Lavoro e vertenze, dalla decarbonizzazione alla chimica: 2024 decisivo per evitare la desertificazione

La centrale Enel "Federico II"
La centrale Enel "Federico II"
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Martedì 2 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:06

«L’indicatore più significativo riguardo alla situazione di questo territorio è quello relativo allo tsunami demografico. Sempre di più la gente va via e se non si inverte la rotta si rischia di precipitare nel baratro della desertificazione». Per questo, per il segretario generale della Cgil di Brindisi Antonio Macchia il 2024 dovrà essere un anno di attenzione innanzitutto ai temi della decarbonizzazione e della transizione ecologica, per evitare ulteriori “emorragie” demografiche, senza dimenticare tutte le altre vertenze che mettono a rischio, complessivamente, altre centinaia di lavoratori.

Le conseguenze dell'addio al carbone

Le vertenze più importanti, infatti, sono quelle che riguardano il processo di decarbonizzazione «rispetto al quale fino ad oggi non si vedono prospettive», dice il segretario Cgil. Lavoratori della centrale “Federico II”, degli appalti, dell’indotto ma anche i tanti lavoratori del porto coinvolti in un modo o nell’altro nella movimentazione di carbone, gessi e ceneri. «Così si rischia davvero - conferma Macchia - che a pagare la transizione siano i lavoratori. In più, abbiamo il problema di Basell che porta con sé rischi concreti per tutta la chimica di base».

L'effetto domino nella chimica di base

Alle centinaia di lavoratori messi a rischio dal phase out si aggiungono i 46 già persi per la chiusura del P9T nello stabilimento Basell, con seri rischi per i restanti e con possibili conseguenze gravi per tutto il settore della chimica di base a Brindisi.

E anche in questo caso, tra diretti, appalti e indotto, i numeri sono da far tremare i polsi.

Le difficoltà della partecipata del Comune

Per non parlare degli oltre 150 della Brindisi Multiservizi, bubbone scoppiato (per l’ennesima volta) nelle scorse settimane e del quale si è discusso molto dentro e fuori dal consiglio comunale, con un bilancio di previsione del Comune sostanzialmente incentrato sul piano per provare a salvare la società in house. «Tutte situazioni che - per Macchia - rischiano di portare, sommandosi, ad una bomba sociale».

Le richieste del sindacato

Per questo, nel 2024, il sindacato chiede «che governo ed istituzioni intanto sblocchino tutte queste vertenze, che vedono il coinvolgimento di tantissimi lavoratori. A Brindisi bisogna che si investa nella decarbonizzazione con progetti veri, per dare sviluppo al territorio. Possibilmente collegando queste iniziative all’università ed alla ricerca. Potremmo, infatti, vivere la fase sperimentale della transizione energetica, che noi riteniamo ancora una opportunità di sviluppo, rilanciando contemporaneamente il comprensorio della Cittadella della ricerca, da troppo tempo abbandonata».

Fuori dalle reti europee dei trasporti

A questo si aggiunge il problema dell’esclusione dai nodi “core” ed “extended core” delle reti transeuropee. «Si rischia davvero - sostiene il segretario della Cgil - l’isolamento di tutto il Salento, soprattutto per quanto attiene i trasporti e la logistica. Siamo, infatti, fuori dalla rete europea Ten-T e dal Corridoio 8, nonostante le tante promesse. Questo credo sia uno dei punti nodali sui quali aprire una grande discussione, cosa che faremo con la raccolta di firme per la quale abbiamo già avuto diverse adesioni. Anche perché abbiamo tutte le caratteristiche per essere davvero la Porta d’Oriente, una grande piattaforma logistica e di trasporto sul Mediterraneo».

I cambi di appalto nei servizi sociali

E poi i nodi della sanità e del welfare. «In particolare - ricorda Macchia - non dimentichiamo le vertenze aperte con il Comune che riguardano i cambi di appalto nei servizi sociali. Anche il welfare, infatti, è una ricorsa preziosa da custodire, in grado di generare processi virtuosi per il territorio». E ancora la necessità di sfruttare al meglio le risorse del Pnrr, i fondi di sviluppo e coesione, i fondi strutturali, con la speranza che arrivino sempre maggiori risorse.

La necessità di superare le divisioni

Per riuscire a cogliere tutte le occasioni, tuttavia, per Macchia «le istituzioni e tutti quanti dobbiamo provare a fare sistema. Sono ancora troppe le divisioni e spesso ci si concentra su investimenti che non portano da nessuna parte, e penso al deposito Edison che invece pregiudica il futuro del porto mentre noi pensiamo che ci possano essere altri tipi di investimento molto più utili in termini di quantità e di qualità del lavoro. Penso all’aerospazio, alla necessità di ripensare i processi di decarbonizzazione con investimenti e progetti veri che riguardino trasporti e logistica».

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