Piano energetico, la strategia della Regione: più rinnovabili e meno consumi

Piano energetico, la strategia della Regione: più rinnovabili e meno consumi
di ​Paola ANCORA
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Giovedì 1 Febbraio 2024, 06:38 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 15:14

Ridurre i consumi energetici, minimizzare il consumo di suolo e l'impatto paesaggistico dei nuovi impianti di produzione di energia, decarbonizzare il sistema di produzione di elettricità e «porre i cittadini al centro della transizione energetica». Sono questi gli obiettivi che il nuovo Piano energetico della Regione Puglia si propone di centrare da qui al 2030. Atteso da quasi dieci anni (l'ultimo approvato è “scaduto” nel 2016) il Piano energetico regionale è ormai pronto e attende il via libera degli uffici per approdare in Consiglio ed essere approvato. Arti e Asset - le due Agenzie regionali che nel 2021 sono state incaricate di redigerlo sotto il coordinamento del Dipartimento Ambiente, Paesaggio e Qualità Urbana e con il supporto del Servizio Progettazione, Innovazione e Decarbonizzazione - hanno tracciato la strada in un quadro normativo nazionale ed europeo profondamente mutato nel corso di questi ultimi anni. Basti pensare che nel 2022 col Piano RepowerEu, la Commissione Europea ha modificato la propria politica energetica per rispondere alle sfide di approvvigionamento emerse dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, nel 2023 è stata prodotta una nuova bozza del Piano Energia e Clima Italiano (Pniec) e il decreto del 13 luglio scorso ha aggiornato i target nazionali sulle Fonti Energetiche Rinnovabili elettriche al 2030 fissando gli obiettivi che ciascuna Regione dovrà raggiungere per centrare l'obiettivo nazionale. 

Il piano 


Due i principi che hanno guidato il lavoro degli esperti regionali nella stesura del Pear.

Il primo: promuovere la transizione energetica abbandonando progressivamente le fonti fossili. Il secondo, «la coerenza con le specificità regionali, in una visione con ideali e aspirazioni proiettate nel futuro in un’ottica olistica di sviluppo armonico e sostenibile». Punto, questo, sul quale potrebbero finire per scontrarsi due punti di vista diversi: quello più marcatamente ambientalista dell'assessora all'Ambiente Anna Grazia Maraschio e quello dell'assessore regionale allo Sviluppo economico, Alessandro Delli Noci. 


La premessa da cui partire, per il Pear, è che la Puglia è oggi una regione che consuma una grande quantità di «combustibili solidi, gassosi e prodotti petroliferi», specie nell’industria siderurgica e di raffinazione, e produce energia elettrica nelle centrali a gas e a carbone. La Puglia esporta energia perché la produzione supera largamente i consumi interni: produce per 34.400 Gwh (dato 2022, ndr) e consuma 15.900 Gwh. Negli ultimi 10 anni ha ridotto di un quarto la sua produzione di energia elettrica, grazie soprattutto alla chiusura delle storiche centrali a olio e carbone a Bari e Brindisi. Parallelamente i consumi finali lordi di energia elettrica si sono ridotti del 12% tra il 2012 e il 2019 grazie anche alla riduzione dell’intensità energetica del settore produttivo e poi di un altro 3,2% dopo la pandemia. Così, le emissioni inquinanti sono state tagliate del 35% dal 1990 al 2019, con un dato largamente superiore alla media nazionale (-20%), ma la Puglia continua ad avere una intensità energetica «superiore alla media italiana a causa del settore industriale che registra un dato largamente peggiore della media nazionale (128 contro 75 tonnellate equivalenti di petrolio per milione di euro nel 2019). E oltre a questo, la regione è in forte ritardo sulle Fer termiche – come il biogas e il geotermico – e non produce energia da fonti idroelettriche, indispensabili come “batterie di accumulo” per un sistema che punta sulle rinnovabili, perché resterebbero in funzione quando vento o sole non fossero sufficienti. 


La Puglia è la prima regione in Italia per richieste di nuovi impianti Fer e, secondo gli uffici regionali, potrebbe dare un contributo alla sicurezza del sistema energetico italiano «anche tramite riduzione dei suoi consumi di gas e delle importazioni via Tap». Dunque obiettivo primario del Pear è risparmiare energia, soprattutto nell'edilizia e nei trasporti, e poi promuovere l’efficienza energetica dei processi produttivi che, da soli, rappresentano il 28% dei consumi elettrici totali della Puglia. Il Piano energetico prevede il raddoppio degli interventi di efficienza energetica sugli edifici e una profonda modifica della mobilità merci e passeggeri. 
I consumi energetici dovranno essere ridotti del 9% entro il 2030 e coperti al 40% da fonti rinnovabili (poi al 70%, quando saranno decarbonizzati Ilva e Cerano); le emissioni di gas serra andranno tagliate del 55% rispetto ai livelli del 1990 e dovrà darsi seguito a un aumento di capacità installata di Fer di 7,2 Gw rispetto al 2022. Aumento che, però, non dovrà tradursi in nuovo consumo di suolo: sì, allora, al revamping dei vecchi impianti e all'installazione di «impianti di piccola taglia e integrati nel tessuto urbano e industriale», posizionati sui tetti invece che a terra per invertire un trend che vede al suolo il 72% delle strutture contro una media nazionale del 36%. 
Un dato è certo: il Pear delinea una profonda modifica dei tessuti urbano e produttivo pugliesi. Modifica che, quando approderà in Aula, saranno i partiti a valutare tenendo bene a mente l’ormai ineludibile sfida della transizione green. 
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