Ex Ilva, la protesta da Taranto si sposta a Roma. Domani un altro sciopero

L'ultima protesta degli ex Ilva a Roma
L'ultima protesta degli ex Ilva a Roma
di Domenico PALMIOTTI
5 Minuti di Lettura
Giovedì 19 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:45

Mancano 24 ore al nuovo sciopero in programma domani, per l’intera giornata, in tutto il gruppo Acciaierie d’Italia, ex Ilva, e l’obiettivo è portare a Roma, per la manifestazione nazionale, un migliaio di lavoratori.

La mobilitazione

«A Taranto ieri Fim, Fiom e Uilm erano arrivati a 11-12 pullman e altri 4 partiranno da Genova» annuncia a “Quotidiano” Francesco Brigati, segretario della Fiom Cgil. Poiché le manifestazioni davanti a Palazzo Chigi sono vietate, il corteo, secondo quanto hanno concordato le sigle sindacali nazionali con la Questura di Roma, si snoderà dalle 10 da piazza dell’Esquilino per concludersi in piazza Santi Apostoli per il comizio finale con i segretari generali di Fim, Roberto Benaglia, Fiom, Michele De Palma, e Uilm, Rocco Palombella. 
Lo sciopero di domani, che segue quello del 28 settembre a Taranto e del 2 ottobre a Genova, è stato indetto per richiamare il Governo sull’urgenza di intervenire sulla crisi di Acciaierie d’Italia. Nel coordinamento sindacale del gruppo svoltosi il 9 ottobre a Roma sotto la sede del ministero delle Imprese, le tre sigle hanno dichiarato che «la scelta obbligata è quella di un immediato cambio di governance e di gestione dell’intero gruppo» per «realizzare il piano industriale ed ambientale». 
L’incontro che i sindacati hanno avuto il 27 settembre scorso a Palazzo Chigi è stato giudicato privo di risposte concrete e significative. Di qui la decisione di uno sciopero nazionale di 24 ore domani.

L'audizione di Bernabè

L’altro ieri, intervenendo in audizione alla Camera, il presidente di Acciaierie d’Italia Holding, Franco Bernabè, ha tracciato un quadro fosco per l’azienda.

Ha confermato di aver rimesso il proprio mandato di presidente nelle mani del Governo, ha ribadito che l’azienda non ha soldi, non ottiene credito dalle banche per via degli impianti sequestrati e non di proprietà ed è in grossissima difficoltà nel comprare le materie prime e nel pagare i fornitori. In più Bernabè ha aggiunto un’emergenza ad horas: l’interruzione dell’approvvigionamento del gas, senza il quale si sarebbe costretti a spegnere gli impianti. Secondo il presidente di AdI, bisogna destinare «alla società i soldi che sono necessari a sopravvivere. E di soldi la società ne ha bisogno». Quest’ultima frase di Bernabè, però, ha provocato le critiche del sindacato. 

Le dichiarazioni dei sindacalisti


«Bernabè - attacca Rocco Palombella, numero 1 della Uilm - non finisce di stupirci. Ancora una volta si fa portavoce di un gruppo industriale che sta fallendo, giorno dopo giorno, tutti gli impegni assunti nel 2017. Come si fa a chiedere ancora caparre, 100 milioni di euro, per un’azienda che non ha centrato neanche un obiettivo? Un’azienda che ha ricevuto un miliardo e mezzo di soldi pubblici ha problemi nel pagare l’energia. Basta, lo Stato sia responsabile, salga in maggioranza e rifondi il gruppo». Secondo Palombella «AdI è un pozzo senza fondo. L’attuale situazione è una voragine e non si cambia gestione, più soldi si mettono e più si bruciano».
«Non abbiamo scoperto nulla di nuovo con Bernabè - afferma Biagio Prisciano, segretario Fim Cisl -. Nè abbiamo ascoltato cose diverse da quelle che i sindacati denunciano da tempo e che stiamo anche riportando nelle assemblee con i lavoratori in fabbrica. Lo Stato assuma la maggioranza di questa società, non vogliamo trovarci in una situazione in cui vengono dati altri soldi e poi non si capisce come vengono spesi. I 680 milioni di quest’anno, per esempio, dovevano servire al rilancio del siderurgico e permettere allo Stato, in forza di un decreto, di assumere la maggioranza. Niente di tutto questo è accaduto. L’amministratore delegato Morselli dice che l’azienda, rispetto a quattro anni fa, è più forte, potente e bella, mentre il presidente Bernabé afferma che si spegne per consunzione». «La cosa che ci stupisce - osserva Brigati della Fiom - è che la situazione dell’ex Ilva viene prospettata in tutta la sua gravità ad una commissione parlamentare e sottaciuta ai sindacati. Mai AdI ci ha esposto un quadro così. Anzi, Morselli parla di azienda potente e sul mercato, mentre Bernabé dice tutt’altro. Delle due, l’una: o bluffa Morselli, o bluffa Bernabè. Poi perché si chiama Bernabè e non Morselli, che ha in mano le leve del comando? Ora Bernabè batte cassa allo Stato, ma noi diciamo basta dare finanziamenti ad una gestione che ha portato a questa drammatica situazione». ì Infine, Franco Rizzo, dell’Usb, annuncia che domani il sindacato sarà alla manifestazione a Roma e chiosa: «Ribadiamo all’infinito che la via da percorrere è senza dubbio quella che sembrava condividere il ministro Urso» «l’aumento della partecipazione pubblica nella società che gestisce la fabbrica fino a far divenire lo Stato socio di maggioranza». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA