra medici e infermieri

Furbetti del cartellino in corsia: rischio processo per 33 imputati, tra medici e infermieri
di Alfonso SPAGNULO
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Domenica 26 Settembre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 10:13

FASANO - Presunti furbetti del cartellino all’ospedale “San Giacomo” di Monopoli: l’udienza preliminare sarà celebrata dinanzi al gup del Tribunale di Bari, Maria Teresa Romita, il 21 ottobre prossimo. Tra gli operatori sanitari che all’epoca furono raggiunti da provvedimenti cautelari e che ora rischiano di finire sotto processo ci sono tre fasanesi. Si tratta di un’infermiera, un medico e un autista di ambulanza. Con ogni probabilità, in sede di udienza preliminare, le strade degli indagati sono destinate a dividersi: a seconda delle posizioni dei loro assistiti i difensori faranno scelte diverse tra dibattimento e riti alternativi. 
I carabinieri hanno portato alla luce un vero e proprio “sistema” di diffuso assenteismo all’ospedale di Monopoli. A conclusione di un certosino lavoro di indagine, che si è sostanziato soprattutto in servizi di appostamento e pedinamento dei dipendenti che erano soliti strisciare il badge (in modo da registrare la loro presenza sul posto di lavoro) per poi lasciare l’ospedale per occuparsi di faccende personali (gli accertamenti documentarono che gli indagati uscivano per andare a fare shopping o commissioni all’ufficio postale, pause caffè e gite nelle case al mare), la Procura, concordando con le conclusioni a cui sono pervenuti i militari dell’Arma, chiese e ottenne, nel luglio del 2019, l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di 13 persone e provvedimenti di obbligo di dimora nei confronti di 20 dipendenti. 

Gli imputati

Tra i coinvolti c’erano 18 medici tra cui 7 primari. Medici, infermieri e operatori sono indagati, a vario titolo, per concorso in truffa aggravata ai danni dello Stato commessa in violazione dei doveri inerenti un pubblico servizio, false attestazioni e certificazioni sulla propria presenza in servizio commesse da dipendente della pubblica amministrazione, falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico e peculato (quest’ultima ipotesi di reato è contestata ai tre autisti di ambulanza indagati). Nelle settimane successive la Asl di Bari licenziò 13 dei dipendenti infedeli. Questi ultimi si sono comunque rivolti tutti al Tribunale del Lavoro per far invalidare il provvedimento ma questa è un’altra storia. L’indagine è nata da segnalazioni giunte ai carabinieri di Monopoli da parte di cittadini che lamentavano disservizi in ospedale. Gli accertamenti hanno consentito di ricostruire le modalità con le quali gli indagati si assentavano fino ad alcune ore, grazie a false registrazioni dell’entrata e dell’uscita, facendo cioè timbrare il proprio cartellino a familiari, colleghi o conoscenti.
In alcuni casi giustificavano, con false dichiarazioni, la mancata registrazione per “avaria della scheda, dimenticanza smarrimento”. A tre autisti di ambulanza, tra cui un fasanese, arrestati è contestato il reato di peculato per aver utilizzato i mezzi di servizio “per fini diversi da quelli istituzionali”.

In quattro mesi, stando alle accuse che vengono contestate dal magistrato inquirente al personale sanitario indagato, sono state sottratte 660 ore di servizio in totale. Il prossimo 21 ottobre medici, infermieri e operatori sanitari conosceranno il loro destino processuale. 

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