Ucraina, le richieste dalle aree d'emergenza: «Qui serve il cibo, altro che armi»

Don Cesare Lodeserto in Moldavia con i rifugiati: «Mettiamo in salvo anche tanti bambini»

Ucraina, le richieste dalle aree d'emergenza: «Qui serve il cibo, altro che armi»
di Leda CESARI
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Lunedì 28 Febbraio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 07:28

Ucraina in ginocchio, mentre la guerra continua c’è bisogno di tutto. La comunità internazionale sta cercando di organizzare i primi aiuti: per esempio attraverso la raccolta di fondi “Emergenza Ucraina”, organizzata da Croce Rossa, Unhcr e Unicef e attivabile al numero solidale 45525, cui hanno dato adesione anche gli iscritti all’associazione “Studenti per Giurisprudenza” dell’Università di Bari. E poi “Medici Senza Frontiere”, il cui direttore Stefano di Carlo ha lanciato una pubblica richiesta di aiuto: «Siamo profondamente preoccupati per le conseguenze del conflitto sulla popolazione e le comunità ucraine. Vediamo per le strade decine di migliaia di persone spaventate, in molti hanno lasciato le loro case per sfuggire alla violenza crescente dei combattimenti. I nostri centri di rifornimento stanno preparando kit medici per un rapido invio. Dovremo valutare nei prossimi giorni che tipo di accesso, sicuro e imparziale, sarà possibile per l’assistenza umanitaria. In questo momento è cruciale che ogni persona possa continuare ad accedere a cure sanitarie e farmaci». Caritas Diocesana e Migrantes diocesana di Taranto in collaborazione con la comunità Ucraina e la Parrocchia di San Pasquale, organizzano una raccolta di viveri e medicinali.

I CORRIDOI UMANITARI
Si lavora per allestire corridoi umanitari anche dalla provincia di Lecce. Stefania Gualtieri, vicepresidente della Fondazione Emmanuel, spiega come la Fondazione sia al lavoro per capire come attivare in concreto la spola degli aiuti. La Curia di Lecce, invece, ha organizzato per domani sera alle 20, presso la chiesa del Rosario, una veglia di preghiera presieduta dall’Arcivescovo Michele Seccia, che come richiesto da Papa Francesco proclamerà per mercoledì - giorno di avvio della Quaresima - una giornata di digiuno e preghiera per invocare la pace. Disponendo che tutte le offerte raccolte nella diocesi durante la Quaresima stessa vengano devolute appunto alla causa dell’Ucraina, ovvero all’accoglienza dei profughi in corso presso le nove strutture del “Regina Pacis” in Moldavia. Dove l’afflusso di gente in fuga dalla guerra ha già assunto contorni apocalittici: oltre 20mila persone ogni giorno premono sul confine, spiega il salentino Don Cesare Lodeserto, direttore della struttura. «Si ha l’impressione di essere ritornati a 25 anni orsono, quando nel 1997 aprimmo le porte del centro di San Foca per accogliere l’esodo albanese, poi quello kosovaro ed infine quello curdo.

Dopo 25 anni siamo sulla stessa trincea dell’accoglienza, anche se in una zona completamente diversa». Moldavia, Paese dove l’onda lunga della guerra in corso pochissimi chilometri più in là non è fatta solo di cieli di fuoco e rimbombi, ma anche e soprattutto di flussi di disperati: soprattutto donne, bambini e anziani, «perché le autorità ucraine non fanno uscire gli uomini dai 18 ai 60 anni per destinarli alla difesa del loro Paese», aggiunge Don Cesare. E non sono solo gli ucraini a fuggire, passando dalla Moldavia per poi spostarsi verso l’Europa: «Ma anche molti moldavi stanno lasciando il Paese». 

LA SITUAZIONE
Chi resta, invece, spera che gli aiuti internazionali arrivino quanto prima: «Amici ci hanno messo a disposizione due alberghi gratis, più altre strutture da attrezzare, e siamo passati a preparare oltre 500 pasti al giorno. Stiamo cercando di sistemare i bambini nei villaggi, in modo da consentire loro di superare questo momento senza ulteriori traumi, stiamo aiutando le badanti italiane a mettersi in contatto con i loro cari al confine e cerchiamo anche di fornire indicazioni utili a chi decide di andare in altri Paesi, per evitare loro di dover ricorrere ad eventuali organizzazioni di trafficanti. Abbiamo anche messo un team di psicologi a servizio dei rifugiati, e in questo momento sto provvedendo a far imbarcare su un pullman, per trasferirle in un nostro centro a nord del Paese, tre famiglie con 15 bambini. Ma ci serve di tutto, dal cibo ai prodotti igienici alle medicine: speriamo quindi che dall’Italia arrivino presto questo tipo di aiuti, non solo armi. Per adesso non abbiamo ancora ricevuto nulla. Come al solito la Chiesa cattolica si mette le mani in tasca e fa». Perché a volte chiedere aiuto alla Provvidenza non basta, conclude Lodeserto: «Ringrazio il buon Dio per essere stato accanto a monsignor Ruppi e l’Arcivescovo Seccia per le sue promesse di aiuti immediati, ma non posso aspettare con le mani in mano quando devo dare delle risposte concrete a queste famiglie in stato di profonda sofferenza».

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