Una mandibola di orso delle caverne ritrovata in contrada Monte Pizzuto a Ceglie

Una mandibola di orso delle caverne ritrovata in contrada Monte Pizzuto a Ceglie
di Oronzo MARTUCCI
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Venerdì 21 Gennaio 2022, 14:43 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 13:58

Ceglie Messapica è nota per essere la città della gastronomia di qualità, ma anche delle grotte. Sul suo territorio sono presenti 55 grotte naturali accatastate che rappresentano un'area carsica e speleologica di grande valore. Una scoperta effettuata nei giorni scorsi dal gruppo Speleocem, presieduto da Vito Amico, ha rilanciato e rafforzato il valore dell'area.

La scoperta degli speleologi

Infatti grazie alla passione e all'impegno del gruppo e con il coinvolgimento di Silvio Laddomada (presidente del gruppo speleologico Alto Salento) Antonio Conserva, Rocco Castrì, Giovanni Amico e Martina Amico e Nicola Marinosci, sono stati ritrovati in una grotta in contrada Monte Pizzuto, e portate alla luce ossa di grandi animali, carnivori preistorici risalenti a periodi pleistocenici medio-superiori. Il geologo Eugenio Casavola, ispettore onorario della soprintendenza archeologica, in una intervista rilasciata al direttore del quotidiano on line Affaritaliani, Angelo Maria Perrino, ha fatto riferimento al rinvenimento di «progenitori dell'attuale fauna: progenitori del cavallo, del bue, del lupo, della volpe e del tasso. E la chicca: una intera mandibola eccezionale di orso delle caverne con un canino della misura di 35 millimetri, due premolari e un molare. Tutto materiale risalente presumibilmente a 50mila anni fa. Finora dell'orso si erano rinvenuti solo dei denti isolati».


Nel corso di una esplorazione, finalizzata al rilievo topografico e speleologico della cavità di contrada Monte Pizzuto, nei pressi di masseria Monaci, per effettuare l'accatastamento speleologico regionale, effettuata dal Centro Speleologico Alto Salento e dal gruppo Speleocem, sono state raccolte in superficie grandi ossa animali, in massima parte ricoperte da concrezioni calcitiche nerastre, alcuni denti, un cranio ed una parte di mandibola, anch'essa ricoperta di terra rossastra. Il materiale cosi recuperato e custodito nella sede dello Speleocem è stato esaminato dall'ispettore onorario della soprintendenza archeologica, Eugenio Casavola, paleontologo, il quale ha avuto espressioni di lode per il gruppo speleologico che con le sue ricerche ha arricchito il territorio di Ceglie Messapica.
Il ritrovamento è stato segnalato da Casavola al funzionario della Soprintendenza archeologica di Taranto, Annalisa Biffino, per le consequenziali attività di tutela e valorizzazione da parte dell'Ufficio.


Il Gruppo Speleocem, ponendoli a disposizione della collettività, auspica la tutela e conservazione dei reperti rinvenuti nell'abitato di Ceglie Messapica con adeguata esposizione, nel Centro di documentazione o nella grotta di Montevicoli o presso altra struttura. «Penso che sia un dovere morale porre in essere ogni iniziativa che permetta la valorizzazione dei reperti rinvenuti e segnalati da Amico e Casavola e di altri recuperati nel corso degli anni, così da sostenere la nascita di un turismo archeologico collegato alle grotte», sottolinea Angelo Maria Perrino, il quale segue da tempo con interesse e sostiene tutte le iniziative che possano portare ricchezza al territorio. «Non possiamo permettere che reperti di così grande valore finiscano in qualche deposito della Soprintendenza.

Sarebbe uno sfregio al territorio e alle sue ricchezze nascoste, che invece andrebbero ancor più scoperte e valorizzate con progetti, investimenti e mostre capaci di portare un valore aggiunto all'intero territorio», aggiunge Perrino.


Eugenio Casavola nella nota inviata alla Soprintendenza archeologica all'inizio di gennaio 2022 ha sottolineato il grande valore della scoperta. Nelle intervista rilasciata al direttore di Affaritaliani, lo stesso Casavola ha ribadito l'eccezionalità del rinvenimento, soprattutto per quanto riguarda la mandibola dell'orso, spiegando che «nei periodi preistorici nella zona vivevano insieme cacciatori e grandi predatori animali. I cacciatori, dopo aver ucciso gli animali ne estraevano il midollo che veniva utilizzato sia per l'alimentazione che per la preparazione di pigmenti utili a creare dei colori». L'impegno e la dedizione dei volontari portano alla luce anno dopo anno straordinari beni nascosti del territorio, tesori che ne raccontano la vita nella preistoria. Ora tocca a chi ha responsabilità pubbliche evitare che quelle scoperte di eccezionale valore finiscano in qualche sotterraneo e vengano dimenticate.
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