La battaglia sul corpo delle donne: uccise, violentate e viste ancora come un «oggetto sessuale»

La filosofa Maura Gancitano: «Niente è cambiato, giovani più confusi». Il body-shaming comincia in famiglia

La battaglia sul corpo delle donne: uccise, violentate e viste ancora come un «oggetto sessuale»
di Carla Massi
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Mercoledì 27 Settembre 2023, 12:25 - Ultimo aggiornamento: 28 Settembre, 07:33

Un corpo senza pace. Quello delle donne.

Dai drammi degli oltre 80 femminicidi finora contati nel 2023, alle violenze su vittime drogate a tradimento, alle minacce e lo stalking. Corpi accoltellati, fatti a pezzi avvelenati anche se in gravidanza, presi di mira come un bersaglio del poligono, incendiati. Ostacoli da cancellare. Perché quando non si riesce a cancellarli, quelle bocche parlano, raccontano, riconoscono i visi. Denunciano. E spiegano ogni dettaglio dello stupro subito a loro insaputa. Come Stefania Loizzi vittima di un netturbino a Roma che, giorni fa, si è fatta filmare e fotografare nel ricostruire la sua vicenda: «Non ho paura di mostrarmi, è lui che si deve nascondere». I segni di quello che è successo, sia il viso deturpato dall’acido, il corpo mangiato dalle fiamme o l’addome solcato da cicatrici, ora vengono mostrati. Per aiutare le altre. Un corpo, comunque, liberato dalle campagne contro il body shaming? Contro la presa in giro per le forme? Sulla carta, nelle pubblicità e nei dibattiti tv, forse sì. Ma nelle scuole, sui posti di lavoro e in famiglia fa ancora fatica a passare l’idea di non attaccare o bullizzare per il peso o difetti fisici. Un corpo che nella scorsa estate ha visto virare tutto in rosa perché la “vecchia” Barbie (con il suo film) è diventata di nuovo mito da imitare seppur giù dai tacchi; additare donne musulmane in spiaggia perché coperte dalla testa ai piedi; vedere le anticipazioni della moda autunno-inverno con modelle infilate in giacche maschili. E cravatta per andare al lavoro come per serate di gala. Sulle passerelle per i prossimi giorni freddi, infatti, ritroviamo le spalline che fanno guerriero e ridisegnano la silhouette. Non manca il doppiopetto con fazzoletto nel taschino. Il color antracite domina spaccato da modelli in rosso. Si deve apparire forti e blindate nelle giacche over. Ma la vita vera ci racconta altro. Mentre sul web ora non è difficile trovare foto e video con l’hashtag #ManRepeller, che significa “repellente per gli uomini”. Un fenomeno diventato tendenza soprattutto tra le più giovani stufe di essere costantemente giudicate in base al loro aspetto. Invitate a vestirsi assecondando un’idea di sensualità e bellezza legata a percezione e desideri maschili. Lo stile “man repeller” si riferisce a tutti quei modi di vestire che non sono considerati attraenti o femminili. Dal golfone che nasconde le forme alle ballerine detestate da una grande porzione di maschi. Proprio ai social si deve un’impennata, più 78%, della rappresentazione del corpo femminile come oggetto sessuale. Uno squarcio di vita vera che ci arriva da un’indagine condotta da Yoodata/Polytech Italia sul sentire comune dell’aspetto femminile: 1.009 interviste a un campione dai 15 ai 70 anni.

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Le donne, in base al sondaggio, «sono viste ancora come oggetto sessuale quanto e più degli anni ‘50». I dati raccontano che il “neofemminismo” e i movimenti tipo #Metoo «non sono bastati» a intaccare la mentalità del passato.

A esserne convinti sono il 63% delle donne e il 57% degli uomini. Lei è considerata «vittima dell’esposizione sui social» soprattutto dai giovanissimi. L’aspetto delle donne, studio alla mano, continua a essere al centro dell’attenzione con critiche o apprezzamenti. E il luogo principe di critiche o apprezzamenti inappropriati risulterebbe essere la famiglia. La generazione più insicura, tanto dal non voler spesso uscire di casa, risulterebbe essere la Z (15-26 anni). La stessa che considera il proprio corpo «qualcosa» che si può trasformare a proprio piacimento, anche senza rispetto. Per la maggioranza dei ragazzi e delle ragazze i ritocchi del corpo sono una «scelta di libertà». La generazione, cioè, che mostra una maggiore accettazione e confidenza col bisturi estetico. Un modo come un altro per modificare il proprio aspetto. Tipo un tatuaggio. «Rendiamoci conto che il giudizio, lo sguardo altrui sul corpo femminile, non è cambiato e che qualunque invito ad allontanare questo sguardo da parte delle donne viene respinto, come vediamo in questi giorni – commenta Maura Gancitano, filosofa e saggista – La situazione relativa alla rappresentazione del corpo femminile in Italia non cambia, ci dice lo studio. Ed è sempre più confusa. Se da una parte abbiamo più strumenti per capire quanto siano pericolosi i giudizi sul corpo femminile, anche grazie ai social, dall’altra continuiamo a ricevere messaggi che ci dicono che dobbiamo fare di tutto per avere un corpo perfetto. Lo studio svela anche, però, che la fonte principale delle critiche sul corpo delle ragazze, centimetro per centimetro, è la famiglia e di questo purtroppo se ne parla pochissimo. Questo ha un effetto negativo soprattutto sulle generazioni più giovani, che sono sottoposte a una enorme quantità di stimoli e modelli».

SOTTO ESAME

L’aspetto femminile continua ad essere al centro dell’attenzione, con critiche o apprezzamenti, anche al di fuori dei social: commenti inappropriati si sentono, dunque, prima di tutto in famiglia (per il 43% delle italiane che hanno subito giudizi sul loro aspetto), per strada, sul lavoro e a scuola/università, tra amici e sui social (12%). Ogni parte è oggetto di esame: il 39% ha sofferto per critiche sul peso, il 13% per apprezzamenti, il 12% per la magrezza, il 10% per body shaming, il 5% sull’età, il 4% per commenti sessisti/discriminatori basati sull’aspetto, oltre a critiche su bruttezza, statura, capelli, naso, viso, occhi, difetti fisici, denti, seno e altro. Curiosità. I giovanissimi, come ricorda Alessandro Amadori, Direttore scientifico Yoodata che ha curato la ricerca, «sono gli stessi protagonisti della nuova relazione utilitaristica con il corpo e la sua esibizione, e i primi a ritenere che le donne che espongono il proprio corpo sui media tradizionali e sui social corrano oggi un rischio elevato di essere vittime e oggetto sessuale». «Faccio questo mestiere da 42 anni e devo constatare che quasi nulla è cambiato nella percezione generale della chirurgia plastica, sia da parte degli uomini che delle donne e quello che si pensava una volta si pensa anche oggi», fa sapere Roy de Vita, alla guida della Uoc di Chirurgia plastica Istituto Tumori di Roma Regina Elena. «Il campione che è stato intervistato è ampio ed eterogeneo, quindi affidabile. Ne devo concludere che la superficialità del mondo che ci circonda è sempre straordinariamente sottostimata, sia da parte di chi usufruisce della chirurgia estetica in modo troppo leggero che negli occhi di chi giudica le donne».

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