Uccise un suo cliente in studio: in carcere un avvocato 46enne. La confessione: «Mi minacciava per avere denaro»

Uccise un suo cliente in studio: in carcere un avvocato 46enne. La confessione: «Mi minacciava per avere denaro»
di Roberta GRASSI
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Sabato 10 Luglio 2021, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 17:36

L'avvocato Fortunato Calò, di 46 anni, che il 30 marzo 2017 a Oria uccise un suo cliente in studio è stato arrestato e portato ieri in carcere a Firenze dai carabinieri per l'esecuzione della condanna in via definitiva per omicidio volontario. Il provvedimento è maturato dopo che la Cassazione ha rigettato il ricorso. Il legale è ora nel carcere di Sollicciano. Deve scontare 10 anni e 5 mesi di reclusione per l'omicidio. L'uomo era già sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, ma è stato destinatario del provvedimento più restrittivo a seguito del rigetto del ricorso. L'arresto è stato eseguito dai carabinieri della stazione di Legnaia (Firenze).

La vicenda

I fatti risalgono al marzo del 2017, quando l'uomo sparò a un suo cliente, Arnaldo Carluccio, 47enne, di Torre Santa Susanna, all'interno del suo studio legale al culmine di una discussione per un indennizzo su un incidente stradale. L'avvocato confessò l'omicidio, eseguito sparando 15 colpi sul cliente, e spiegò che la vittima gli avrebbe chiesto un anticipo sul risarcimento del danno, soldi attesi dopo un contenzioso civile.

L'avvocato disse che il cliente lo minacciava per avere i soldi. Calò parlò di minacce telefoniche, intimidazioni via sms, richieste insistenti di denaro. Di circa 30mila euro richiesti dal suo cliente a mo’ di anticipo per un vecchio “crash”. Calò riferì di essere terrorizzato da quelle minacce, rivolte anche ai suoi cari.

Da tempo in possesso di un’arma regolarmente registrata, ma con licenza per uso sportivo, il 27 marzo 2017, al rientro da Brindisi dove aveva accompagnato la madre per questioni personali, l’avvocato accettò, su richiesta dello stesso Carluccio, di incontrare il cliente in studio. Prima di raggiungere via Latiano, però, passò da casa e prese l’arma (ragion per cui gli era stata contestata la premeditazione), nascondendola dietro la schiena. Carluccio, invece, era disarmato. Nella stanza dell’avvocato, l’ultimo litigio: Calò estrasse l’arma e scaricò sull’altro l’intero caricatore.

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