Ex Ilva allo Stato: servirà più di un miliardo. Morselli: attendiamo un contatto per il passaggio di consegne. Stop Afo4 per 24 ore

Ex Ilva allo Stato: servirà più di un miliardo. E resta sul tavolo il nodo contenziosi
Ex Ilva allo Stato: servirà più di un miliardo. E resta sul tavolo il nodo contenziosi
di Domenico PALMIOTTI
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Mercoledì 21 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:05

L’unico dato certo, per ora, sono i 320 milioni che il Governo ha postato nel decreto legge che il 27 febbraio approderà in Aula al Senato. I 320 milioni vengono indicati come “limite massimo” e il Mef li erogherà alle società che gestiscono gli impianti di Ilva spa in una o più soluzioni “a titolo oneroso” e per una “durata massima” di cinque anni. Intanto, fermata di circa 24 ore, per manutenzione, per Afo4 dello stabilimento ex Ilva di Taranto. Lo comunica Acciaierie d'Italia che spiega che la manutenzione riguarda la parte alta del forno, sul piano tubiere e sul campo di colata. 

Quanto invece ci vuole per riaccendere i motori della fabbrica, l'ex Ilva di Taranto, (che è il primo compito cui è chiamato il commissario Giancarlo Quaranta dell’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia), adesso è difficile stimarlo. Sì, sono circolate cifre nei giorni scorsi, da uno a due miliardi, ma la verità è che nessuna cifra può essere quantificata con veridicità se prima non si va a vedere la fabbrica dal di dentro e ci si accerta sia dello stato degli impianti (che Arpa Puglia nelle ultime ispezioni ambientali ha definito “ammalorati’), che di quante materie prime sono stoccate sotto le grandi cupole dei parchi minerali. 

Morselli: attendiamo un contatto per il passaggio di consegne

"Ieri nel tardo pomeriggio è stata diffusa la notizia della sua nomina quale commissario straordinario di Acciaierie d'Italia spa benché non si sia ricevuta alcuna comunicazione formale in merito, stante la dichiarata efficacia immediata del provvedimento ci attendiamo un contatto con la massima urgenza per dare corso a un sollecito passaggio di consegne".

E' quanto scrive l'a.d di Acciaierie d'Italia, Lucia Morselli, in una lettera indirizzata al commissario straordinario Giancarlo Quaranta. "Avuto - prosegue il testo - particolare riguardo alle attività necessarie per la continuità, che la società non può più porre in essere per effetto dello spossessamento". "Preghiamo - conclude Morselli - con l'occasione di chiarire le sorti delle altre società operative del gruppo, la cui attività è ancillare rispetto a quella di Acciaierie d'Italia spa". 

Le ispezioni a vuoto

La verifica sugli impianti avrebbero dovuta farla i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria il 2 febbraio scorso ma, a causa della mancata collaborazione di Acciaierie, non hanno visto né gli impianti, né ricevuto informazioni sulla produzione e sulle materie prime. I 320 milioni messi a disposizione dal Governo sono una somma ritenuta unanimemente insufficiente. Può garantire l’operatività dell’azienda per due-tre mesi, ma poi servono altre risorse. E il Governo lo sa. Probabilmente è anche per questo che si punta a un’amministrazione straordinaria di breve durata. Il tempo necessario ad attrezzare una nuova gara che riaffidi il gruppo siderurgico dallo Stato, che lo ha ripreso in carico, al nuovo privato che dovrà gestirlo dopo i due che ci sono già stati: Riva dal 1995 (subentrò all’Iri), al 2013, anno del commissariamento, e ArcelorMittal da novembre 2018 (prese il posto dell’amministrazione straordinaria di Ilva) sino ad oggi. 


Su quanto serva ad una struttura come l’ex Ilva per stare in piedi, è utile probabilmente riprendere quanto il presidente di Acciaierie d’Italia Holding, Franco Bernabè, ha detto in audizione al Parlamento a gennaio 2023 e a ottobre scorso. Disse il manager, ex presidente dell’Eni, un anno fa: «Nel caso di AdI, società che fattura oltre 3,5 miliardi di euro e che ha un ciclo di lavorazione di almeno sei mesi, c’è l’esigenza di un castelletto bancario di almeno 1,5 miliardi». Concetto ribadito e ampliato da Bernabé nei mesi scorsi, quando affermò che AdI è una società che fattura 3 miliardi e ha un fabbisogno di circolante minimo di circa 2 miliardi «e forse anche di più». E aggiunse: «Una società di quel genere, ha bisogno di una flessibilità finanziaria di 2-2,5 miliardi. Operatori di questa dimensione lavorano con affidamenti per 3 miliardi». 

Le somme

Indubbiamente non potranno essere queste le somme che mobiliterà il Governo, ma evidenziarle, riprendendo quanto affermato da Bernabé, che ovviamente descrisse anche perché l’azienda si trovava in quelle condizioni - a partire dal venir meno del suo azionista di riferimento, Mittal, dalla non bancabilità, dal mancato possesso degli impianti e dal sequestro -, dà l’idea del “carburante” che occorre per far girare una macchina enorme come l’ex Ilva. Ma queste saranno preoccupazioni che riguarderanno chi verrà in futuro, sia esso italiano (Arvedi) o straniero (Metinvest). 
Adesso Quaranta deve pensare a come far ripartire gli stabilimenti, cominciando da Taranto, ad affrontare le urgenze (impiantistiche e ambientali) e a ricreare, per quanto possibile, un clima di fiducia dopo le tensioni degli ultimi mesi. Dovrà cominciare anzitutto da un check della situazione: impianti, disponibilità di materie prime, soldi in cassa, forniture, parte ambientale, situazione dell’indotto, che è fermo da molti giorni. Quaranta eredita una fabbrica che in questo momento ha in attività (peraltro parzialmente) un solo altoforno su tre, il 4, ed una sola acciaieria su due, la 2. La produzione del 2023 è stata di 3 milioni di tonnellate, ben sotto quanto Acciaierie aveva dichiarato, cioè 4 milioni, e riportarla a livelli decenti richiederà molti sforzi e molto tempo. La risalita non è immediata, né automatica. Dipenderà dai mezzi a disposizione, tecnici e finanziari. L’indotto, per esempio, attende dei pagamenti a fronte dei crediti maturati per tornare in fabbrica. Poi c’è il nodo dell’approvvigionamento del gas che serve alla marcia degli impianti. È vero che il Consiglio di Stato, su ricorso di Acciaierie, ha sospeso il distacco della fornitura, che il Tar della Lombardia il 10 gennaio aveva invece autorizzato, osservando che la società non aveva pagato Snam Rete Gas e che la fornitura in default, a carico della collettività, non poteva certo essere all’infinito. Ma è altrettanto vero che a Snam Rete Gas qualche pagamento andrà pur fatto, visto che sinora ha cumulato un credito pari a 330 milioni. 
Se queste sono alcune delle priorità del commissario, che a breve dovrebbe essere affiancato da altri commissari, si tratterà poi di decidere sino a che punto arrivare nella riorganizzazione della fabbrica prima di rimetterla sul mercato. È evidente che le scelte commissariali saranno anzitutto di mantenimento e di funzionamento in un’ottica di ripresa. Poi come sarà l’ex Ilva del futuro, è materia che probabilmente spetterà ai nuovi investitori. E quindi saranno a loro a decidere quanti occupati, quanta produzione e con quanti e quali impianti. L’obiettivo del Governo è avere un polo industriale decarbonizzato e il piano più volte presentato da Bernabè prevedeva investimenti nell’ordine di 5 miliardi in dieci anni con l’avvento dei forni elettrici. La traccia rimane questa. Resta da vedere, però, come sarà attuata ed eventualmente modificata.

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