Quella voce di Filippeschi
che a Lecce stregò l'Apollo

di Michele LAGROTTA
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Domenica 30 Gennaio 2011, 20:16 - Ultimo aggiornamento: 20:18
Sul Quotidiano del 20 gennaio ho letto con vero entusiasmo, gli articoli del bravo Eraldo Martucci - sulla stagione lirica, che in questi giorni entra in scena (si fa per dire) al glorioso teatro di tradizione Politeama Greco di Lecce. Anch’io, ho comprato un biglietto di loggione, come fanno i melomani, per la prima del Trovatore di Verdi.


Il vostro critico teatrale, proprio nel primo articolo "Il coraggio di amare", dopo aver fatto una breve descrizione delle tre opere in cartellone, cioè Fanciulla del West di Puccini - Don Pasquale di Donizzetti e il Trovatore di Giuseppe Verdi, alla fine del suo scrivere ha ricordato le numerosissime rappresentazioni di quest’opera, a Lecce a partire da quella del 1858 - del 1901, all’altra del 1945 al teatro Apollo con Maria Caniglia e Beniamino Gigli e finalmente a quella del 1958, con un celebre tenore di quel tempo, cioè Mario Filippeschi.



Proprio di questo grande artista vorrei dire qualcosa in quanto testimone diretto. Io ho avuto l’onore di conoscere “de visu” Mario Filippeschi - egli era già stato a Lecce, nella stagione lirica 1948/49, sempre al teatro Apollo, dove debuttò in Bohème con la Pederzini, un successo esaltante, dopo il famoso do di petto di “che gelida manina” - ed io ero in scena con lui, ma nelle voci bianche a cantare “... ecco i giocattoli di Parpignol” - non lo posso dimenticare. Filippeschi era un bell’uomo, un fiorentino doc e il soprano se lo mangiava con gli occhi, ed in scena si baciavano veramente.



Voce possente, da lirico spinto, colore bellissimo, caldo morbido, timbro che ricordava Lauri Volpi altra celebrità di quell’epoca, che a Lecce, guarda caso, cantò, proprio, la Fanciulla del West. Ma la carriera artistica di Mario Filippeschi, ebbe le più clamorose affermazioni in America del Sud, Argentina, Cile, Brasile, Uruguai ecc., ecc., ove si esibivano i più noti e famosi cantanti spagnoli, poi è ritornato in Italia, dopo i grandi successi al Covent-Garden di Londra, proprio in Trovatore e Un ballo in maschera.



Lo ricordo sempre con grande emozione, perché su di lui ho fatto delle ricerche, ma come spesso accade la storia dei cantanti di musica lirica, si limita a ricordare i grandi del melodramma italiano, con ridotte recensioni sui giornali e poche incisioni, giacchè stiamo parlando di gente che è vissuta ed ha concluso la propria carriera artistica negli anni cinquanta del secolo scorso, quando la tecnologia del suono non disponeva di mezzi adeguati e sofisticati come gli attuali, allora com’è noto incidevano le romanze più conosciute ed amate dal pubblico su dischi a 78 giri in vinile, ed erano in pochi ad acquistare quel tipo di musica! Filippeschi a parere del sottoscritto (non voglio fare il critico) rimane uno dei più grandi tenori nel firmamento della musica lirica italiana e certamente un campione nella emissione delle note acute, come nella romanza “Di quella pira”.
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