Puglia, i rifiuti e la “mafia degli affari” nella regione delle discariche: i dati

Il 10% degli ecoreati è commesso in Puglia, una regione senza impianti di trattamento e valorizzazione, che manda in discarica mezzo milione di tonnellate di immondizia

Puglia, i rifiuti e la “mafia degli affari” nella regione delle discariche: i dati
di Paola ANCORA
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Sabato 2 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:47

Il 10% dei reati nel settore dei rifiuti viene commesso in Puglia, seconda solo alla Campania per intensità e numero delle attività illecite in questo ambito. Dal Salento - dove i rifiuti abbandonati lungo le strade e nelle campagne restano la spina nel fianco di chi investe nel turismo – al Basso Tavoliere e alla Capitanata, dove questo genere di traffico si traduce anche in atti intimidatori, roghi e violenza. Le province di Bari, Foggia e Bat, sono peraltro le più indietro sulla raccolta differenziata, pur con virtuose eccezioni. I dati sono quelli di Legambiente. E aiutano a capire meglio la “mafia degli affari”, così chiamata perché mantiene in piedi le attività tradizionali di guadagno – come il traffico di droga, il contrabbando e le estorsioni – ma si è proficuamente infiltrata in quelle nuove, cioè il turismo e, appunto, la gestione dei rifiuti.

Il nodo

Come “mafia degli affari” viene descritta - nella relazione della Direzione distrettuale antimafia presentata lo scorso aprile al Parlamento - la criminalità organizzata pugliese, nella sua tripartizione tra camorra barese, società foggiana e sacra corona unita. Ne ha parlato, due giorni fa, il capo della Procura di Bari, Roberto Rossi in audizione alla Camera, tornando a sollecitare attenzione sul traffico dei rifiuti e spingendosi a definire la Puglia come la nuova “terra dei fuochi”, crocevia di diverse reti ecocriminali attive. Molto articolate, contano fra le loro file imprenditori e manager d’azienda, broker e faccendieri, amministratori locali e tecnici. Una sorta di Rifiuti Spa – per mutuare la definizione che ne dà proprio Legambiente - che spesso conta su pratiche collaudate di corruzione, frode ed evasione fiscale e che, quando arriva nelle aule di giustizia, «è di difficile gestione processuale» ha detto Rossi. Lo sanno bene a Lecce, a Bari, a Foggia e nelle Procure che, in questi anni, si sono occupate del problema a più riprese. A Lecce si arrivò, circa dieci anni fa, a scandagliare il Basso Salento ai raggi X per capire se e dove la camorra avesse tombato i rifiuti tossici di cui parlava il pentito dei Casalesi, Carmine Schiavone. Più di recente, nel 2021, l’operazione “All black” portò allo scoperto un traffico illecito di rifiuti dalla Campania: 600 tonnellate di spazzatura sarebbero state stoccate tra Lecce, Surbo e nel Tarantino per poi essere bruciate o interrate. Nel Basso Tavoliere, a febbraio 2022 con l’operazione “Blackstop”, i Carabinieri hanno scoperto 120.000 tonnellate di fresato d’asfalto, proveniente dai cantieri per il rifacimento del fondo stradale di circa 450 chilometri di strade pugliesi nelle provincia di Bari, Bat, Brindisi e Foggia che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati smaltiti illecitamente in località ignote o nelle campagne di proprietari compiacenti. E’ ripreso poi a pieno ritmo – lo ha detto Rossi e lo riporta anche la Dia nella sua ultima relazione - il traffico di ecoballe provenienti dalla Campania, mentre la Capitanata resta una delle zone più colpite dall'illecito smaltimento di rifiuti speciali.

Il ciclo dei rifiuti

L’altra faccia del problema è la mancata chiusura del ciclo dei rifiuti. I dati dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), evidenziano il costante aumento della produzione dei rifiuti e la contestuale drastica e progressiva riduzione della “capacità” degli impianti di destinazione che devono riceverli. E, in questo quadro, si inseriscono quindi gli enormi ritardi con i quali in Puglia si procede alla realizzazione di impianti pubblici di smaltimento, a partire da quelli di compostaggio finanziati con il Pnrr, mentre le discariche continuano a funzionare a pieno ritmo nonostante il Piano regionale dei rifiuti approvato alla fine del 2022 preveda la loro chiusura già nel 2025, cioè fra una manciata di mesi. A dicembre 2022, l’allora direttore dell’Agenzia regionale per i rifiuti Gianfranco Grandaliano dichiarava al nostro giornale che «i progetti per la realizzazione degli impianti di compostaggio sono stati tutti ammessi a finanziamento, ma il plafond è andato subito esaurito. Il ministero ci ha detto che sono finiti i soldi». Nulla si è più saputo al riguardo, ma nel Piano regionale dei rifiuti si legge che «l’ipotesi di non introdurre modifiche all’assetto impiantistico attuale e ai sistemi di raccolta implica necessariamente il mancato raggiungimento degli obiettivi definiti dal Piano, in termini di percentuali di raccolta differenziata, riuso, riciclaggio e recupero di materia ed energia». E significa anche continuare a spendere denaro pubblico per poter sfruttare le discariche dei privati e per spedire fuori dalla Puglia la frazione di rifiuti indifferenziati che non riusciamo a smaltire “in casa”. Quanto ci costa? Il calcolo è presto fatto, sebbene approssimativo perché quantità e tariffe sono aggiornate al 2022. I rifiuti indifferenziati vengono prima indirizzati agli impianti di trattamento meccanico-biologico (Tmb) e poi una frazione di ciò che si ottiene (detta frazione di sopravaglio) viene trattata dagli impianti Css per ottenere un prodotto che i termovalorizzatori riescono a trasformare in energia, ma questo tipo di impianti – a eccezione di un privato a Massafra – in Puglia non ci sono. Così la frazione Css pugliese è spedita per la gran parte fuori regione al costo di circa 180 euro a tonnellata: parliamo di 45.056 tonnellate che, nel 2021, hanno affrontato un “viaggio” costato dunque più di 8 milioni e 110mila euro. Ai quali aggiungere le spese per far finire in discarica 568.582,5 tonnellate di rifiuti indifferenziati, compresi quelli abbandonati lungo le strade e in campagna dai gruppi criminali.