«Un motivo dirompente per quegli spari fra clan rivali. No a salti indietro di 20 anni»

Enzo Ciconte
Enzo Ciconte
di Paola ANCORA
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Mercoledì 3 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 14:23


«Se i clan baresi sono tornati a sparare, il motivo deve essere molto potente». Enzo Ciconte ne è convinto. Politico, saggista e docente universitario, Ciconte è fra i massimi esperti delle dinamiche delle grandi associazioni mafiose. «Il problema – prosegue - è perché si spara e che convenienza hanno nel farlo, visto che ora avranno tutti addosso».


Lei cosa pensa? Perché ci si è spinti fino a uccidere Lello, nipote del boss Tonino Capriati e reggente, insieme al padre, del clan a Bari Vecchia? Per il momento, la pista più battuta è quella di un regolamento di conti con il clan rivale degli Strisciuglio. Lei che idea si è fatto?

«Possiamo pensare a un equilibrio che si è rotto, al venir meno di un accordo, che magari non è stato onorato.

Ma nel silenzio tutte le mafie agiscono meglio, dunque se si è arrivati a imbracciare nuovamente le armi il motivo deve essere dirompente, vuol dire che si tratta di faccende che non potevano essere risolte diversamente. Oggi però non possiamo ancora sapere se questa escalation verrà subito interrotta o se invece non preluda a qualcosa di più grosso. Non possiamo saperlo noi né, credo, gli inquirenti. Si capirà meglio nei prossimi giorni, ma intanto mi faccio un'altra domanda».


Quale?

«Possibile che non ci sia nessuno, fra i vertici dei clan di Bari vecchia, in grado di spegnere sul nascere una guerra che vincerebbe comunque lo Stato? Perché non c'è dubbio alcuno che questo sarebbe il risultato e loro lo sanno. Magari non hanno frequentato le scuole, ma conoscono la storia criminale del Mezzogiorno d'Italia e il finale, in tutti i casi, è stato sempre questo».


“La città non può vivere nel terrore dell'attesa di un regolamento di conti tra clan. È importante agire subito per bloccare qualsiasi potenziale recrudescenza” ha detto il sindaco di Bari, Antonio Decaro, preoccupato che una possibile guerra fra clan vanifichi gli sforzi compiuti in questi anni per affrancare la città dal suo passato e proiettarla verso nuovi orizzonti. È un rischio concreto?

«Non c'è dubbio che si rischi proprio questo, sì. Ed è evidente che gli inquirenti devono chiudere rapidamente questa indagine e che il ministero dell'Interno debba fare di tutto per fermare questa recrudescenza, magari garantendo più uomini, maggiori competenze se ce ne fosse bisogno. Il sindaco Decaro ha ragione: non si può tornare al passato».


I due volti delle mafie: il primo è scoperto, spara e spaventa, è visibile; il secondo investe e fattura, è invisibile. Quale dei due ritiene più insidioso?

«Le rispondo provocatoriamente: sicuri che questo secondo volto “invisibile” delle mafie non l'abbiamo visto? Oppure abbiamo girato la testa dall'altra parte? Ci sono studi importanti che indicano come la trasformazione delle mafie abbia portato a un cambio di strategia e quindi a una intensificazione dell'interesse mafioso nelle attività economiche, ma non è detto che nessuno li veda. Se lo chiedessimo a un bancario, un notaio, un avvocato, un finanziere qualche risposta, al riguardo, la avremmo, magari in anonimato. Perché non è possibile che nessuno sappia nulla di quanto succede in una città: loro la mafia l'hanno vista ma o ci hanno guadagnato o sono stati sotto ricatto. Ma è indubbiamente questa la mafia più subdola, quella che non spara e fattura perché corrode le fondamenta della nostra società».

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