Turismo, affitti brevi e sommerso: tanti vacanzieri in Puglia ma i conti non tornano

Turismo, affitti brevi e sommerso: tanti vacanzieri in Puglia ma i conti non tornano
Turismo, ​affitti brevi e sommerso: tanti vacanzieri in Puglia ma i conti non tornano
di Serena COSTA
5 Minuti di Lettura
Lunedì 19 Febbraio 2024, 05:00

Tanti vacanzieri in Puglia, ma i conti del contributo al Pil non tornano. Il turismo in Puglia cresce, ma tra il sommerso degli affitti brevi e l’avanzata inesorabile delle nuove tecnologie, le destinazioni regionali rischiano di perdersi nel mare magnum delle più convenienti offerte istantanee on line e di non contribuire allo sviluppo economico in maniera mirata.

La causa principale di questo disallineamento tra gli oltre 16 milioni di presenze turistiche e il relativo computo del valore aggiunto risiederebbe proprio nella grande disponibilità di case vacanza, che non permetterebbero di pianificare al meglio le scelte politiche a medio e lungo termine.

Ad affermarlo è Antonio Preiti, amministratore delegato della Fondazione per l’attrazione Roma&Partners, intervenuto ieri mattina a Lecce, nel corso del convegno “Istantanea e prospettive del comparto turistico”, organizzato dal movimento “La Puglia in più” di Dario Stefano. 

Il report

Il report presentato ieri al Teatro Paisiello dal direttore di Sociometrica sul ranking dei Comuni turistici italiani per valore aggiunto, infatti, evidenzia come tra le prime 20 destinazioni italiane non figuri alcun centro pugliese. Bisogna scendere al 26esimo posto per trovare Vieste, che con quasi 482 milioni di euro è la prima destinazione turistica della Puglia.

Segue Bari (30mo posto nazionale), con quasi 418 milioni di euro, mentre al terzo posto della classifica regionale figura Ostuni, culla della Valle d’Itria (52mo gradino in Italia), con 296 milioni. La provincia di Lecce, poi, è quella che vanta il maggior numero di destinazioni turistiche che contribuiscono al Pil regionale: al quarto posto c’è proprio il capoluogo, con 260 milioni di euro, seguita da Ugento, con oltre 252 milioni, mentre al sesto posto entra Gallipoli, con 242 milioni di euro. Scorrendo la classifica, troviamo Monopoli (223 milioni), Porto Cesareo (200 milioni), Otranto (193 milioni), Fasano (180 milioni), Carovigno (171 milioni), Melendugno (162 milioni), Peschici (153 milioni), Nardò (130 milioni), Polignano a Mare (129 milioni). La città di Taranto spunta il 16mo posto (82 milioni di euro), seguita da san Giovanni Rotondo (79 milioni), Alberobello (76 milioni), a breve distanza c’è Rodi Garganico (75 milioni) e infine Castellaneta marina (72 milioni).

«La prima destinazione turistica italiana che produce di più è Roma, con 8,5 miliardi di euro – ha proseguito Preiti – e con grande sorpresa al secondo posto figura Milano, con 3,6 miliardi. Tra le top 20 la Puglia non c’è e non figura nemmeno tra le prime 20 destinazioni turistiche italiane cresciute negli ultimi 10 anni. Eppure, la Puglia è l’unico fatto nuovo degli ultimi vent’anni. Nelle indagini che svolgiamo, alla domanda “Dove andrete in vacanza?” la Puglia è sempre al primo posto. Ma poi non compare nelle top ten dei dati statistici».
Il motivo di questo ghosting nostrano, sempre dati alla mano, è presto detto: gli affitti brevi. Se infatti andiamo a scandagliare i Comuni con la maggiore offerta di abitazioni per affitto breve, ecco che lì la Puglia figura, eccome. Troviamo Ostuni all’11esimo posto nazionale con 2.650 case vacanza, Gallipoli al 15mo con 2.120 unità, Bari al 20mo con 1.851 unità, Lecce al 22mo con 1.836, subito seguita da Porto Cesareo con 1.832 abitazioni.
«Abbiamo dunque due problemi – ha spiegato lo statistico –. Il primo è che l’affitto breve non crea una impresa vera e propria. Il secondo è che esercita un basso impatto economico a vantaggio di economie esterne e, sebbene abbia il pregio di diffondere il turismo interno, non attrae quello straniero, che invece si avvale di una solida rete alberghiera».

Altro gap che rischia di allontanare le destinazioni pugliesi dai primi posti delle classifiche nazionali si riscontra nell’uso sempre maggiore delle tecnologie. È l’instant economy, bellezza. «Tutte le fasi del business turistico si concentrano in un click, invogliati dalle tariffe vantaggiose – ha concluso Preiti –. Se prima si assisteva infatti a una prima fase di ispirazione, in cui ci si rivolgeva all’agenzia viaggi, ci si confrontava con amici e parenti e si familiarizzava con la destinazione per mesi, oggi informazione e promozione coincidono nello stesso momento e contano meno anche le fiere di settore. Ecco perché bisogna lavorare a un modo differente di fare turismo, in cui la promozione sia agganciata al modo in cui arrivano le informazioni».
E proprio dal settore alberghiero arriva poi l’analisi di Pierangelo Argentieri, vicepresidente regionale di Federalberghi: «C'è un problema di governance del turismo in Puglia: finora abbiamo offerto solo una suggestione della Puglia, ma c'è un mondo reale di buone pratiche che va realizzato. Il cambio di politiche del lavoro sta invertendo la tendenza, anche perché i giovani che lavorano fuori hanno sperimentato il fatto di non potersi permettere l’acquisto di una casa all’estero o nel Nord Italia. Ecco perché le istituzioni devono tutelare un’offerta strutturata e le aziende che nel turismo ci credono e che lo fanno seriamente. Questo può consentire di sostenere anche la formazione del personale, che è indispensabile: il lavoro non va sfruttato». Argentieri, tra l’altro, è fondatore di Puglia MicExperience, che ha portato a Mesagne la mostra “Caravaggio e il suo tempo”, con 30 mila ingressi e l’80% di utili rimasti sul territorio. Prossimo step è il G7 di giugno in Puglia, con un’altra mostra su “Sette secoli d’Arte, italiana”. 

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