Ex Ilva, partono le sospensioni delle ditte dell'indotto: caos a Taranto e i sindacati chiedono incontro urgente al governo

Ex Ilva, partono le sospensioni delle ditte dell'indotto: caos a Taranto e i sindacati chiedono incontro urgente al governo
di Domenico PALMIOTTI
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Lunedì 14 Novembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18:25

È il giorno delle sospensioni. Da oggi 145 imprese appaltatrici di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, sono fuori dalla fabbrica. Sospese sino al 16 gennaio. E con loro, gli ordini in corso e il personale dipendente. Molto probabilmente ancora oggi parte delle imprese sospese, tra le quali ci sono 43 di Taranto, sarà in fabbrica perché c’è da ultimare lo smontaggio dei cantieri chiesto dall’ex Ilva, ma da domani lo stop sarà effettivo e reale. E si aprirà, molto probabilmente, il capitolo della nuova cassa integrazione e si cominceranno a valutare meglio i numeri e le conseguenze di questa decisione dell’ex Ilva.

Una stima indica in 2mila il numero dei lavoratori interessati. Ma per Taranto bisogna aggiungere alle 43 imprese sospese anche le restanti 102, della Puglia e delle altre regioni, fermate da Acciaierie d’Italia.

Centodue aziende che, avendo base altrove, utilizzavano imprese e personale di Taranto. Oggi non sono previsti, almeno ufficialmente, scioperi e sit in. Tuttavia non si può escludere che possano esserci proteste e tensioni alla portineria imprese del siderurgico. Sicuramente ci saranno misure di vigilanza interna e forse anche esterna allo stabilimento. La sospensione delle aziende esterne, comunicata da Acciaierie d’Italia tra venerdì e sabato, è motivata dalla società committente con “sopraggiunte e ulteriori circostanze”.

I sindacati scrivono al governo

Le organizzazioni sindacali hanno chiesto un "urgente incontro per affrontare la drammatica situazione produttiva ed occupazionale in cui versa la società Acciaierie d’Italia e per finalizzare l’azione di patrimonializzazione disposta con gli ultimi provvedimenti normativi del governo precedente. Siamo convinti che l’avvio della nuova fase di governo debba vedere nel rilancio degli investimenti e delle produzioni, nel miglioramento delle prospettive occupazionali degli obiettivi prioritari ed imprescindibili, stante anche il ruolo di azionista che lo Stato ricopre in questa società".

La lettera è indirizzata al ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, alla ,ministra del Lavoro e Politiche Sociali Marina Calderone, all’Amministratore Delegato Invitalia Bernardo Mattarelle e al ministro dell’Ambiete e Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin.

L'interpretazione sulla mossa

E l’interpretazione circolata in merito a quest’ultima frase è che l’ex Ilva non è riuscita a ricavare nulla dai decreti Aiuti Bis e Ter che tra azienda e acciaio in generale hanno previsto complessivamente 2 miliardi di euro. Tra l’uno e l’altro provvedimento non ci sono soldi che vanno ad aiutare la liquidità, asfittica, di Acciaierie d’Italia. Come Acciaierie avrebbe voluto e chiesto. Perché il miliardo di Aiuti Bis va ad operazioni sul capitale mentre l’altro miliardo di Aiuti Ter deve finanziare l’impianto del preridotto (semilavorato di ferro da usare nel ciclo produttivo) alimentato da idrogeno verde. Sembra di nuovo in campo l’ipotesi di riportare tutta l’ex Ilva sotto il controllo dello Stato ma il percorso non si presenta facile. E intanto ministeri e Invitalia stanno approfondendo il dossier.

Le reazioni

Anche ieri molte reazioni sulla decisione aziendale verso le imprese. Per Antonio Misiani, senatore Pd, componente della segreteria nazionale e commissario del partito a Taranto, «come Partito Democratico, non possiamo assistere inerti a questo disastro. Presenteremo interrogazioni parlamentari a Camera e Senato, ma sarà nostro impegno anche confrontarci a strettissimo giro con tutte le realtà interessate». Misiani definisce «assolutamente inammissibile il comportamento assunto da Acciaierie d’Italia in un contesto nel quale ci si sarebbe aspettati una collaborazione ed una apertura al territorio ben diverse. Viene colpito al cuore il sistema economico della provincia jonica e, con un inevitabile quanto pericoloso effetto domino, viene messo in discussione il futuro dei lavoratori di numerose aziende».

«La decisione unilaterale, inattesa e immotivata di sospendere gli appalti con ben 145 imprese, è un pugno nello stomaco per tante famiglie che già vivono difficoltà economiche che già vivono difficoltà economiche dovute al caro prezzi e alle bollette elettriche. Il lavoro deve essere tutelato, sempre» afferma Roberto Marti, senatore della Lega. Vito De Palma, deputato di Forza Italia, che interviene con Massimiliano De Cuia, capogruppo al Comune di Taranto, annuncia che sarà chiesto «l’intervento del ministro Pichetto Fratin e del sottosegretario Valentini anche per conoscere le reali intenzioni del gruppo. La politica oggi ha riconquistato il primato delle sue scelte e quindi la reazione del Governo deve essere determinata a tutela di decine e decine di realtà economiche e dei lavoratori. Non vorremmo, come alcuni paventano, che si tratti di una manovra tattica correlata alla destinazione delle risorse economiche previste nel dl Aiuti». Fabiano Amati, Pd, presidente della commissione Bilancio della Regione, osserva che Mittal «in Italia pretende di avere dalle tasse dei cittadini la liquidità necessaria a produrre» e chiede che «sia lo Stato a gestire lo stabilimento in attesa di scegliere un nuovo gruppo con intenzioni veramente innovative e produttive». Mentre per Giacomo Conserva, consigliere regionale della Lega, «nessuno giochi sulla pelle dei lavoratori». Quello dell’ex Ilva è «un atteggiamento irrispettoso nei confronti del territorio».

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