Acciaierie, faro della Procura. Insolvenza: l'attesa per il verdetto e lo spettro della bancarotta

Acciaierie, faro della Procura. Insolvenza: l'attesa per il verdetto e lo spettro della bancarotta
di Domenico PALMIOTTI
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Mercoledì 28 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Febbraio, 15:06

Da caso industriale, Acciaierie d’Italia potrebbe diventare anche un caso giudiziario. C’è infatti un primo interesse della Procura di Milano, che potrebbe muoversi sul versante della bancarotta. In verità, le vicende della società sono già al centro dell’attenzione del Tribunale di Milano (Milano è la sede legale), ma per gli aspetti legati alle procedure di crisi: ieri composizione negoziata, oggi amministrazione straordinaria-stato di insolvenza o concordato con riserva. Invece la Procura di Milano potrebbe aprire un’indagine sull’ipotesi di reato di bancarotta se il Tribunale certificasse lo stato di insolvenza di Acciaierie. Al momento, la Procura di Milano ha aperto un fascicolo “modello 45”, cioè senza ipotesi di reato e indagati, che è sulle scrivanie della procuratrice aggiunta, Laura Pedio, e dal pm Pasquale Addesso del pool “Crisi d’impresa”. I due magistrati ieri hanno partecipato all’udienza davanti sezione Fallimentare del Tribunale dove si è trattato dello stato di insolvenza di Acciaierie, come conseguenza dell’amministrazione straordinaria dichiarata nei giorni scorsi dal ministero delle Imprese con la nomina del commissario Giancarlo Quaranta. 

La contestazione dell'amministrazione controllata


La gestione uscente di Acciaierie, quella dove ArcelorMittal aveva la maggioranza e Lucia Morselli era amministratore delegato, contesta fortemente il ricorso all’amministrazione straordinaria.

E altrettanto ha fatto anche il ceo Aditya Mittal in una lettera alla premier Giorgia Meloni e al sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano. Per evitare l’amministrazione straordinaria, Acciaierie prima ha chiesto la composizione negoziata della crisi, aprendo la procedura alla Camera di Commercio di Milano che ha portato alla nomina di un esperto indipendente, Cesare Giuseppe Meroni. Poi, quando queste porte si sono chiuse e il Tribunale ha rigettato le misure cautelari e protettive invocate da Acciaierie per tutelarsi rispetto ai creditori, ecco che la società, intuendo la mossa che avrebbe fatto il socio pubblico Invitalia - cioè la richiesta di amministrazione straordinaria al Mimit -, ha messo sul tavolo un’altra carta: il concordato preventivo. Detto anche “in bianco”. Richiesta che al Tribunale di Milano è stata avanzata per tutte le società della holding: AdI Energia (che gestisce le centrali elettriche a Taranto), AdI Servizi Marittimi (cui fanno capo le navi per il trasporto delle materie prime e dei prodotti finiti), Tubiforma (l’impianto di Racconigi) e Socova (una società francese). 


Il concordato con riserva è uno strumento che l’impresa insolvente può stipulare con i propri creditori al fine di cercare una soluzione per entrambe le parti coinvolte. Questo consente all’azienda di negoziare e raggiungere un accordo con i creditori stabilendo nuove condizioni di pagamento o una ristrutturazione del debito. Viene detto anche “in bianco” perché non implica la presentazione di una proposta specifica iniziale da parte dell’impresa insolvente. E proprio questa tipologia di concordato hanno ieri rinnovato in udienza in Tribunale (presidente Laura De Simone, che presiede anche la sezione specifica) i legali di Acciaierie, presente l’ad uscente Morselli. Mentre il socio Invitalia e il commissario di Acciaierie hanno chiesto che sia dichiarato lo stato d’insolvenza. Sulla decisione - concordato preventivo o stato di insolvenza - la presidente De Simone si è riservata. Il verdetto si conoscerà a breve. E qualora dovesse propendersi per il secondo scenario, i pm milanesi potrebbero ipotizzare il reato di bancarotta andando a verificare eventuali irregolarità nella gestione di AdI. Va ricordato che col precedente strumento, cioè la composizione negoziata della crisi, il rigetto delle misure cautelari e protettive chieste da Acciaierie è avvenuto il 16 febbraio con ordinanza del giudice Francesco Pipicelli. Con queste misure, Acciaierie avrebbe voluto bloccare i creditori (da Ilva in amministrazione straordinaria agli istituti di credito) nella «facoltà di segnalare in Centrale Rischi e alla Crif l’intervenuta sospensione dei pagamenti nel corso delle trattative, nonché di revocare le linee di credito già esistenti ed utilizzate». È stato il terzo no arrivato ad AdI dallo stesso magistrato, che in precedenza aveva già respinto la richiesta societaria di impedire a Invitalia di chiedere al Mimit l’amministrazione straordinaria e dichiarato, altresì, che il decreto legge di gennaio 2023 (quello che ha posto il primo tassello dell’amministrazione straordinaria) non è anticostituzionale. 


Nel rigettare le misure di cautela e di protezione, il giudice scrive che «per la conferma delle misure protettive, condizione necessaria è l’esistenza di una concreta, attendibile e realistica prospettiva di risanamento dell’impresa». Invece per Acciaierie, argomenta il magistrato, «una prognosi positiva allo stato non pare sussistere».

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