I fuochi d'artificio per coprire il viaggio del drone fino al carcere: 4.000 dosi di droga sul piccolo velivolo. Nei guai una coppia barese

I fuochi d'artificio per coprire il viaggio del drone fino al carcere: 4.000 dosi di droga sul piccolo velivolo. Nei guai una coppia barese
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Domenica 8 Dicembre 2019, 08:56 - Ultimo aggiornamento: 12:33
Un drone zeppo di droga era destinato a rifornire lo spaccio nel penitenziario di Taranto. Sull’apparecchio erano state infilate quasi quattromila dosi di droga, tra hascisc e cocaina, insieme a due piccoli telefoni cellulari. Il drone, però, decollato nel cuore della notte si infranse su alcuni cavi elettrici ed precipitò nel cortile del carcere dove venne recuperato, con tutto il suo carico, dagli agenti della polizia penitenziaria.

Per i presunti responsabili di quel “trasporto” è scattata la richiesta di giudizio formulata dal pubblico ministero Remo Epifani. Sotto accusa figurano Saverio Faccilongo, trentatreenne barese, e Domenica Ricco, anche lei barese di 32 anni. Lui era in cella, mentre a gestire il piano, a dir poco ardito, sarebbe stata la convivente. A loro carico figurano i risultati delle indagini condotte dagli agenti della Squadra Mobile di Taranto, in collaborazione con la Polizia Penitenziaria.

Detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti: questa l’accusa formulata dal pm al termine dell’attività inquirente sul quel tentativo messo in atto il 24 ottobre dello scorso anno nei pressi del carcere di Taranto.
Quella notte, infatti, il “drone” venne azionato all’esterno del penitenziario. In volo si alzò un modello “Inspire” radiocomandato a distanza, mentre a qualche metro venivano esplosi fuochi d’artificio, probabilmente per distrarre l’attenzione degli agenti di servizio.

Taranto, ancora droga e telefonini trovati in carcere
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Droga e telefoni col drone per i detenuti. La scoperta nel carcere

Dalla cella, peraltro, un detenuto avrebbe indicato il punto di atterraggio, segnalando la posizione con un accendino. A far fallire il piano, però, degli ostacoli imprevisti. In pratica, una volta entrato nel perimetro del carcere, il drone si impigliò in alcuni cavi elettrici. Il “pilota” a distanza cercò disperatamente di fargli riprendere quota per liberarlo da quei fili invisibili al buio, ma non ci fu nulla da fare.
Il drone, infatti, venne praticamente abbattuto da quei cavi e precipitò nel cortile del penitenziario che porta il nome di Carmelo Magli, l’agente della polizia penitenziaria ucciso a suo tempo dalla malavita pochi minuti dopo aver ultimato il suo turno di servizio.

L’apparecchio si schiantò al suolo e venne immediatamente recuperato dai “baschi azzurri”.
All’interno vennero trovati 278 grammi di hascisc, per un totale di 3944 dosi, e altri due grammi e mezzo di cocaina, ripartiti in dieci involucri per un totale di tredici dosi. In più, “a bordo”, vi erano anche due piccoli telefoni cellulari.
Su quella spedizione scattarono immediatamente gli accertamenti condotti dagli uomini della Squadra Mobile e dagli stessi baschi azzurri in servizio nel carcere jonico. Le indagini si indirizzarono subito sulla coppia di baresi.
Ora il caso passa all’esame del giudice dell’udienza preliminare, che dovrà esaminare la richiesta di giudizio della procura tarantina
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