Millo si racconta: «Le emozioni per vivere meglio»

Millo si racconta: «Le emozioni per vivere meglio»
di Ennio CIOTTA
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Giovedì 16 Giugno 2016, 12:12
Dopo aver preso parte a diversi festival di arte di strada in tutta Europa, come il Muraliza in Portogallo, Vilnius Street Art in lituano, Heerlen Murales in Olanda, ma anche il Sbagha Bagha in Marocco, Urban Myths in Bielorussia e molti altri, l'artista italiano Francesco Camillo Giorgino, noto come Millo, torna nella sua Mesagne per un progetto di rigenerazione urbana in via Sasso che prevede la realizzazione di ben cinque opere realizzate sui prospetti degli edifici che si affacciano sul nuovo parco nato sul suolo dell'ex campo sportivo della città.
Classe 1979, lascia Mesagne per trasferirsi a Pescara e conseguire la laurea in architettura. Le sue opere hanno rivoluzionato il paesaggio urbano di Torino, Milano, Bologna, Parigi e di molte altre città in giro per il mondo. La sua è idea è quella di realizzare opere pubbliche destinate alla fruizione ed al piacere di tutti. Un nuovo orgoglio per la periferia.
Lei è un artista conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Cosa si prova a tornare nella propria città per realizzare un'opera?
«Le emozioni sono molto contrastanti perché conosco bene i mesagnesi. Se da un lato sono contento perché sto finalmente realizzando un mio lavoro nella mia città dall'altro lato so bene quanto sarà difficile far accettare alcune cose nuove alla gente. Una sorta di ansia da prestazione. Prima ancora di arrivare sapevano già tutti che avrei realizzato questi lavori. Fra le altre cose ho poco tempo a mia disposizione quindi sono costretto a lavorare velocemente. In tutto questo però il calore della gente di tutte le età che si avvicina a curiosare mentre lavoro mi trasmette solo sensazioni positive. Il mio obiettivo, lavorando in strada, è proprio quello di arrivare proprio a tutti. I ragazzi dai venti ai trent'anni li conquisti facilmente con un disegno su un muro perché al momento questa pratica fa tendenza. Bisognerà testare quale sarà la reazione degli anziani abitanti del quartiere quando il mio lavoro sarà finito.
Cosa rappresentano quei lavori?
«Ho simboleggiato graficamente dei proverbi. Si tratta di una mia ricerca personale nel tentativo di collegare fra loro più generazioni anche a livello interattivo. Ho iniziato disegnando un'audiocassetta con una matita che ne riavvolge il nastro. Notai che un bambino chiedeva al padre il significato del disegno. L'emozione del padre nello spiegare al figlio il funzionamento di una cassetta audio riuscì a coinvolgermi. In questo caso riesco già ad immaginare gli anziani che spiegheranno ai bambini il significato dei proverbi. I muri sono cinque, tutti sulla stessa visuale, ed in questa maniera riesco a collegarli fra loro senza problemi, anche a livello concettuale».
In questi ultimi anni sembra quasi che il valore rivoluzionario della street art, spesso illegale e legata a messaggi politici, stia lasciando il posto ad una sorta di lavoro di decorazione urbana, appunto urban art, per progetti in accordo con le istituzioni. Lei come la vede?
«Ognuno è libero di fare quello che si sente di fare. C'è chi va in strada perché gli piace farlo e chi lo fa per coerenza con se stesso “perché se il lavoro non è illegale non è legato alla street art”. Quello che faccio io è un'altra cosa. Il discorso negli ultimi anni si è evoluto tantissimo, sono cambiate molte cose da quando si univa il writing alla street art. C'è chi lo chiama muralismo. Io credo di realizzare delle opere pubbliche e per comodità la chiamo arte urbana. Quando ho la possibilità di scegliere preferisco situazioni come questa di Mesagne: zone povere e quartieri di case popolari da riqualificare. Anche se esistono festival che sono tutt'altro che popolari, tipo il Pow! Wow! festival alle Hawaii, dove sicuramente non si dipinge in zone popolari».
Quanta Puglia c'è nel suo lavoro?
«Credo che di Puglia nel mio lavoro ce ne sia davvero poca. Forse traspare qualcosa dalle atmosfere disegnate e dai personaggi che senza dubbio appartengono al mio background ed alla mia adolescenza. Cerco di prendere ispirazione ovunque. Il mondo che cerco di raccontare con i miei disegni si adatta molto ad ogni possibile situazione. Palazzi, tralicci, strade, finestre, automobili. L'orizzonte della periferia è uguale praticamente ovunque».
Che significa girare il mondo per dipingere sulle pareti?
«Non lo so. Mi sembra di andare ogni tanto in giro a lasciare qualcosa di mio. Questo soprattutto perché non riesco ancora a mettere a fuoco la situazione. Spesso arrivo, inizio subito a lavorare e quando ho finito me ne vado. Poi magari, dopo un paio di mesi, realizzo la cosa».
Progetti futuri?
«Sono continuamente in giro. Appena finirò questo lavoro andrò in Portogallo, subito dopo sarò ospite a un festival in Norvegia, poi in Ucraina per poi tornare nuovamente in Cina. Le mie vacanze salentine solitamente me le concedo nel mese di novembre oppure a Natale».
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