I ricordi nelle vecchie foto e lo stupore in un telefonino

I ricordi nelle vecchie foto e lo stupore in un telefonino
di Daniela PALMA
2 Minuti di Lettura
Giovedì 23 Aprile 2020, 15:54
Quando ha visto il volto dei suoi figli e dei suoi nipoti, pochi giorni fa, muoversi all’interno dello schermo di un telefono, quasi faceva fatica a crederci. Per nonno Antonio Tarantino, che nei suoi 89 anni di vita non ha mandato mai nemmeno un sms, quella videochiamata è stata la vera sorpresa di Pasqua: grazie a quella connessione video sul cellulare del figlio, per lui in assoluto la prima, ha potuto fare e ricevere gli auguri dalla sua famiglia. Difficile celare lo stupore per quell’inattesa novità, anche per quei profondi occhi azzurri che, in una vita così lunga e intensa, di stranezze ne hanno già viste tante. Perché il suo, anche in questo periodo di quarantena trascorso da solo nella sua casa di Nardò, è ancora un mondo analogico, dove risuona la musica di vecchie radio, delle musicassette con i pezzi bandistici più celebri, il rumore delle pagine dei suoi amati libri di storia, divorati in questo momento con maggiore avidità. E poi un archivio di foto, al quale proprio in questi giorni ha iniziato a mettere mano.



Durante la giornata le osserva, le cataloga, le mette in ordine cronologico, si fa trasportare dalle emozioni della sua lunga carriera da musicista, nella banda locale. Col suo sassofono basso e i suoi spartiti ha girato in lungo e in largo tutta la regione, ha conosciuto persone e visitato molti paesi del Sud. Di qualcuno ha conservato gelosamente delle istantanee e oggi ha deciso di organizzarle in un album fotografico che custodisce un pezzo del suo cuore e della sua vita. Come il suo storico lavoro da calzolaio, un lavoro prevalentemente invernale visto che d’estate era impegnato con la banda, che ancora lo diletta in una piccola bottega tutta sua nell’atrio di casa. Tra lesine, trincetti e colla passamolto tempo ancora oggi, quando la salute lo consente. Gli piace tenersi impegnato, gli piace rendersi utile. Il coronavirus, è innegabile, lo preoccupa, soprattutto per i suoi cari. Per questo accetta le limitazioni di buon grado, a tutela della salute di tutti. Ed è impossibile per lui, classe 1931, non far correre il pensiero ad un altro difficile periodo della nostra storia che lui ha vissuto quand’era ragazzino: aveva poco più di 10 anni quando le sirene facevano correre a perdifiato verso i rifugi antiaerei. Quello di Nardò era negli scantinati della scuola elementare di Piazza Umberto, lo ricorda ancora benissimo. Anche quello sembrava un incubo senza fine. Il suo augurio è che, prima o poi, allo stesso modo finisca anche la pandemia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA