Ex Ilva e il futuro, Franco Bernabè: «Da luglio gli appalti per l’impianto del preridotto»

Il punto sul primo tassello della decarbonizzazione del siderurgico di Taranto

Ex Ilva e il futuro, Franco Bernabè: «Da luglio gli appalti per l’impianto del preridotto»
​Ex Ilva e il futuro, Franco Bernabè: «Da luglio gli appalti per l’impianto del preridotto»
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 12 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:47

«Abbiamo fatto la gara per la scelta della tecnologia» e «a luglio partono gli appalti per realizzare l’impianto che andrà in marcia nel 2026». Dalla tribuna di Made in Steel a Milano, evento giunto ieri all’ultima giornata, Franco Bernabè, da presidente di Dri Italia, fa il punto sul primo tassello della decarbonizzazione del siderurgico di Taranto: la costruzione dell’impianto del preridotto. E per quello riservato ad AdI c’è un miliardo di euro dall’anno scorso col decreto legge Aiuti Ter. L’impianto fa da apripista alla costruzione del primo forno elettrico da parte di Acciaierie d’Italia, ex Ilva.

«La tabella di marcia è rispettata - dichiara Bernabè -, i tempi del Pnrr sono rispettati e noi nel 2026 siamo in grado di offrire ad Acciaierie d’Italia e al mercato il Dri», cioè il preridotto di ferro, il semiprodotto da caricare nei forni elettrici al posto del rottame di ferro. «È un progetto che è già partito - sottolinea Bernabè -.

Mentre in altri Paesi d’Europa si fa tanto parlare ma forse si realizza un po’ meno, in Italia, col Pnrr e la costituzione di Dri Italia (cioè la società specifica che fa capo ad Invitalia - ndr), si è partiti. Abbiamo concluso gli studi di fattibilità. Le condizioni di energia, quando l’impianto andrà in marcia, saranno tali da rendere sostenibile l’investimento».

Il più grande progetto di decarbonizzazione

«Sono previsti due moduli di impianto che consentono di offrire Dri anche al mercato. È il più grosso progetto di decarbonizzazione in Italia ed uno dei più grossi in Europa», aggiunge Bernabè. Per il quale «il Dri è fondamentale perchè rottame in futuro ce ne sarà meno, sarà sempre più scarso e forse di peggiore qualità. Non pensiamo che andare a produrre Dri in Libia o in Iran sia un grande vantaggio competitivo perchè non è che i libici, gli iraniani o gli algerini il gas lo regaleranno. Lo daranno alle stesse condizioni a cui lo daranno per l’esportazione. E quindi un impianto di Dri in Italia serve per motivi strategici. L’Italia non può rinunciare e bene ha fatto il Governo a stanziare i fondi del Pnrr», sottolinea Bernabè. Che poi volgendo lo sguardo ad AdI, di cui pure è presidente, rileva che «è una società che ha caratteristiche completamente diverse da tutte le altre aziende alle quali io e voi siete stati abituati. Una società che lavora su impianti sequestrati e con la richiesta di confisca. Che non ha accesso al credito commerciale per cui non ha un castelletto bancario per finanziare il capitale circolante. E che vive nella perenne ansia degli interventi della Magistratura». «Francamente non credo che al mondo ci sia una società di quel genere», dice Bernabè che nel dibattito a Made in Steel è insieme ad Antonio Marcegaglia, ad dell’omonimo gruppo, Giuseppe Pasini, presidente di Feralpi, ed Alessandro Banzato, presidente e ad di Acciaierie Venete e predecessore di Antonio Gozzi alla presidenza di Federacciai.

«Tutto quello che fa Acciaierie è veramente miracoloso - afferma Bernabè -. Noi siamo riusciti a chiudere gli ultimi due anni in sostanziale pareggio, con un piccolo utile, nonostante la crisi soprattutto dell’anno scorso con il prezzo dell’energia. E quindi la società va avanti. Ha un programma - prosegue Bernabè su AdI - che deve essere raccordato con quello di Dri Italia perché almeno una parte del Dri verrà dato ad un forno elettrico ad arco sommerso che verrà fatto da Acciaierie d’Italia, ed il problema è in corso di realizzazione. Con maggiori complessità rispetto al Dri - avverte Bernabè - perché ci sono due azionisti, uno estero e lo Stato». E questo, aggiunge il manager, “rende la governance di Acciaierie d’Italia unica nel suo genere». Ma «la dimostrazione di resilienza che ha dato Acciaierie, credo che abbia pochi confronti a livello mondiale. Non credo se fosse successa una cosa del genere in Francia, Germania o Spagna, sarebbero andati avanti come sono andati avanti in Italia e come si è continuato a lavorare e produrre in Italia. Penso che l’acciaio primario di Acciaierie sia un bene per il Paese che deve essere salvaguardato».

Un passaggio Bernabè lo dedica anche all’energia e AdI, nei mesi passati, ha avuto un impatto pesante dall’aumento del prezzo del gas accumulando un debito di oltre 300 milioni, per forniture non pagate, verso Eni e Snam. «Abbiamo avuto un periodo veramente anomalo di crescita dei prezzi dell’energia - sostiene Bernabè -. L’industria, tra cui la siderurgia, ha reagito riducendo e flessibilizzando la produzione. Oggi viviamo un momento in cui i prezzi del gas sono scesi. Abbiamo gli stoccaggi pieni e quindi credo che ce la caveremo anche nel 2023. Usciremo all’inizio del 2024 con una situazione relativamente normalizzata anche se con prezzi ancora elevati».
 

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