La riforma Cartabia ai raggi X: «Tempi accettabili per i processi e garanzie per l'imputato». La discussione a Lecce

La riforma Cartabia ai raggi X: «Tempi accettabili per i processi e garanzie per l'imputato». La discussione a Lecce
di Andrea TAFURO
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Sabato 28 Ottobre 2023, 06:46 - Ultimo aggiornamento: 11:32

«Con la riforma Cartabia il legislatore ha preso atto del fallimento della funzione di autentico controllo giurisdizionale dell’udienza preliminare così come interpretata nella prassi applicativa dalla giurisprudenza. Tutto ciò ha avuto effetti devastanti per i cittadini imputati, quasi nel 50% poi assolti, dopo sofferenze incalcolabili per la pendenza interminabile del processo a proprio carico, con compromissione, a volte definitiva, delle proprie aspettative di vita personali e professionali. La riforma prova ad incidere significativamente su questa distorsione». L’analisi è del vicepresidente del Csm (Consiglio Superiore della Magistratura) Fabio Pinelli, intervenuto ieri pomeriggio in Corte d’Appello a Lecce, nel corso del quarto convegno in ricordo dell’avvocato Vittorio Aymone sul tema “Il processo penale dopo la riforma Cartabia, criticità e nuove prospettive”. 

L'evento

Il convegno si è aperto con i saluti di Marcello Marcuccio (presidente del centro studi giuridici “Michele De Pietro”), Daniela Cavuoto (presidente Corte d’appello di Lecce), Antonio De Mauro (presidente dell’Ordine degli avvocati leccesi) e Francesca Lamberti (docente del dipartimento di sciente giuridiche di Unisalento). A seguire la parola è passata al vicepresidente del Csm, Pinelli, che nella sua relazione introduttiva ha posto sotto i riflettori tre questioni introdotte dalla riforma, riconducibili ai tre momenti del processo penale: l’udienza preliminare, il giudizio e le impugnazioni. In particolare «rispetto al tema del giudizio – ha dichiarato Pinelli - la riforma Cartabia intende recuperare il principio di fondo della riforma Vassalli – di diretta matrice costituzionale – riaffermando che il giusto processo penale è tale non solo se si svolge in tempi ragionevoli, ma soprattutto in quanto è ontologicamente centrato sulle garanzie per l’imputato e i diritti di libertà. I principi dell’immediatezza, concentrazione e oralità del dibattimento, nonché la formazione della prova in contraddittorio innanzi al giudice chiamato a decidere sull’ipotesi accusatoria sono i presìdi non negoziabili di quelle garanzie. La prova deve formarsi in contraddittorio dinnanzi al giudice che ha vissuto personalmente l’intera vicenda processuale e a tale fondamentale principio può limitatamente derogarsi se – e solo se – le moderne tecnologie siano in grado di assicurare in concreto al nuovo giudice un contatto diretto, completo e genuino con la prova come in precedenza formatasi».
Individuati nella relazione anche gli obiettivi della “riforma Cartabia”. «Accelerare la concatenazione degli atti e ridurre i tempi dei processi – ha proseguito Pinelli - in vista della piena attuazione dei principi costituzionali, convenzionali e dell’Ue, nonché del raggiungimento degli obiettivi del Pnrr che prevedono entro il 2026 la riduzione del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio. Siamo davanti ad interventi profondamente correttivi e innovatori che sembrano correttamente collocarsi nel solco del giusto processo di cui all’articolo 111 Cost., potenziando princìpi come quello del contraddittorio e della effettività del giudizio dibattimentale, dell’oralità e dell’immediatezza, della ragionevole durata del processo». Infine il vicepresidente del Csm, oltre a ribadire la stabilità normativa, ha sottolineato la necessità di una attività interpretativa “corretta e non eccentrica”, da parte della giurisprudenza. «Il vero punto, al di là e oltre la riforma Cartabia, è il ginepraio in cui ci siamo cacciati tra iperproliferazione normativa e criteri interpretativi indecifrabili, messi in campo dalla giurisprudenza, privi di metodo riconosciuto e condiviso, fattori che – compenetrandosi l’uno con l’altro – hanno provocato oramai una “certezza di incertezza del sistema” giudiziario italiano, vera emergenza della quale tutta la comunità dei giuristi – ha concluso Pinelli - dovrebbe farsi carico per cercare di trovare soluzioni ed indicare una strada ragionevole e comprensibile».
Il confronto è continuato quindi con gli interventi del procuratore capo della Repubblica di Tivoli, Francesco Menditto sul tema delle “indagini preliminari”, del docente ordinario di procedura penale all’Università di Bologna, Michele Caianello con argomento “il giudizio” e infine l’intervento “sulle impugnazioni” del consigliere presso la Corte suprema di Cassazione, Ercole Aprile, che a margine dell’incontro ha poi sottolineato «l’auspicio affinché la legislazione rimanga immutata per un po’ di tempo, in maniera tale da poter dare la possibilità ai giuristi di poter riflettere e valutare quali sono le migliori soluzioni applicative nell’interesse dei cittadini, poiché la riforma Cartabia è stata realizzata per raggiungere maggiore efficienza e garantire maggiormente la tutela dei diritti delle parti interessate al processo». Il convegno in Corte d’appello proseguirà questa mattina con la tavola rotonda “Il rapporto tra il pubblico ministero, l’imputato ed il giudice: il giusto processo penale dopo la riforma Cartabia” con relatori Margherita Cassano (primo presidente della Corte suprema di Cassazione), Pietro Gaeta (Docente di diritto processuale penale all’università Cattolica di Milano), Vittorio Manes (docente di diritto penale all’Università di Bologna) e Francesco Petrelli (presidente dell’Unione delle camere penali).
 

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