Palazzina Laf, Ilva e Taranto/ Il David per il Sud. A testa in su

Elio Germano e Michele Riondino in "Palazzina Laf"
Elio Germano e Michele Riondino in "Palazzina Laf"
di Rosario TORNESELLO
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Domenica 5 Maggio 2024, 21:04 - Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 14:35

Tre premi, tre parole da tenere a mente. Ognuna riporta a contesti differenti: la vita, l'ambiente, l'arte. E un po' richiamano le frasi di Matteo Garrone nello spot finale sul cinema, alla consegna delle statuette per il David di Donatello che hanno consacrato il valore dell'opera pluripremiata, "Io capitano", insieme con "C'è ancora domani" di Paola Cortellesi: il cinema racchiude un po' tutte le arti, e quindi il teatro, la fotografia, la pittura, la musica.  Per questo andrebbe portato nelle scuole. Il motivo è semplice: racchiude in sé un concentrato di valori e ne offre elementi simbolici in una cornice emozionale avvolgente e coinvolgente. Quindi convincente. Molto più del bla bla bla ex cathedra, spesso accolto con sbadigli. 

Avvolgente, coinvolgente. E convincente. Proprio come "Io capitano" o "C'è ancora domani", appunto. La vita, l'ambiente, l'arte: quando il coraggio, la fantasia e la sapienza mescolano ingredienti di qualità, per lo più nascono capolavori. Anche nella ruvida rappresentazione filmica, nell'angosciante riproposizione di un evento doloroso com'è "Palazzina Laf", primo caso di mobbing accertato in Italia: la segregazione bianca nel reparto lager, il confino violento nella sostanza ma non nella forma (perché costretti a non fare niente) di 79 lavoratori nell'Ilva di Taranto a fine anni Novanta, fermi nel proposito di non cedere alle pressioni per il demansionamento da impiegati a operai.

Un caso che ha fatto scuola e giurisprudenza, in una fabbrica molto diversa da ora, in una città che vuole essere molto più evoluta di allora.

La vita rivela risvolti inattesi e sorprendenti, nel bene o nel male, oltre qualsiasi slancio di immaginazione. Raccontarla – come il film di Michele Riondino – è un atto di amore verso se stessi e, soprattutto, verso gli altri. Ancor di più, verso quelli che verranno. Perché la cronaca è il primo passo della conoscenza: sapere chi e cosa, dove e quando, come e per quale motivo, elementi basilari per la consapevolezza di quel che ci accade intorno. Tuttavia i fatti si susseguono, nuovi accadimenti scalzano quelli preesistenti e altre emergenze si impongono all'attenzione. Solo l'arte può sublimare i fatti, sottraendoli all'inevitabile flusso delle novità che presto o tardi relegherebbe episodi e circostanze nei vari angoli della memoria remota, spesso destinandoli all'oblio. E così una tragedia, un dramma o un evento, finalmente diventati o trasformati in opera, scalano posizioni nei ricordi individuali e si collocano nei quartieri alti della coscienza collettiva e dei sentimenti. La storia, come patrimonio condiviso, è nelle cose che restano impresse. Negli episodi divenuti emblematici e simbolici. Quelli da cui è impossibile prescindere.

Ecco che l'ambiente, nelle sue varie accezioni di contesto o di natura, dice molto del modo di essere e di fare di una comunità, di una collettività, di una società. Delle sue convinzioni e propensioni, dei suoi comportamenti e atteggiamenti, dei suoi vizi e delle sue virtù. In "Palazzina Laf" tutto rimanda a una realtà difficile e complessa, velocemente transitata dal sogno di una industrializzazione come motore primo dello sviluppo alla miseria di una fabbrica come luogo di sfruttamento senza rispetto alcuno per ogni singolo elemento necessariamente in prima linea: le persone, la salute, la sicurezza. E l'ambiente: la parola ritorna, ancor più pesantemente nei giorni di apertura del processo di appello nell'inchiesta che ha svelato tutte le malefatte (fin qui solo presunte, per quanto un po' meno dopo il pesantissimo verdetto di primo grado) compiute dentro e fuori il siderurgico. "Ambiente svenduto", il nome che ancora si poteva dare prima che la riforma Cartabia imponesse cautela, misura ed equilibrio in ogni fase dell'accertamento giudiziario della verità.

Taranto, emblema per la Puglia e per il Sud sotto non pochi aspetti, a partire da quelli storici, geografici ed economici, ha un futuro diverso per sé: non solo come sacrosanto diritto, ma anche come dato acquisito in ragione dei passi compiuti e dei progetti in cantiere. E questo nonostante i limiti di una politica locale non di rado contraddittoria nelle posizioni e proprio per tale motivo inconcludente nei risultati. Le statuette al miglior attore protagonista, a quello non protagonista e all'autore della colonna sonora originale di "Palazzina Laf" – nell'ordine, con Riondino, Elio Germano e Diodato, tarantino come il primo della lista – sono insieme il miglior viatico per questo percorso e il promettente vaticinio per i risultati che potranno essere raggiunti. La vita, l'ambiente, l'arte. Tre parole, tre premi. Servono per innescare discorsi concreti su progetti probabili per un avvenire che sia non solo diverso, e sarebbe il minimo, ma soprattutto migliore. Eppure quelle tre parole non basteranno: ne serviranno altre, non c'è dubbio. L'importante è aver segnato un punto di svolta. Dove si arriverà, poi, dipende da noi. 

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