Discariche abusive all'Ilva, indagati i dirigenti dello stabilimento

Discariche abusive all'Ilva, indagati i dirigenti dello stabilimento
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Lunedì 1 Febbraio 2016, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 13:55
Discariche a cielo aperto di rifiuti pericolosi e non pericolosi lungo l’argine sinistro della gravina Leucaspide senza interventi che ne impedissero l’utilizzo.
È la nuova contestazione che grava a carico dei dirigenti dell’Ilva e che si è concretizzata in una inchiesta della procura della Repubblica di Taranto.
In nove, a conclusione delle indagini, sono ora indagati nell’ambito del procedimento aperto dal sostituto procuratore della Repubblica dottor Marinao Buccoliero.

Si tratta di Luigi Ambruoso di 60 anni, nella qualità di responsabile delle discariche per rifiuti industriali a servizio dello stabilimento Ilva; Camillo Castronuovo di 62 anni, che ha svolto la stessa funzione; Francesco Di Maggio, in qualità di responsabile dei servizi di ecologia e discariche dell’Ilva Spa; Carmine Lezza di 40 anni, responsabile dei medesimi servizi; Luigi Capogrosso di 61 anni, direttore generale dello stabilimento; Salvatore De Felice di 52, direttore tecnico dello stabilimento siderurgico; Adolfo Buffo di 60 anni, in qualità di direttore dello stabilimento siderurgico Ilva; Antonio Lupoli di 57 anni, in qualità di direttore tecnico dello stabilimento; Ruggero Cola di 59 anni, in qualità di direttore dello stabilimento siderurgico.
Ovviamente, le contestazioni della magistratura tarantina riguardano i ruoli svolti da ciascun indagato in un determinato periodo in cui, in ogni caso, la gestione delle varie discariche è andata avanti senza alcuna interruzione.

Le cariche rivestite dagli indagati, secondo le conclusioni dell’accusa pubblica, che ora passano all’attenzione degli stessi indagati e dei rispettivi difensori, che potranno chiedere ulteriori indagini, richiedere l’interrogatorio dei coinvolti o depositare memorie difensive, riguardano periodi che vanno dal 1996 ai giorni nostri.
La gestione e l’attivazione contestate delle discariche, invece, abbracciano - secondo la contestazione - un periodo che va dal 2000 al periodo attuale.

Secondo la tesi accusatoria, l’utilizzo delle diverse discariche sarebbe stato consentito sull’argine sinistro della gravina Leucaspide «sino al limite del confine con l’azienda agricola di proprietà della famiglia De Filippis».
Ciò avrebbe determinato la realizzazione di grandi depositi costituiti dagli stessi rifiuti dall’altezza di circa 40, 45 metri al di sopra del piano di campagna.
Nella contestazione complessiva formulata dalla procura della Repubblica, si eccepisce la presenza di opere prive di copertura e di rimedi «contro lo spandimento di polveri pericolose per la salute e la dispersione in falda del percolato».

Secondo il dottor Buccoliero, le modalità di mantenimento di queste discariche avrebbero determinato il mutamento della morfologia della gravina, in seguito alle ripetute e prevedibili frane dei cumuli di rifiuti che precipitavano nella gravina stessa.
In questa maniera, peraltro, sarebbero avvenute due circostanze: da un lato i rifiuti avrebbero occupato il terreno demaniale e quello privato (nello specifico dell’azienda De Filippis); dall’altro sarebbe stata determinata la deviazione del corso d’acqua esistente.

Per la procura, l’assenza di controlli e di rimedi avrebbe avuto il risultato di inquinare l’ambiente circostante e le acque torrentizie che scorrevano nel letto della gravina Leucaspide. Acque che, secondo la propettazione accusatoria, insieme con quelle meteoriche avrebbero dilatato i cumuli di rifiuti, trasportati per tutta l’estensione della gravina e depositati anche in area privata e nella falda sottostante, che sarebbe stata, per questo, inquinata.
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