"Punto Sud", tre film per raccontare il Mezzogiorno

"Punto Sud", tre film per raccontare il Mezzogiorno
di Nemola ZECCA
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Venerdì 27 Ottobre 2023, 06:54

Territorio di cronaca e di poesia, il Sud ha da sempre rappresentato una feconda fonte di ispirazione per quanti – artisti e intellettuali in particolare – hanno rivisto in questa terra il fascino di un’arcadia persistente e perduta allo stesso tempo. “Un paradiso abitato da diavoli”, come lo avrebbe consacrato Benedetto Croce, rielaborando con la sua affabile ma mai conciliante dottrina un’immagine che, dal Medioevo in poi, avrebbe goduto di incredibile fortuna. 

Cinema


Raccontare il Sud e farlo ripercorrendo alcune delle pietre miliari della cinematografia contemporanea è quanto si propone l’incontro che si è tenuto ieri sera, a partire presso il cinema multisala Galleria di Bari. “I Sud al cinema in tre film”: questo, il titolo dell’evento, che rientra nell’ambito della manifestazione Punto Sud, un’iniziativa ideata e organizzata dagli Editori Laterza e da Svimez, e che intende elaborare una riflessione critica, documentata e partecipata sul Meridione d’Italia. 
La serata, introdotta dal giornalista e critico cinematografico Oscar Iarussi, ha visto la proiezione delle pellicole Viaggio in Italia di Roberto Rossellini (1954); Ricomincio da tre di Massimo Troisi (1981) e infine il lungometraggio di Alessandro Piva, Lacapagira (1999). 
Tre film (che saranno invece proiettati questa sera dalle 21) utili a raccontare con sguardi differenti per epoca, luogo e contesto, una parabola così ampia e contraddittoria, impossibile da riassumere e restituire altrimenti. 
Risulta d’altra parte difficile negare quanto il modo di narrare il Sud, nel corso degli anni, abbia contribuito in maniera decisiva allo sviluppo del dibattito culturale e politico nel panorama nazionale (e non solo). Dopo la chiusura della parabola fascista, fin dagli anni del secondo dopoguerra, il meridione ha rappresentato per autori italiani e stranieri il soggetto privilegiato di una ricerca che, spingendosi spesso oltre i confini di un culto meramente estetico, ne ha fatto trama di questioni iconografiche e problemi antropologici. 
Partendo dai documentari di Ernesto De Martino, passando per i reportage fotografici di Seymour e Cartier-Bresson, fino alle pellicole firmate da autori come Pasolini e Visconti, il Sud è diventato protagonista di un’archeologia dello sguardo che ha conosciuto solo grazie al cinema la possibilità di essere raccontata non solo nei suoi sedimenti cristallizzati nel tempo ma anche nel suo lento muoversi e graduale evolversi. 

I contenuti


Quanto lo story-telling, o diremmo piuttosto il place-telling, sul meridione sia molteplice e sfaccettato, non è certo una novità del cinema contemporaneo: «Cos’è d’altra parte il cinema se non l’insieme di punti di vista diversi?», commenta al riguardo il regista e sceneggiatore Alessandro Piva. «Se si pensa, ad esempio, a come la Puglia sia stata raccontata negli anni, ciò non sorprende. Per quanto non disprezzi le produzioni che hanno consacrato questo territorio ad un’immagine da cartolina, contribuendo – in questo modo – ad un posizionamento della regione di cui la politica ha oggi un bisogno enorme, ritengo che chi fa cinema, come pure chi fa letteratura o giornalismo, abbia il dovere di raccontare un luogo con autenticità e senso di verità. Solo così i problemi potranno davvero essere messi a fuoco», prosegue. 
Cosa resta dunque oggi di un Sud consacrato da un processo di spettacolarizzazione e iconizzazione lungo anni, a volto estetico ed eredità ancestrale? Quale spazio occupa il lascito etico e cronachistico nella narrazione ontemporanea? “Il punto”, commenta Iarussi, «sta nel provare a congiungere due poli, vale a dire il reale e l’immaginato. Fare in modo che la realtà venga raccontata; e questo, non solo nelle fiction e nel cinema, come accade. Il Mezzogiorno reale sta gradualmente scomparendo dal punto di vista di narrazioni che non vanno al di là del giornalismo meridionale». 
Se allora una nuova narrazione è possibile quale antidoto contro uno schermo globale e oramai dominante, questa deve necessariamente svilupparsi lungo la linea di “un nuovo neorealismo del Mezzogiorno. Che non significa rifare Rossellini, Zavattini e De Sica, ma al contrario fare in modo che con gli stili attuali, con i talenti di oggi non certo mancanti (ci sono infatti tantissimi cineasti che hanno il talento per raccontare ma che a volte sono prigionieri del meccanismo inferno e paradiso), si riconquisti una capacità neorealistica di raccontare la realtà per quella che è», conclude Iarussi.
Un Sud inedito dunque, frutto di una capacità interpretativa ancora possibile e in grado di leggere, tra le crepe del suo passato, un presente fatto di contraddizioni, dove storia e mito continuano a convivere. 

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