Università unica, il rettore di Unisalento boccia l'idea: «Rischio accentramento di poteri e risorse a Bari»

Fabio Pollice
Fabio Pollice
di Paola ANCORA
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Giovedì 16 Febbraio 2023, 05:00

«Una proposta inaccoglibile, da ogni punto di vista». Il rettore di Unisalento, Fabio Pollice, è netto. E boccia in toto l’idea di riunire i cinque atenei di Puglia in un’unica federazione come suggerito dal suo omologo di Bari Stefano Bronzini.

Rettore Pollice, Bronzini ritiene che la federazione consentirebbe di «far prevalere la coesione sulla competizione», con vantaggi per tutti. Perché è contrario?
«Il rettore Bronzini è una persona simpatica, ma la sua proposta non può essere accolta. Questo Paese ha scelto un sistema di università diffuse con l’obiettivo di aumentare il numero dei laureati. Allungare le distanze per le varie sedi di Facoltà significa andare nella direzione diametralmente opposta nonostante già oggi, pur dopo significativi passi in avanti, il numero dei laureati al Sud sia al di sotto della media nazionale e le università siano strutturate comunque per un’offerta al di sotto dei bisogni del territorio. È nelle Università che si produce innovazione grazie alla ricerca, potente propellente dell’economia. Il nostro è stato il primo ateneo d’Italia per numero di dottorati innovativi là dove ci sono stati atenei che le borse le hanno addirittura perse. Le imprese ci chiedono di potersi localizzare all’interno del campus o nelle immediate vicinanze. Se si sradica un ramo delle università si dice addio anche alle imprese che su quei poli di conoscenza hanno investito e Bronzini questo non lo dice».

Ritiene insomma che non avrebbe senso creare singoli poli di specializzazione dislocando le diverse Facoltà nelle città pugliesi? A Lecce - secondo l’idea del rettore di Bari - resterebbero le Nanotecnologie, a Taranto Archeologia e Ambiente, a Bari Medicina, Chimica, Fisica. Non le sembra una suddivisione funzionale alle esigenze del territorio?
«Non è un caso che Bronzini non abbia fatto cenno a Ingegneria.

A Bari c’è già il Politecnico, perché non pensano a federarsi fra loro? Medicina è stata pensata come un sistema polinucleare proprio per rispondere alle esigenze venute dal territorio, dove mancano medici e dove si sta ridisegnando il sistema dell’assistenza territoriale e socio-sanitaria. Questione attinente è anche quella relativa al rapporto fra università e cultura. È l’università a promuovere l’innovazione sociale e culturale e può farlo solo un ateneo presente sul territorio, un ateneo nel quale saperi diversi si incrociano e potenziano a vicenda».

La federazione potrebbe servire ad attrarre maggiori investimenti?
«No e le faccio un esempio su tutti. Per i cosiddetti bandi competitivi spesso si ha la possibilità di presentare un solo progetto per ateneo. Se di università in Puglia ce ne fosse soltanto una le possibilità di vincere un simile bando si ridurrebbero moltissimo».

Rettore, lo ammetta. È anche una questione di potere: nessuno vorrebbe cedere il proprio a qualcun altro. 
«Non è un problema personale, né lo sarebbe - ritengo - se al posto mio ci fosse qualcun altro. Se tutte le città sedi d’ateneo fossero uguali allora si potrebbe immaginare anche una rete di questo tipo, equipotenziale. Ma invece la proposta avanzata dal rettore Bronzini porta in sé tutti i rischi di un accentramento di poteri, tanto che lo stesso Bronzini nel suo discorso dice che “le risorse sarebbero distribuite in modo equo”, senza fornire alcuna garanzia. E quale potrebbe mai essere, del resto? Perché - domando a tutti - finora le risorse sono state suddivise in modo equo?».

Ce lo dica lei. 
«Evidentemente no, giacché per avere qui a Lecce la Facoltà di Medicina abbiamo dovuto aspettare 30 anni. E nel Pnrr, che pure doveva essere gestito in un’ottica non competitiva, vada a vedere dove si piazza Bari nei 14 partenariati estesi previsti dal Piano: si accorgerà che, nonostante proprio Bari abbia la responsabilità di coordinare la partecipazione degli atenei, non c’è sicuramente stato un uguale trattamento fra le università. Bari è stata premiata e valorizzata molto più delle altre. Nessuno può garantire uguali risorse in un sistema che non è equipotenziale».

Non esiste il rischio, paventato dal suo omologo, che nell’attuale organizzazione vi sia una eccessiva competizione fra università pugliesi per accaparrarsi gli stessi studenti?
«No. A Lecce non ci sono studenti di Bari. Invece mi pare che tanti ragazzi dal Salento vadano a Bari per i motivi più svariati. E poi nessuno spiega come dovrebbe essere gestita la mobilità degli studenti e, non ultima, quella dei docenti. Se venisse aggregata l’offerta su poli di specializzazione nelle varie città, un docente che oggi insegna Vitivinicoltura a Lecce dovrebbe andare a Foggia distruggendo il lavoro fatto finora con le imprese del territorio, con i ricercatori della nostra università. E per gli studenti le chiedo: abbiamo un sistema infrastrutturale che ci consente di spostarci rapidamente da una città all’altro? No, non ce l’abbiamo ancora. E se per arrivare da Taranto a Lecce ci si impiegano due ore e mezza, mi dice perché uno studente dovrebbe venire a Lecce e, a quel punto, non andarsene invece a Milano? Questo è il problema, altro che federazione».

Coloro i quali hanno dato una lettura più maliziosa della proposta del rettore Bronzini sostengono che sia una mossa politica per recuperare terreno dopo l’apertura di Medicina a Lecce oppure per costruirsi un consenso diverso, più vasto, in vista di nuovi, possibili incarichi. Condivide?
«Non ci credo assolutamente. Ho troppa stima di Bronzini. Credo, invece, che lui vorrebbe avere atenei più efficienti e attrattivi, ma non è questa la strada giusta. Più volte gli ho chiesto - visto il suo ruolo di presidente del Curc, il Comitato universitario regionale di coordinamento - una maggiore sinergia per guardare insieme fuori dai confini regionali, ma con l’attuale assetto del sistema universitario. Lavorare insieme si può e si deve fare, ma per attrarre studenti dall’estero e dalle altre regioni. Certo non smembrando e depotenziando gli atenei esistenti».

Non ci sarebbe un taglio delle spese con un unico Consiglio di Amministrazione, un unico Senato accademico e un solo rettorato? 
«Ma l’Università non è un’industria che funziona per economie di scala. La qualità della didattica dipende dal rapporto fra docenti e studenti e non sarebbe giusto avere aule con 300 studenti se possiamo averne tre da 100. Non ritengo che la proposta di Bronzini sia nell’interesse della regione e dei suoi studenti. Da un umanista come lui mi aspetto una riflessione più approfondita. La Puglia è una regione splendida nella quale studiare e noi possiamo essere i protagonisti della rinascita culturale dei territori, proprio facendo leva sulla forza dei nostri atenei».

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