L'autonomia/ Viesti: «Se passa la riforma ci sarà un'altra Italia»

L'autonomia/ Viesti: «Se passa la riforma ci sarà un'altra Italia»
di Alessio PIGNATELLI
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Mercoledì 20 Settembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Settembre, 19:58

«In questo momento siamo in una fase difficile da leggere ma potenzialmente pericolosa. L’autonomia differenziata potrebbe concretizzarsi abbastanza silenziosamente». Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata presso l’Università di Bari, negli ultimi anni ha partecipato da protagonista alla discussione pubblica italiana su molti temi, dal federalismo all’università. Fino, appunto, al progetto di autonomia differenziata “bocciato” dall’economista sin dai primi passaggi.


Professore, intravede qualche crepa nel percorso dell’autonomia? Per esempio, ci sono state le dimissioni di quattro membri in estate all’interno del comitato per i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni.
«Le prese di posizione sono state molto importanti e preoccupate. E sono arrivate da Commissione europea, Banca d’Italia, Ufficio parlamentare di bilancio e Servizio studi del Senato. Sicuramente non è una passeggiata ma il discorso ora è tutto politico: bisogna capire se Forza Italia e Fratelli d’Italia siano disposti a cedere alla Lega su questo provvedimento. Purtroppo la discussione non è nel merito. E se mi chiede che possibilità ci sia che venga approvata, le dico che dipende tutto dalle dinamiche strettamente politiche all’interno della maggioranza».


Le chiedo un’altra cosa, allora: il suo libro “Contro la secessione dei ricchi” ha un titolo forte, qualcuno ha detto che chi usa la parola secessione «dice cazzate». Cosa risponde? 
«Facciamo nomi e cognomi.

Il presidente Zaia (governatore della Regione Veneto ndr) ha rilasciato un’intervista a Libero in cui dice che chi parla di secessione non ha studiato e dice cazzate. Il termine secessione è pesante perché quello che c’è in ballo è pesante. Descrive semplicemente quello che potrebbe succedere in base alle richieste dei consigli regionali di Veneto e Lombardia: non sono io a chiedere la proprietà delle autostrade, degli aeroporti, delle risorse idriche, a volere i nove decimi dei gettiti fiscali, tutti i poteri in materia di ambiente e cultura. Io mi limito a valutare che, se queste richieste fossero concesse, l’Italia non sarebbe più la stessa. Ci sarebbero delle Regioni-Stato».


Nel suo libro ci sono due tesi principali: il quadro ricco di conflitti derivato dal decentramento e l’incapacità della politica a risolvere le criticità. Come se ne esce da questo corto circuito?
«Il decentramento è una cosa buona e indispensabile per un paese così diversificato. Solo che va fatto bene. Nel libro provo a spiegare il perché: quello odierno non è soddisfacente per i rapporti tra Stato e Regioni, i Comuni sono emarginati, i meccanismi finanziari non funzionano. Bisognerebbe metterci le mani con tanta pazienza sfuggendo da derive centraliste. E invece non si parla di questi temi ma di richieste estreme dal punto di vista delle competenze e delle risorse. La mia posizione non è affatto conservatrice, le cose non vanno bene così ma vanno cambiate e migliorate in maniera opportuna». 


La segretaria del Pd Schlein ha contestato duramente la riforma ma tra i territori promotori c’è anche l’Emilia Romagna guidata da Bonaccini. Non trova che ci sia un po’ di ipocrisia da parte della politica?
«Le dinamiche politiche sono quelle che sono e con quelle dobbiamo far conto. Io nel libro racconto quello che è successo: la responsabilità principale è del Pd perché quelle richieste formulate nel 2017 sono state portate nel cuore della discussione con il governo Gentiloni. Al tempo stesso, però, oggi sono molto contento di quanto dicano Pd e anche M5s. Facciamo il fuoco con la legna che abbiamo».


Questione meridionale: secondo il costituzionalista Cassese oggi ci sono tre attori impegnati - Stato, Regioni e Unione Europea - e una forte assenza di coordinamento che ha peggiorato le cose. È d’accordo?
«Un paese funziona bene se i diversi livelli collaborano tra loro. Non mi pare il caso dell’Italia e non è solo una questione del Sud. Ma mi lasci dire una cattiveria».


Prego.
«In un’intervista recente Cassese espresse dubbi molto forti sull’autonomia differenziata. Questo però non gli ha impedito poi di diventare presidente della commissione Lep che a mio avviso sta svolgendo un’azione diversiva: porta il dibattito su cose poco rilevanti e non fa discutere di argomenti pregnanti».


Pnrr, lei cita De Gaulle e la necessità di un “vaste programme”: la riformulazione va in quella direzione?
«No, la riformulazione risponde a un’esigenza di potere del governo Meloni. È molto semplice da leggere: avere voce sulle scelte che si fanno, cambiare le regole. È lecito dal punto di vista politico ma non lo condivido. Non siamo un paese in cui dare pieno potere a un ministro significa agevolare le cose».


Professore, lei chiude il libro dicendo che si tratta di disposizioni che possono influenzare il futuro dell’Italia nei decenni a venire. Come lo vede il futuro del Mezzogiorno e dell’Italia?
«Molto aperto. Veniamo da 20 anni di colossale difficoltà, non si può cambiare tutto con la bacchetta magica. Ci vuole pazienza, ci vuole un’attitudine riformatrice e pragmatica. Ma bisogna evitare di peggiorare una situazione già complessa e l’autonomia differenziata farebbe proprio questo».
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