La crisi dell'ex Ilva, Urso: «Governo sconcertato». Il ministro convoca i sindacati ed Emiliano

La crisi dell'ex Ilva, Urso: «Governo sconcertato». Il ministro convoca i sindacati ed Emiliano
di Domenico PALMIOTTI
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Martedì 15 Novembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 02:50

Il Governo scende in campo per la crisi di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, che tra venerdì e sabato scorsi ha sospeso 145 imprese appaltatrici (l’indotto) fermando ordini e attività. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy (ex Sviluppo economico), ha convocato giovedì a mezzogiorno i sindacati metalmeccanici nazionali. Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm, Usb e Ugl. E per la stessa giornata è stato convocato a Roma il governatore pugliese Michele Emiliano
A Urso e ai ministri del Lavoro, Marina Calderone, e dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, le sigle Fim, Fiom e Uilm si sono rivolte ieri mattina, chiedendo di riprendere subito il dossier ex Ilva. Parlando di «drammatica situazione produttiva e occupazionale» a proposito di Acciaierie d’Italia, le tre federazioni nazionali hanno detto: «Siamo convinti che l’avvio della nuova fase di governo debba vedere nel rilancio degli investimenti e delle produzioni, nel miglioramento delle prospettive occupazionali degli obiettivi prioritari ed imprescindibili, stante anche il ruolo di azionista che lo Stato ricopre in questa società». Urso, tuttavia, stava esaminando il dossier ex Ilva già prima che arrivasse la richiesta sindacale. A margine di un’iniziativa ieri a Roma, il ministro delle Imprese ha infatti dichiarato che «su questo dossier strategico, come su tutti gli altri, ho preso visione fin dall’inizio del mio mandato». «La strategia dell’esecutivo è quella di delineare il futuro per l’acciaieria italiana - ha aggiunto Urso -. Col tempo realizzeremo un piano siderurgico nazionale che tenga insieme i vari siti produttivi e rispetti le vocazioni non solo a Taranto, ma anche a Terni e a Piombino».  
Della decisione di fermare le aziende dell’indotto (delle 145, 43 sono di Taranto) il ministero non sapeva nulla. Il dicastero ha infatti precisato «che nulla era stato preannunciato dall’azienda negli incontri che lo stesso ministro aveva avuto nei giorni scorsi con ceo e presidente di Acciaierie d’Italia, così come con l’azionista pubblico, proprio al fine di affrontare le problematiche dell’azienda anche in riferimento alle risorse pubbliche già destinate e ai nuovi provvedimenti appena deliberati». 

La vicenda

La sospensione decisa dall’ex Ilva decorre da ieri e sino al 16 gennaio. È stata motivata dall’azienda, nella comunicazione alle imprese, con «sopraggiunte e ulteriori circostanze».

Tuttavia, pur partendo da ieri, lo stop alle imprese esterne non ha avuto effetto immediato. Ieri mattina aziende e lavoratori sono infatti regolarmente entrati nello stabilimento siderurgico, né ci sono state proteste e sit in all’esterno della fabbrica. L’ingresso è stato consentito perché bisognava completare lo smontaggio dei cantieri (diverse aziende lo avevano già avviato) così come chiesto dalla stessa Acciaierie d’Italia. Da oggi, quindi, dovrebbero cominciare a vedersi e a valutarsi le ricadute concrete di questa sospensione. Sabato è stato ipotizzato (e temuto) che possano essere coinvolti circa 2mila esterni. E si è parlato di nuova cassa integrazione in un contesto che vede già un massiccio uso di ammortizzatori sociali, con l’indotto che ha praticamente dato fondo a strumenti e disponibilità. Ma adesso non è detto che si arrivi a tanto perché il ministero delle Imprese ha detto che sono attese già nella riunione odierna del cda «concrete risposte per l’indotto e per i lavoratori, a fronte di una decisione che ha suscitato giustamente sconcerto, tanto più per le modalità con cui è stata annunciata, assolutamente inaccettabili». Dunque, non solo il Mise non sapeva nulla della sospensione ma adesso attende un’inversione di rotta da parte dell’ex Ilva. 

In meno di 72 ore, la situazione si è rimessa in movimento, per cui potrebbe esserci nell’immediato una prima schiarita seguita dal riavvio del confronto tra Governo, azienda e sindacati. Un riavvio finalizzato a trovare soluzioni ad una crisi che si trascina ormai da dieci anni. I sindacati mantengono comunque alta l’attenzione anche perché in tantissimo tempo la strada del gruppo dell’acciaio è stata abbondantemente lastricata da promesse, annunci e proclami. Tutti rimati lettera morta. Inattuati. Ciò nonostante non ci sarà nessuna protesta immediata a Taranto. Lo sciopero che ieri pomeriggio si pensava di fare domani per 24 ore, adesso è eventualmente spostato a lunedì. Un trasferimento finalizzato a vedere cosa sortisce dall’incontro di giovedì col ministro. Se l’incontro non produrrà nulla di positivo per i sindacati, sarà confermato. Altrimenti sospeso. 
E anche ieri Acciaierie d’Italia è finita nel mirino. Accusata di voler forzare la mano con la sospensione dell’indotto per avere parte delle risorse dei due Dl Aiuti, Bis e Ter, e dare così ossigeno alla propria situazione di cassa. I Dl prevedono 2 miliardi, divisi paritariamente per ricapitalizzazione e finanziamento soci (Aiuti Bis) e preridotto e decarbonizzazione (Aiuti Ter). Ma per Franco Bernabè, presidente AdI, l’azienda «ha un accesso al credito bancario ridotto, quasi inesistente, e quindi la gestione della liquidità è per noi un problema veramente gigantesco. Non c’è intendimento di fare pressione sul governo che ci ha costantemente sostenuto, parlo del Governo Draghi, ed è molto forte l’attenzione che sta dedicando al problema il Governo Meloni».

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