Fitto, il rebus Europee con l’ipotesi Commissario: ​le strategie e la cautela in vista delle elezioni di primavera

A “La Piazza” a Ceglie, domenica, il ministro ha frenato: «Io candidato? Non mi risulta». Ma il nome è realmente sul piatto e nelle idee di Meloni. Sarebbe un ritorno a Bruxelles, anche con un possibile ruolo di rilievo

Il ministro Raffeele Fitto e la premier Giorgia Meloni
Il ministro Raffeele Fitto e la premier Giorgia Meloni
di Francesco G. GIOFFREDI
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Martedì 29 Agosto 2023, 11:27 - Ultimo aggiornamento: 13:27

«Non mi risulta una mia candidatura» e «non è tra le cose che immagino per i prossimi mesi»: lapidario, o quasi. Questione di sfumature e dettagli, da cogliere, dissezionare e interpretare. Perché in realtà il nome di Raffaele Fitto è da tempo sul taccuino di Giorgia Meloni in proiezione elezioni europee di primavera. Il ministro degli Affari europei, del Pnrr e della Coesione territoriale potrebbe essere uno dei "grossi calibri" reclutati dalla premier per il ruolo di capolista nelle cinque macro-circoscrizioni: a Fitto andrebbe, ed è facile intuirlo, il collegio Italia meridionale (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia). E ci sarebbe comunque da trottare: niente listini bloccati, ma voti di preferenza da raccattare in lungo e largo. Il tutto condito da uno scenario tenuto al momento sottocoperta, ma dalle basi solide: Fitto potrebbe poi essere indicato da Meloni come Commissario europeo, qualora i Conservatori dovessero entrare in maggioranza. Un profilo "rassicurante" anche per i potenziali alleati, a cominciare prima di tutto dal Ppe.

Gli scenari


Ipotesi, incastri, primi schemi di gioco: il tempo per decidere nomi e caselle c'è, ma il valore della sfida elettorale impone scelte ponderate e meditate.

Possibilmente mettendo mano all'artiglieria pesante. Anche perché queste elezioni saranno una specie di punto di svolta per Meloni: da un lato Fratelli d'Italia ha la necessità di confermare la leadership nel centrodestra, mettendo il governo al riparo da tempeste e tenendo a distanza di sicurezza i competitor interni; e, dall'altro lato, la premier vuol sedersi definitivamente al grande tavolo delle trattative europee, accanto a Germania e Francia e con le spalle corazzate da una buona performance dei Conservatori europei.


Fitto - pungolato domenica sera a "La Piazza", la kermesse di Affaritaliani.it a Ceglie Messapica - ha svicolato provando ad alzare il muro: «Un "uccellino" parla di me candidato alle Europee? Sarebbe meglio se l'uccellino girasse in altra direzione, è una campagna elettorale faticosissima che ho fatto diverse volte. Non è tra le cose che immagino per i prossimi mesi, me la risparmierei. Non mi risulta una mia candidatura». A leggere bene, non è una chiusura pregiudiziale. E le parole del ministro hanno perlopiù il retrogusto dell'attesa degli eventi. Anche perché ci sono tanti step da affrontare e nodi da sciogliere: il primo è il ruolo della stessa Meloni nella competizione elettorale, dato che la premier potrebbe scegliere di correre da front runner in tutte le cinque circoscrizioni. Il che farebbe, forse, venire meno la necessità di piazzare al vertice delle liste i big di FdI. Ma non è detto.

Un ritorno al Parlamento europeo 


Fitto s'è già cimentato con le Europee, per tre volte e sempre centrando l'elezione: nel 1999 e nel 2014 con Forza Italia, e nel 2019 in FdI (dopo il patto federativo di Direzione Italia col partito di Meloni). Nell'ultima legislatura europea, e fino alla corsa alle Politiche di un anno fa, è stato co-presidente dei Conservatori e riformisti europei. E il ministro salentino, proprio tra i corridoi di Bruxelles e sfruttando la vecchia matrice democristiana, è stato negli ultimi anni un utile passepartout per Meloni: scortando FdI nel gruppo Ecr, evitando la tentazione di Identità e democrazia (il rassemblement della destra estrema, che ha l'esponente più fulgido in Marine Le Pen), imbastendo relazioni anche trasversali e così contribuendo ad accreditare la leader di FdI nelle diffidenti stanze europee, e d'altro canto il canale di dialogo aperto con Ursula von der Leyen è l'esempio più lampante. Fitto, insomma, ha un curriculum che farebbe non poco comodo anche nella Commissione europea. E così, non per forza passando dalle urne, si sfilerebbe pure dal fuoco di fila interno su Pnrr e dintorni.
La partita è tutta da giocare. Anche perché il post voto rischia d'essere, il prossimo anno, un rompicapo, alla ricerca dell'alchimia di maggioranza. E su questo fronte già si discute (e litiga) nel centrodestra: proprio a Ceglie, sempre domenica dal palco de "La Piazza", c'è stata la sfida a distanza tra i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il forzista ha bollato come «impossibile» l'ipotesi di patto con «Afd e il partito della signora Le Pen», «l'unica maggioranza possibile alternativa è quella che mi elesse presidente del Parlamento europeo, e dunque Ppe, liberali e conservatori grazie anche al lavoro di Fitto». Di tutt'altra opinione il leader leghista: «Il centrodestra deve andare unito anche in Europa per evitare un governo di Popolari e socialisti insieme, e a Macron preferisco la serietà di Le Pen». Il punto, che non sfugge a Meloni e tantomeno a Fitto, è uno: difficilmente si potrà impostare qualsiasi ragionamento sugli assetti politici europei senza confrontarsi con Francia e Germania, e dunque con il liberal-centrista Emmanuel Macron e con il socialista Olaf Scholz. È una faticosa corsa a tappe, e il risiko dei nomi è solo un (piccolo) inizio.

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